Corte d’Appello di Roma – Sentenza del 16.02.2021

SENTENZA

(Consigliere relatore: dott. Camillo Romandini)

Nel giudizio civile iscritto al n. 6000/13 tra

S.M. s.r.l. in persona del l.r. p.t. (CF. (…)), elett.te dom.ta in Roma alla Via Velletri 10 c/o lo studio dell’Avv.to Fulvio Sarzana di S.Ippolito dal quale è rappresentata e difesa unitamente e disgiuntamente all’Avv.to Adriana Augenti giusta procura a margine dell’atto di citazione in appello.

– appellante –

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA in persona del l.r. p.t., elett.te dom.ta in Roma alla Via dei Portoghesi 12 c/o gli Uffici della Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ex lege.

– appellata e appellante incidentale –

I. s.r.l.

– appellata contumace –

E

C.T. s.r.l. in persona del l.r. p.t. (CF. (…)), elett.te dom.ta in Roma alla Via Novenio Bucchi 7 c/o lo studio dell’Avv.to Brigida Troilo che la rappresenta e difende giusta procura a margine della comparsa di costituzione

– appellata –

Oggetto: impugnazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 17248/12.

FATTO

La seguente sentenza attiene alla materia della impresa.

Con atto di citazione ritualmente notificato, la società C.T. s.r.l. (d’ora in poi C.) ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la società S.M. srl., la I. s.r.l. e l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata per sentir dichiarare nei confronti delle prime due che il programma “UNIDATA” realizzato dalla S.M. con il concorso e la collaborazione di I. costituiva imitazione servile e riproduzione pedissequa del programma “C.A.” realizzato dalla attrice e, per l’effetto, ordinarsi presso tutti i centri universitari e, comunque, in tutti i luoghi presso cui era stato installato, il sequestro e la conseguente soppressione del suddetto programma Unidata , con il divieto alle società convenute di qualsiasi utilizzo e diffusione, installazione, distribuzione e commercializzazione, con condanna altresì al risarcimento dei danni nella misura di Euro 150.000,00 ovvero in quella maggiore o minore ritenuta di giustizia e, nei confronti della Università, ordinarsi il sequestro del programma con la inibitoria a qualsiasi utilizzazione del programma.

Nel costituirsi in giudizio la Software, in via preliminare ha eccepito il difetto di legittimazione attiva della attrice per avere la stessa ceduto i diritti di sfruttamento economico del programma alla gemella francese C.T. s. a.r.l. e, nel merito, ha eccepito la inutilizzabilità dei risultati della descrizione non essendo stato consentito ad essa convenuta la partecipazione al relativo procedimento. In ogni caso, ha concluso per il rigetto della domanda attrice atteso che il programma creato dalla convenuta era completamente diverso da quello della C. che, difettando peraltro di valore creativo, non era comunque tutelabile dalla disciplina del diritto d’autore. Peraltro, alcuna prova del presunto danno era stata indicata e fornita da parte della società attrice nei cui confronti ha proposto domanda riconvenzionale chiedendone la condanna ai sensi dell’art. 2598 comma 2 e 3 c.c. per avere gettato discredito ai suoi danni nella misura di Euro 50.000,00 ovvero, in subordine, ai sensi dell’art. 96 c.p.c. per lite temeraria.

La I. ha, invece, concluso per il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti essendo essa del tutto estranea alla vicenda, atteso anche che la C. avrebbe agito nei suoi confronti sulla base di una descrizione al cui procedimento essa non aveva potuto prendere parte.

L’Università da ultimo, ha concluso per il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti per essere del tutto estranea alla vicenda evidenziando, altresì, di aver dovuto fare ricorso ad altro software a causa dei difetti manifestati da quello fornito dalla C. che le aveva provocato anche gravi danni dei quali ha chiesto in via riconvenzionale il riconoscimento, con riserva di domandarne la liquidazione in separato giudizio.

