Corte d’Appello di Torino
SENTENZA
n. 677/2019 pubbl. il 16/04/2019
(Consigliere relatore: dott. Gian Paolo Macagno)
nella causa civile iscritta al n. 1628/2017 R.G.
promossa da:
ZHEJIANG ZHONGNENG INDUSTRY GROUP CO. LTD, in persona del suo Deputy General Manager e l.r. pro tempore e TAIZHOU ZHONGNENG IMPORT AND EXPORT CO.LTD, in persona del suo Deputy General Manager e l.r. pro tempore, entrambe rappresentate e difese, per procura in atti, dagli Avv.ti Prof. Marco S. Spolidoro, Marianna E. Gurrado, Silvio Verea e Maria Balestriero, ed elettivamente domiciliate presso l’Avv. Marcello Scalia in Torino, Via Susa 43;
– APPELLANTI –
contro
PIAGGIO & C. SPA, C.F. (…), in persona del procuratore speciale e l.r. avv. Ulisse Spada, rappresentata e difesa, per procura in atti, dagli Avv.ti Fabrizio Jacobacci, Barbara La Tella e dall’Avv. Prof. Giuseppe Sena, ed elettivamente domiciliata presso l’avv. Fabrizio Jacobacci in Torino, Corso Emilia 8;
– APPELLATA –
Oggetto: brevetto d’invenzione
CONCLUSIONI DELLE PARTI
PER PARTE APPELLANTE: “Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Torino n. 1900/2017, emessa nella causa n. R.G. 13811/2014 il 17 marzo 2017, pubblicata il 6 aprile 2017 e notificata il 6 giugno 2017, acquisito il fascicolo del primo grado, respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione, così giudicare: in via preliminare:
1) riformare la sentenza impugnata e dichiarare la nullità delle domande riconvenzionali di Piaggio volte ad ottenere l’accertamento e la dichiarazione che la forma della Vespa risalente al 1945/1946 e le successive elaborazioni e modificazioni sono opere del design industriale tutelate dal diritto d’autore e costituiscono un segno distintivo tutelato come marchio di fatto o marchio non titolato, nonché volte ad ottenere l’accertamento e la dichiarazione della violazione di tali diritti ad opera degli scooter ZNEN, per omessa o insufficiente indicazione dell’oggetto o del titolo delle domande riconvenzionali ai sensi dell’art. 167, comma 2, c.p.c.;
2) riformare la sentenza impugnata e dichiarare l’inammissibilità delle domande riconvenzionali della convenuta Piaggio & C. S.p.A. volte ad ottenere l’accertamento e la dichiarazione che la forma della Vespa risalente al 1945/1946 e le successive elaborazioni e modificazioni sono opere del design industriale tutelate dal diritto d’autore e costituiscono un segno distintivo tutelato come marchio di fatto o marchio non titolato, nonché ad accertare la violazione di tali diritti ad opera degli scooter ZNEN, in quanto non dipendenti dal titolo dedotto in giudizio dalle attrici – appellanti come previsto dall’art. 36 c.p.c.; nel merito:
3) riformare la sentenza impugnata ed accertare e dichiarare la nullità del marchio italiano tridimensionale No. 0001556520 di titolarità di Piaggio & C. S.p.a. per i motivi tutti dedotti in narrativa;
4) riformare la sentenza impugnata ed accertare e dichiarare che la produzione, commercializzazione e pubblicità in ogni sua forma, da parte delle appellanti dello scooter modello VES (o comunque denominato) meglio descritto in narrativa, non costituisce una contraffazione del marchio italiano tridimensionale No. 0001556520 e del marchio comunitario tridimensionale No. 011686482 di cui l’appellata è titolare, per i motivi tutti di cui in narrativa,
5) e per l’effetto disporre – a spese della appellata e a cura delle appellanti – la pubblicazione per due volte della sentenza (o del suo dispositivo o di un estratto) su due quotidiani a tiratura nazionale e su una rivista specializzata di settore a scelta delle appellanti, con l’indicazione delle parti in grassetto e con caratteri di dimensioni doppie rispetto al resto del testo;
6) riformare la sentenza impugnata ed accertare e dichiarare la non proteggibilità/l’inesistenza della tutela ai sensi dell’art. 2.10 l.d.a. come opera del design industriale tutelata dal diritto d’autore della “forma della Vespa risalente al 1945/1946 e le successive elaborazioni e modificazioni”;
7) riformare la sentenza impugnata ed accertare e dichiarare la non proteggibilità/l’inesistenza della tutela come marchio di fatto e/o marchio non titolato della “forma della Vespa risalente al 1945/1946 e le successive elaborazioni e modificazioni”;
