Cassazione Civile, Sez. I, 29/11/2021, n. 37362

ORDINANZA

(Presidente: dott. Genovese Francesco Antonio – Relatore: dott.ssa Vella Paola)

sul ricorso 9362/2017 proposto da:

Formula S.a.s. di Formula Group S.r.l., già Formula S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Cremuzio Cordo n.23, presso lo studio dell’avvocato Pugliesi Marco, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Breschi Paolo, Floridia Giorgio, Floridia Raffaella, Minneci Ugo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SRAM LLC, già SRAM Corporation, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via XX Settembre n. 3, presso lo studio dell’avvocato Sassani Bruno N., che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Franzosi Mario, Stein Anna Maria, giusta procura speciale per Notaio Maria E. Adams dello Stato dell’Illinois dell’11.5.2017, munita di Apostille del 12.5.2017;

– controricorrente –

contro

Sram Corporation DBA “Avid”;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1695/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, pubblicata il 18/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2021 dal cons. Paola VELLA.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del 29/03/2006, Formula s.a.s., società operante dal 1987 nel settore della progettazione e produzione di componenti di parti di motocicli, biciclette ed autoveicoli (di seguito Formula) chiese al Tribunale di Firenze – sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale – la condanna di SRAM Corporation, ora SRAM LLC (di seguito Sram) e SRAM Corporation DBA “Avid” (di seguito Avid) al risarcimento dei danni per l’inadempimento dell’accordo di segretezza del 1° febbraio 2002 e dell’accordo di produzione del 23 maggio 2002, aventi ad oggetto la fabbricazione degli stampi necessari e la produzione di un freno a disco idraulico per cicli denominato Juicy 7 (disegnato da Wayne Lumkin e di proprietà di Avid), conclusi con la società statunitense Avid Enterprise Inc. (operante nello stesso settore e successivamente acquisita da Sram e Avid), in particolare per violazione delle informazioni industriali segrete di sua proprietà, sottrazione di know-how e atti di concorrenza sleale.



2. Il Tribunale di Firenze rigettò sia le domande principali, sia la domanda riconvenzionale proposta da Sram per il risarcimento dei danni da risoluzione del contratto per inadempimento dell’attrice, ritenendo innanzitutto pacifico: i) che le convenute avevano la titolarità esclusiva di tutti i brevetti dei modelli di freni a disco idraulici denominati Juicy (a partire da quello depositato nel 1996), ideati e progettati da Wayne Lumkin e registrati negli Stati Uniti; ii) che le caratteristiche tecniche e il design di tali freni erano già contenuti nelle domande di brevetto depositate in epoca antecedente all’inizio della collaborazione fra le parti.

2.1. Quindi, sulla base della documentazione in atti (e in particolare delle mail intercorse tra le società contenenti le schede tecniche e i disegni relativi al freno), ritenne: a) che gli elementi tecnici sviluppati da Formula riguardavano solo la realizzazione degli stampi per la produzione dei freni in questione e i disegni utilizzati da Formula fossero derivati da quelli forniti da Avid/Sram; b) che l’unico apporto tecnico fornito da Formula in relazione alla “trasmissione a vite” dei freni (cd. “worm gear”) riguardasse la scelta dei materiali (alluminio in luogo di plastica) e non uno specifico know-how tutelabile ai sensi degli artt. 98 e ss. d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 – Codice della proprietà industriale (di seguito C.P.I.) sicché l’attività svolta era declinabile come “finishing touch”; c) che i disegni prodotti da Formula non apparivano diversi da quelli inviatile da Avid/Sram e non evidenziavano innovazioni o soluzioni tecniche originali risolutive degli allegati problemi di ingegnerizzazione primaria, trattandosi perciò di «semplice attività di ingegnerizzazione che il tecnico esperto del settore compie senza alcun ulteriore sforzo»; d) che l’accordo di segretezza era in realtà stato predisposto principalmente a favore di Avid/Sram e del Lumkin (essendo questi ultimi ad aver dovuto trasmettere a Formula i propri disegni per la produzione delle nuove versioni del freno Juicy in pendenza delle procedure di deposito delle versioni aggiornate dei relativi brevetti (cfr. cap. 8 prova per testi a pag. 17 del ricorso: “dcv che Avid riferì a Formula che le informazioni scambiate avrebbero dovuto rimanere segrete”) e che comunque non era emersa alcuna trasmissione di informazioni riservate da Formula a Sram; e) che dalla documentazione emergevano plurimi inadempimenti di Formula ai propri obblighi contrattuali (produzione settimanale di freni inferiore a quella pattuita, ritardi nelle consegne, difetti dei prodotti, richieste ingiustificate di aperture di nuove lettere di credito bancario) tali da legittimare Sram a non rinnovare il contratto e attivare la clausola risolutiva espressa; f) che tuttavia Sram non aveva fornito alcuna prova del danno subito.