All’esito della adozione della misura cautelare e di una corposa ctu. il Tribunale ha così statuito:

“dichiara che il programma Unidata realizzato e commercializzato dalla S.M. in collaborazione con I. costituisce contraffazione del programma C. Accountant realizzato dalla C.;

condanna le convenute al risarcimento del danno in favore della attrice liquidato in Euro 172.000,00 a carico della Software, Euro 23.000,00 a carico della I., con gli interessi di legge e rivalutazione monetaria dalla domanda;

condanna inoltre le convenute il solido al pagamento delle spese di ctu. già liquidate e delle processuali sostenute dall’attrice liquidate in complessivi Euro 74.372,23″.

Ha impugnato la sentenza la S.M. con atto ritualmente notificato per i seguenti motivi:

1) Sul difetto di legittimazione attiva della C.: il Tribunale avrebbe errato nel rigettare la eccezione di carenza di legittimazione tempestivamente sollevata da essa appellante essendosi limitato a rilevare la assenza di un qualsiasi documento attestante la cessione del diritto, laddove sarebbe stato sufficiente dare seguito alla tempestiva richiesta della appellante di ordine di esibizione di documentazione a riprova di quanto da essa già prodotto in giudizio.

2) Sulla legittimità della condotta della S.M.. Il Giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere inopportunamente che l’interfacciarsi di Unidata alla banca dati già istallata presso l’Università, superasse i limiti della interoperabilità tra software diversi come nel caso di specie. Un grave errore concettuale sarebbe stato quello di considerare il data-base come “cuore” del programma, essendo piuttosto accertato che “la componente client, secondo quanto rilevato dal consulente, costituisce componente autonoma”, nonché nel ritenere contraffattivo il semplice interfacciarsi di un client ad una banca dati preesistente.

3) Sulla tutelabilità del diritto fatto valere dalla C.: essendo tutelabili solo le banche dati di carattere creativo, laddove tale carattere risiede nella scelta o nella posizione del materiale di dati che deve anche contenere dati indipendenti, sistematicamente e metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo, il Tribunale non avrebbe tenuto conto della sollevata questione e della mancanza di prova che a tal fine la C. avrebbe dovuto fornire. Al riguardo, la appellante ha contestato gli esiti delle ctu. avendo, a suo dire, il consulente esorbitato ampiamente dai limiti che l’incarico gli aveva attribuito.

4) Sulla legittimità della condotta della S.M.: EASY. Il Tribunale avrebbe erroneamente tenuto conto ai fini della decisione anche della sussistenza di una contraffazione del nuovo programma EASY da essa appellante realizzato in modo del tutto nuovo in sostituzione di quello Unidata ritenuto contraffattivo, laddove tale programma era stato in verità realizzato per mera semplicità e comodità soprattutto di carattere temporale vista la difficoltà di apportare le modifiche richieste per il mantenimento in vita del vecchio programma Unidata. La domanda della C. avrebbe dovuto essere pertanto ritenuta inammissibile e, invece, il Tribunale ne avrebbe tenuto conto anche ai fini della liquidazione del danno.

5) Sulla nullità della perizia contabile. Il Tribunale, ancor prima di valutare nel merito la pur contestata ctu. contabile, avrebbe dovuto ritenerne la nullità avendo il ctu. posto a base della sua decisione anche documentazione acquisita aliunde e fuori dal consenso delle parti.

6) Sulle spese legali. Il Tribunale avrebbe errato anche con specifico riferimento alle spese legali avendo male applicato il tariffario in considerazione del valore della domanda e del suo accoglimento comunque solo parziale.

Sulla base di tali censure, la S.M. ha così concluso:

“Preliminarmente, nella prima udienza ex art. 350 c.p.c., sospendere l’efficacia esecutiva o (ove iniziata) l’esecuzione della sentenza impugnata;

riformare integralmente la detta sentenza per i motivi sub. (…)) dichiarando infondata la domanda attorea;

in via subordinata, senza recesso e salvo gravame, riformare la sentenza impugnata per i motivi svolti sub. (…) e sub. (…), dichiarando che alla appellata C.T. nulla è dovuto dalla S.M. srl per il diritto dedotto in giudizio;

sempre in via gradata, senza recesso e salvo gravame, riformare la sentenza impugnata per il motivo svolto sub. (…), dichiarando che alla appellata C.T. nulla è dovuto dalla S.M., dichiarando inammissibili le domande nuove proposte in corso di causa;

in via ulteriormente subordinata, sempre senza recesso e salvo gravame, riformare la sentenza impugnata per il motivo svolto sub. (…), riducendo drasticamente l’importo liquidato a titolo di risarcimento dei danni;

accogliere il motivo sub. (…), provvedendo altresì come per legge in ordine alle spese ed agli onorari di difesa del doppio grado di giudizio”.

La C. si è costituita e, con propria comparsa di costituzione, ha contestato l’avverso gravame proposto nei suoi confronti sia in punto di fatto che di diritto ed ha così concluso:

“Voglia la Ecc.ma Corte di Appello di Roma, rigettata ogni contraria istanza e richiesta:

in via preliminare :

– Confermare l’efficacia provvisoriamente esecutiva della sentenza resa dal Tribunale di Roma, Sez. 9^, Presidente Dr. T.M. in data 15.9.2012 e depositata il successivo 17.9.2012, rigettando, per le ragioni tutte esposte in narrativa, l’istanza di sospensione formulata dall’appellante non ricorrendo alcuno dei presupposti richiesti dagli artt. 283 e 351 c.p.c.;

– Sempre in via preliminare, accertare e dichiarare l’inammissibilità dell’appello per le ragioni esposte sub. A ovvero, in via subordinata, per le ragioni esposte sub. B);

– In via subordinata, per la denegata ipotesi di rigetto dell’eccepita inammissibilità, nel merito, rigettare in toto l’appello proposto dalla S.M. s.r.l. e, confermata la sentenza appellata, accogliere le conclusioni rassegnate dalla C.T. s.r.l. nel giudizio di primo grado, come precisate nella memoria ex art. 183 c.p.c. che di seguito si trascrivono:

– Nei confronti delle società S.M. s.r.l. ed I. s.r.l.: “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, rigettata ogni contraria istanza, dichiarare che il programma Unidata realizzato dalla S.M. s.r.l., con il concorso e la collaborazione della I. s.r.l. , costituisce frutto di contraffazione e/o plagio a scopo non confusorio del programma “C. Accountant” realizzato dalla società C.T. s.r.l. e, per l’effetto, ordinare il sequestro presso tutti i centri universitari e, comunque, in tutti i luoghi presso i quali è istallato e la conseguente soppressione del programma Unidata e del relativo Database – fatti salvi i dati in questo contenuti, vietando alle società convenute qualsiasi ulteriore attività di diffusione, istallazione, distribuzione e commercializzazione del suddetto programma. Condannare le società convenute, in solido e comunque ciascuna di esse per quanto di ragione, al risarcimento dei danni nei confronti dell’attrice, da determinarsi, anche ai sensi ed in applicazione della disposizione dell’art. 1226 c.c e delle leggi speciali in materia, per tutte le causali indicate nella narrativa del presente atto, nella misura di Euro 250.000,00 o in quella maggiore o minore misura ritenuta di giustizia e di equità. Condannare, inoltre, le società convenute al pagamento delle spese, competenze ed onorari di causa, ivi compresa la fase cautelare.

– Nei confronti della Università degli Studi di Roma Tor Vergata: – Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, rigettata ogni contraria istanza, ordinare il sequestro e la distruzione presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e presso tutti i Dipartimenti presso i quali risulta istallato del programma Unidata e del relativo Database – fatti salvi i dati in questo caso i contenuti , disponendo l’inibitoria alla società convenuta da qualsiasi ulteriore utilizzazione diretta o indiretta del programma contraffatto. Condannare l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, in caso di opposizione alla presente domanda, al pagamento delle spese, competenze ed onorari di causa. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi del giudizio da distrarsi in favore del sottoscritto difensore che si dichiara antistatario”.