3. Con la sentenza impugnata in questa sede, la Corte d’appello di Firenze ha rigettato tanto l’appello principale quanto l’appello incidentale, osservando: i) che integrano il know-how tutelato dall’art. 98 C.P.I. non qualsivoglia informazione aziendale, ma solo quelle informazioni idonee (nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi) a conferire al detentore uno specifico vantaggio competitivo rispetto a chi non ne dispone, il cui valore economico è rappresentato dal costo che questi dovrebbe sopportare per provvedere alla loro autonoma riproduzione; ii) che la tutela del know how allestita dagli artt. 98 e 99 C.P.I. presuppone la prova del contenuto delle informazioni “riservate” (le quali non devono perciò essere note o facilmente accessibili), del loro valore economico e dei mezzi di protezione attuati; iii) che tale onere probatorio non è stato assolto da Formula, poiché i disegni che aveva depositato «non erano all’evidenza distinguibili da quelli che le erano stati inviati dalla Sram», né essa vi aveva tempestivamente e specificamente annotato le asserite soluzioni tecniche innovative, diverse dalla mera ingegnerizzazione (omissione che, secondo i giudici d’appello «non rendeva palese neanche il valore economico delle soluzioni stesse, perché facilmente riproducibili da esperti di settore») mentre l’unica misura di protezione adottata, l’accordo di segretezza (confidentiality agreement), richiedeva l’apposizione della dizione “confidenziale” che non risultava apposta su alcun disegno o documento inviato da Formula a Sram; iv) che l’appellante principale non ha mosso alcuna specifica critica alle argomentazioni del tribunale sulla legittimità della scelta di Sram di avvalersi della clausola risolutiva per gli inadempimenti di Formula risultanti dalla documentazione in atti (segnatamente dallo scambio di email) né ha chiarito come il ricorso alla produzione di un freno asseritamente identico da parte di una società di Taiwan costituirebbe una conferma della decisione di Sram di non mantenere fede all’accordo di produzione originario; v) che la mancanza di prove sulla stessa sussistenza di informazioni riservate «elimina in radice la possibilità di ritenere dette informazioni non divulgabili a terzi», ai fini della «solo asserita» condotta divulgativa di Sram, prospettata come ipotesi di concorrenza sleale per contrarietà alla correttezza professionale, poiché ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c. è necessaria la prova della condotta contraria a correttezza professionale e della sua idoneità a danneggiare il concorrente, «mentre nel caso in esame si sarebbe trattato di mera attività di ingegnerizzazione, facilmente riproducibile da esperti di settore»; vi) che ai fini della domanda riconvenzionale non è stata articolata alcuna prova sul danno di cui si chiede il risarcimento, non essendo sufficiente allegare la mera potenzialità del danno.

4. Avverso tale decisione Formula ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui Sram ha resistito con controricorso, al quale la ricorrente ha replicato con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo si deduce la «nullità della sentenza o del procedimento» (art. 360, n. 4, c.p.c.) per non avere il giudice d’appello, al pari di quello di primo grado, accolto l’istanza di c.t.u. sulla sussistenza o meno in capo a Formula di informazioni segrete ex art. 98 C.P.I., «senza svolgimento di alcuna attività istruttoria».

4.2. Il secondo mezzo lamenta l’omesso circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.) «per avere la corte d’appello escluso la possibilità di ravvisare la sussistenza di un inadempimento contrattuale imputabile a Sram, sul presupposto che Formula non abbia offerto alcun elemento per contestare la legittimità del ricorso alla clausola risolutiva espressa da parte della società americana», senza che i giudici di entrambi i gradi di giudizio avessero detto alcunché sulle contestazioni mosse fin dall’atto di citazione, dalle quali si sarebbe potuto evincere che non ricorressero nella fattispecie gli estremi di un inadempimento di Formula di gravità tale da giustificare il ricorso alla clausola risolutiva espressa da parte di Sram”.

4.3. Il terzo motivo contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2598 c.c., per non avere la corte d’appello ravvisato un atto di concorrenza sleale «nella condotta con la quale Avid/Sram sottraeva e rivelava a terzi notizie (anche in thesi non segrete ma soltanto) riservate appartenenti a Formula».