L’Università degli Studi di Roma Tor vergata si è a sua volta costituita per il tramite della Avvocatura Generale dello Stato opponendosi alla domanda proposta dalla C.T. e, quindi, proponendo controricorso attesa la palese erroneità della sentenza del Tribunale per non avere questo, tra l’altro, tenuto in debito conto la perfetta e totale buona fede dell’ente ed estraneità rispetto alla proposta domanda di plagio avanzata dalla originaria attrice,

Ha pertanto concluso nei seguenti termini:

“Respingersi la domanda di C. perché infondata;

in via riconvenzionale, porre a carico della stessa (o di chi altro ritenga responsabile) i danni derivati dalla disfunzione, blocco gestionale, perdita dati e ogni altro danno che l’Ateneo dovesse subire per effetto dell’inibitoria richiesta.

In via subordinata, adottare misure di garanzia per la salvezza della banca dati e del sistema da errati interventi, ponendo a carico di controparte sin d’ora tenuto responsabile dei danni derivanti da disfunzione, blocco gestionale, perdita dati e ogni altro danno che l’Ateneo dovesse subire per effetto dell’intervento richiesto”.

Non si è costituita I. s.r.l. della quale va dichiarata la contumacia.

Accolta la istanza di inibitoria proposta dalla appellante, ed acquisita la perizia disposta nel procedimento penale a carico del l.r. della appellante, alla udienza del 18.2.2020 la causa è stata assunta a decisione sulle conclusioni delle parti, previa concessione alle medesime dei termini ex artt. 190 e 352 c.p.c.

DIRITTO

Va preliminarmente dichiarata la contumacia della I. s.r.l.

Quanto alle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa della appellata C. esse vanno respinte.

Dalla lettura del minuzioso atto di gravame si evince come lo stesso sia pienamente rispondente ai requisiti di cui all’art. 342 c.p.c., avendo l’appellante indicato sia le ragioni che sottendono allo stesso, sia le parti della sentenza gravata oggetto della domanda di riforma.

Peraltro, anche ad una sommaria delibazione, l’appello si manifesta tutt’altro che palesemente infondato.

Passando all’esame delle ragioni dell’appello ed iniziando dalla eccezione di carenza di legittimazione attiva della C., la Corte ritiene che essa non sia condivisibile come correttamente deciso dal Giudice di prime cure.

La S.M. ha, infatti, reiterato le medesime doglianze ed argomentazioni svolte in primo grado, censurando tuttavia il Tribunale per non avere deciso sulla pure tempestiva richiesta di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. diretta ad acquisire la prova della cessione del diritto di proprietà del software oggetto di plagio presso la Università degli Studi di Udine e, in particolare, acquisendo il contratto stipulato tra quest’ultima e la società francese C.T. s.a.r.l. di nuova costituzione ed a cui, secondo la tesi di parte appellante, la attrice avrebbe ceduto appunto il diritto. Inoltre, sarebbe stato necessario acquisire, o quanto meno verificare, sempre presso la medesima università il c.d. contenente la versione 1.4 (rectius 1.3.7.0) con conseguente ctu. che avrebbe consentito di accertare che i due programmi erano esattamente coincidenti, essendo il secondo quello originario che si assume copiato.

Il Tribunale ha implicitamente respinto tale richiesta, decidendo nel senso di rigettare la eccezione sul duplice presupposto che dalle e.mail inviate dall’allora l.r. della T., Ing. Ciava, ai vari utenti del software, si evince solo la ipotesi di un progetto di trasferimento delle attività dalla società italiana a quella neo costituita società francese, senza che tuttavia a tale progetto risulti essere stato mai dato seguito proprio per problemi di salute dello stesso Ciava, poi effettivamente deceduto in modo tragico, nonché sulla assenza di un benchè minimo atto formale da cui risultasse, appunto, la cessione dei diritti.

La Corte condivide le conclusioni del Tribunale, atteso che la cessione del diritto di proprietà dovrebbe risultare effettivamente non da un contratto che non ha visto come parte la C. società italiana, essendo piuttosto necessario, al contrario, un reale atto di trasferimento dei diritti di proprietà del programma di cui è causa. E tale prova non risulta essere stata in alcun modo fornita.

Non miglior sorte merita, in verità, neanche la eccezione di carenza di legittimazione della appellante sollevata dalla appellata C.T..

Questa, in verità ha sollevato la eccezione solo con la comparsa di costituzione nel giudizio di appello, senza tuttavia proporre alcuna specifica censura alla sentenza impugnata e, peraltro, producendo inammissibilmente e solo tardivamente documenti che ben avrebbe potuto conoscere e produrre in modo tempestivo.

Fatto sta, che anche alla luce della visura camerale prodotta, non si evince che via sia stata da parte della appellante una cessione della azienda ovvero anche di ramo di azienda con la cessione anche del software e del relativo diritto in favore della società T. o di altri. Ne consegue, il pieno diritto della odierna appellante di impugnare la sentenza che, per di più, risulta essere stata emessa nei suoi confronti quale parte processuale.

Dunque, correttamente la appellante ha interposto il gravame richiedendo, altresì, la inibitoria che è stata accordata dalla Corte.

Passando più specificatamente al merito della controversia ed esaminando i motivi di appello della S.M. rileva il Collegio quanto segue:

la vicenda si è articolata in vari momenti processualmente diversi che hanno tuttavia in comune l’espletamento di ctu. che, nel corso del presente giudizio di appello, in seguito al deposito della sentenza (non passata in giudicato a quanto ad oggi risulta) emessa dal Tribunale penale di Roma nei confronti del l.r. della appellante che l’ha vista assolta con la formula più ampia del “fatto non sussiste”, sono risultate contrastate proprio dalla relativa perizia che ha costituito la base fondamentale per la predetta pronuncia assolutoria.

Partendo proprio dalla motivazione della sentenza del Giudice penale, questi ha motivato la propria decisione alla stregua delle conclusioni del proprio perito che, dopo aver esaminato tutta la documentazione anche del presente giudizio, all’esito anche della minuziosa istruttoria dibattimentale nel corso del quale tutte le parti hanno potuto chiedere ed approfondire aspetti e chiarimenti, ha risposto al seguente quesito postogli: “se vi sia stata o meno abusiva duplicazione e se tale potesse considerarsi il programma informatico “UNIDATA” e la sua evoluzione denominata “EASY” della società C.T. e, nel caso positivo, se costituisca evoluzione del programma precedente denominato “C. Accountant”. Definisca in generale le questioni inerenti i programmi di database e di banca dati in generale nonché quali siano gli elementi essenziali dell’ambito definito dell’implementazione delle banche dati di tale ultimo programma e se vi sia stata impronta originaria anche dopo l’inibitoria giudiziale di cui al procedimento cautelare di cui al procedimento n. 5363/1/5″.

Il perito Ing. B., dopo aver operato l’esame di tutti i componenti sia del software che del data base, sia di quelli oggetto della presunta contraffazione, che di quelli usati dalla appellante anche nella sua successiva evoluzione (EASY), ha così concluso:

“A) Componenti di C. mantenute integralmente in Unidata: si tratta del Data Base e delle Strored Procedures ad esso collegate;

B) Componenti del C. riscritte mantenendo una somiglianza con l’originale con riferimento alle stampe e alle maschere video;

C) Componenti di Unidata riscritte e differenti dalle corrispondenti di C.: sono i programmi e la documentazione on-line.