5. Tutti i motivi sono inammissibili.

6. Quanto al primo, esso riguarda l’attività valutativa del materiale istruttorio effettuata dai giudici di entrambi i gradi di merito, i quali hanno valorizzato i fatti pacifici e i documenti prodotti (accordi scritti, mail ecc.), esprimendo concordemente un giudizio di sussistenza di un’attività di mera ingegnerizzazione, non tutelabile come know-how ai sensi dell’art. 98 C.P.I., che definisce “segreti commerciali” (così modificata dal d.lgs. 11 maggio 2018 n. 63 la precedente dizione “informazioni segrete”) «le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni: a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; b) abbiano valore economico in quanto segrete; c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete».

6.1. In particolare, affermare che i disegni predisposti da Formula non contengono «evidenza di soluzioni tecniche originali» o che il valore economico delle presunte informazioni segrete «non sarebbe stato palese» non introduce surrettiziamente – come sostiene il ricorrente – un requisito non richiesto dall’art. 98 C.P.I., e cioè la rilevabilità ictu oculi ai fini della concessione della tutela reale, ma testimonia semmai la immediata percepibilità di quanto accertato e affermato dal giudice, quale “peritus peritorum”.

6.2. D’altro canto, nella sentenza impugnata sono trascritti tutti i capitoli di prova e la richiesta di c.t.u., e se anche la corte d’appello non motiva espressamente sulla loro mancata ammissione, tuttavia indica chiaramente le ragioni del rigetto della domanda, sorrette come detto dalla valutazione di fatti ritenuti pacifici e delle produzioni documentali, piuttosto che dal mancato assolvimento dell’onere della prova. Dagli atti emerge anzi che la c.t.u. non è stata disposta in quanto l’attrice non aveva nemmeno indicato quali fossero le pretese informazioni segrete sottratte, e solo in appello aveva prodotto una selezione dei disegni già depositati in primo grado, contenenti delle annotazioni effettuate ex post, di cui la corte d’appello ha disposto lo stralcio, in quanto rappresentative di «fatti che avrebbero dovuto essere allegati ed illustrati nell’ambito dell’atto introduttivo del giudizio od al più tardi mediante le memorie ex art. 183 c.p.c.».

6.3. In ogni caso, per consolidato orientamento di questa Corte, la doglianza che lamenta la mancata ammissione di mezzi istruttori ed il mancato esercizio dei poteri officiosi è sussumibile nell’ambito del vizio di motivazione – di cui deve avere forma e sostanza – potendo essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione su di un fatto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. 251/2018; v. Cass. 5377/2011, 4369/2009, 11457/2007), fermo restando che il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità (Cass. 7472/2017; conf. Cass. 4504/2017 sull’ordine di esibizione ex art. 210 cod. proc. civ.).

7. L’inammissibilità del secondo motivo deriva da mancato rispetto dei canoni del novellato art. 360, n. 5) c.p.c., che onerano il ricorrente di indicare – nel rispetto degli artt. 366, co.1, n. 6), e 369, co. 2, n. 4), c.p.c. – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, nonché la sua “decisività” (ex multis Cass. Sez. U, 8053/2014; Cass. 19987/2017, 27415/2018, 6735/2020).

7.1. Va comunque evidenziato che i giudici di secondo grado avevano dichiarato inammissibile il terzo motivo di appello per difetto di specifica critica alla motivazione del tribunale, e al riguardo parte ricorrente elenca le deduzioni svolte nella comparsa conclusionale di appello (v. pag. 28-30 del ricorso); in ogni caso, affermare che le relative deduzioni erano svolte in citazione non rileva, poiché la corte d’appello fa riferimento alle critiche rivolte alla motivazione del tribunale. Tutte le ulteriori argomentazioni, svolte anche nella memoria, riguardano il merito.

8. Il terzo mezzo non coglie invece l’ulteriore ratio decidendi della sentenza impugnata, per cui la condotta divulgativa è stata «solo asserita» e comunque, anche ai fini della tutela ex art. 2598 n. 3 c.c. (i cui presupposti sono meno rigorosi della tutela ex art. 99 C.P.I.), non è stata fornita «la prova della condotta contraria a correttezza professionale e la sua idoneità a danneggiare il concorrente leale, mediante l’utilizzazione delle conoscenze tecniche usate da altra impresa», poiché «nel caso in esame si sarebbe trattato di mera attività di ingegnerizzazione, facilmente riproducibile da esperti di settore».

9. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese in favore della controricorrente, liquidate in dispositivo.

10. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto (Cass. Sez. U, 20867/2020 e 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 20.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10/09/2021

Il Presidente