Per la tipologia A), le motivazioni più verosimili di tale scelta conservativa, convengono tutte nella direzione di una maggiore sicurezza da offrire all’utenza, nel mantenimento di una continuità operativa pressochè totale, nel rispetto del disegno architetturale e della integrità del Data Base così come fu concepito dagli ideatori originari;

per gli elementi di tipo B) ipotizziamo analoghe motivazioni, con l’argomentazione aggiuntiva che ridisegnare stampe e maschere video, nell’economia totale dell’applicazione, sarebbe costato davvero poco agli sviluppatori di Unidata.

A fortiori, avendo Easy ridisegnato anche il Data Base, le stampe e le maschere video, le conclusioni cui siamo pervenuti rispetto all’applicativo Unidata vengono sicuramente confermate e rafforzate e ci inducono a considerare l’applicativo Easy come oggetto sostanzialmente diverso dall’applicativo C. Accountant”.

Ha inoltre concluso, con specifico riferimento al secondo quesito postogli, che “da un attento esame delle deposizioni e delle diverse tecniche acquisite al processo abbiamo rilevato il rispetto, da parte dei S.M., della inibitoria giudiziale di cui al quesito”.

Rileva altresì il Collegio, che il perito B. ha avallato tale conclusione con riferimento al Data Base, sul presupposto, non considerato dal Tribunale, e tanto meno dai ctu. nominati nelle varie fasi del giudizio civile, che “all’epoca del rilascio dell’applicativo Unidata, il modello relazionale era già ampiamente diffuso ed utilizzato nelle applicazioni installate presso molte società. Non ho esperienza diretta di software applicativi dedicati alla contabilità degli Atenei, ma non mi sentirei di considerare tale elemento un unicum dell’applicativo C. Accoutant”.

Al riguardo, come rilevato da tutti i ctu., il Tribunale civile di Roma ha evidenziato che “il programma Unidata pur con le modifiche e miglioramenti applicati non possiede un proprio autonomo data base avvalendosi per questo del sistema banca dati dell’Accountant e, come correttamente rilevato dal Giudice che ha disposto la inibitoria con Prov. del 5/8 gennaio 2007 in sede cautelare (confermato poi dal Collegio del reclamo), tale comportamento supera i limiti della interoperabilità fra programmi diversi, asseritamente effettuata al solo fine di attingere dati contabili (di proprietà dell’Università) per trasfonderli in un nuovo sistema operativo , ma comporta utilizzazione del programma della attrice da parte della convenuta in difetto di autorizzazione della titolare, in violazione della esclusiva prevista dall’art. 64 quinques L. 22 aprile 1941, n. 633.Tale acclarata contraffazione veniva, peraltro, in spregio al provvedimento cautelare, reiterata dalla Software nel nuovo programma Easy creato in sostituzione dell’Unidata”.

La problematica, dunque, attiene alla contraffazione o meno ed all’illecito utilizzo del data base creato dalla attrice senza il suo assenso.

Leggendo e confrontando le conclusioni dei vari consulenti che hanno svolto i loro rispettivi incarichi in sede civile e in sede penale e, soprattutto, esaminando le diverse motivazioni che li hanno spinti a valutazioni del tutto difformi, rileva il Collegio che ciò che occorre decidere è se la banca dati creata dalla C.T. presentasse o meno quegli elementi di creatività o di originalità tali da giustificare la sua protezione giuridica.

Sono, infatti, proprio questi gli elementi dirimenti della questione che possono portare all’accoglimento o meno del gravame con riferimento alla eventuale sussistenza della contraffazione che, si ripete, è stata esclusa dal Giudice penale, sebbene con sentenza non ancora passata in giudicato.

E’ del resto incontestabile che le banche dati siano ricomprese nell’ambito delle opere dell’ingegno in quanto beni immateriali e siano riconosciute meritevoli di tutela autonoma dalla stessa Direttiva 96/9/CEE che ha visto poi attuazione a livello nazionale con il D.Lgs. 6 maggio 1999, n. 169.

Tale tutela va individuata sotto due distinti profili: quello in favore dell’autore della nuova creazione che va riconosciuta sotto forma della esclusiva del diritto di autore e quello in favore del c.d. “costitutore” della banca dati, che si concretizza nella tutela “sui generis” che presuppone, tuttavia, la prova da parte di chi la richiede, dei cospicui investimenti sostenuti per la creazione della banca dati. Questi requisiti sono stati ancora di recente ritenuti necessari dalla stessa giurisprudenza penale ai fini della tutelabilità della banca dati sia pure sotto le due diverse forme (Cass. 13.2.2019 n. 6734).

Ciò premesso, ritiene il Collegio, sul punto, di non poter condividere le conclusioni a cui è pervenuto il Tribunale Civile dovendo, piuttosto condividere quella fatte proprie dal Giudice penale e ciò per una semplice ma assorbente ragione, puntualmente spiegata dall’Ing. B. e non fatta oggetto di specifica contestazione da parte appellata. Detta ragione, che convince per la esclusione del doppio profilo di tutelabilità nelle sue diverse forme, risiede nella datazione del data base relazionale al lontano 1970 e nella sua disponibilità, come strumento di sviluppo, già nel 1981.La conseguenza di ciò è che esso era facilmente utilizzabile da chiunque al fine proprio della interoperabilità tra i sistemi.

Dunque, alcun particolare elemento creativo nella creazione del data base anche in riferimento alle modalità di inserimento dei dati contabili e gestionali della Università, sono stati dimostrati dalla C.T., essendo piuttosto emerso con assoluta certezza che, a fronte di una sostanziale diversità di software (il client di Unidata era completamente diverso da quello della C.), la Software aveva utilizzato la medesima banca dati solo per maggiore sicurezza della utenza e rapidità di servizio, senza peraltro alcun particolare vantaggio economico, così come confermato dal perito B. con specifico riferimento anche alle modeste similitudini di schermatura e di stampa.

Ne consegue, a parere della Corte, che in assenza di una tale prova che, peraltro, avrebbe dovuto essere fornita in modo convincente dalla attrice senza che la ctu. potesse sopperire a tale onere probatorio, la domanda attorea non può ritenersi meritevole di accoglimento.

In accoglimento del gravame, la sentenza appellata deve essere, pertanto, riformata.

Ogni altra questione inerente profili di responsabilità di I. che avrebbe contribuito alla creazione del software e della Università che ne ha fatto legittimo esercizio, deve ritenersi superata.

Va, invece, respinta la domanda riconvenzionale proposta dall’Università diretta ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla subita inibitoria dall’uso del software in quanto non provata.

Quanto al regime delle spese, (in tal senso l’Università ha formulato domanda riconvenzionale ma poi non l’ha reiterata in sede di conclusioni), la particolare complessità della vicenda e delle questioni tecniche affrontate fa ritenere sussistenti giusti motivi per la integrale compensazioni tra le parti delle spese tra tutte di entrambi i gradi di giudizio, ivi comprese quelle di ctu..

P.Q.M.

La II^ Sezione civile specializzata in materia di impresa della Corte di Appello di Roma, definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da Software Ando More srl. e dalla Università degli Studi di Roma Tor Vergata avverso la sentenza n. 17248!2 del Tribunale di Roma, ogni ulteriore istanza ed eccezione disattese, così provvede:

dichiara la contumacia di I. s.r.l.;

accoglie l’appello proposto da S.M. e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, rigetta la domanda proposta da C.T. s.r.l.;

rigetta l’appello incidentale proposto dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata;

compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Dà atto della sussistenza nei confronti della appellante Università degli Studi di Roma Tor Vergata dei presupposti richiesti dall’art. 13 comma 1 quater primo periodo D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020

Depositata in cancelleria il 16 febbraio 2021