8) riformare la sentenza impugnata ed accertare e dichiarare che la produzione, commercializzazione e pubblicità in ogni sua forma, da parte delle attrici-appellanti dello scooter modello VES (o comunque denominato) meglio descritto in atti, non costituisce una violazione del diritto d’autore eventualmente riconosciuto sulla “forma della Vespa risalente al 1945/1946 e le successive elaborazioni e modificazioni”, né una contraffazione del marchio di fatto/non titolato eventualmente riconosciuto sulla stessa forma, né un atto di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 1, 2 e 3 c.c., per i motivi tutti di cui in atti;
9) respingere in ogni caso tutte le domande avversarie in quanto infondate in fatto ed in diritto; in via istruttoria:
10) disporre una Consulenza tecnica d’Ufficio volta ad accertare, esaminati gli atti e i documenti di cui è causa, nonché presa visione dell’esemplare di scooter ZNEN modello VES di cui è causa che questa difesa potrà mettere a disposizione, se:
1. le caratteristiche della forma indicate come tipiche e caratterizzanti il marchio tridimensionale “figura di scooter” italiano n. 1.556.520 e comunitario n. 11.686.482 e costituite dalla forma a “X” individuabile tra le bombature laterali e il sottosella, dalla forma ad “^ rovesciata” nel raccordo fra sella e pedana, dalla forma a “freccia” dello scudo frontale, nonché dalla scocca a forma di “goccia”, sono caratteristiche comuni anche ad altri modelli di scooter (anche c.d. storici, quali la vecchia e nuova Lambretta), o sono esclusive della forma della Vespa;
2. se lo scooter ZNEN modello VES riproduce le caratteristiche della forma tipiche e caratterizzanti il marchio tridimensionale Piaggio “figura di scooter” italiano n. 1.556.520 e comunitario n. 11.686.482;
3. se le forme definenti l’estetica della Vespa del ‘45/’46 sono riscontrabili anche nel modello di scooter oggetto del marchio tridimensionale “figura di scooter” italiano n. 1.556.520 e comunitario n. 11.686.482;
4. se lo scooter ZNEN modello VES riproduce ed utilizza la forma estetica caratterizzante il modello di Vespa creata da Corradino d’Ascanio nel 1945.
11) respingere le istanze istruttorie di ammissione delle prove orali ex adverso formulate (tutte inammissibili per le ragioni esposte nella memoria ai sensi dell’art. 183 VI comma n. 3 cpc);
12) nella non creduta ipotesi di ammissione delle prove orali formulate ex adverso, essere ammessi alla prova contraria, con gli stessi testi indicati dalla appellata;
13) dichiarare inammissibili i nuovi documenti da 1 a 14 depositati da Piaggio in primo grado in allegato alla seconda memoria tecnica, nonché i nuovi documenti 41 e 42 depositati per la prima volta in allegato alla comparsa di costituzione in appello, ordinando l’espunzione dei suddetti documenti dal procedimento;
in ogni caso:
14) con vittoria di spese di questo giudizio e del primo grado di giudizio, o in subordine, qualora fosse confermata nel merito la sentenza di primo grado, disporre la compensazione tra le parti delle spese, compresa la CTU.”
PER PARTE APPELLATA: “Respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione,
Nel merito:
– rigettare l’appello avversario e tutte le domande formulate dalle appellanti, in quanto infondate in fatto ed in diritto per i motivi di cui in narrativa, e per l’effetto,
– confermare integralmente i contenuti della sentenza del Tribunale di Torino n. 1900/2017, Giudice Istruttore Dott.ssa Vitrò, pubblicata e comunicata in data 6 aprile 2017.
In via istruttoria (ove ritenuto necessario dalla Corte ad implementazione delle prove documentali già fornite da Piaggio), accogliere i seguenti capitoli di prova per testi:
1) Vero che ho condotto le verifiche a campione della documentazione contabile relativa ai ricavi realizzati da Piaggio attraverso la vendita della Vespa durante il periodo 1° gennaio 2005 – 31 dicembre 2013 secondo le modalità illustrate nella relazione allegata sub doc. 36 di Piaggio?
2) Vero che da tali verifiche è emerso che, in relazione al campione casuale di fatture selezionate, gli importi in esse indicati costituiscono ricavi di vendite del veicolo Vespa imputati nel Prospetto A della relazione?
3) Vero che ho condotto le verifiche a campione della documentazione contabile relativa agli investimenti pubblicitari effettuati da Piaggio in relazione alla Vespa durante il periodo 1° gennaio 2005 – 31 dicembre 2013 secondo le modalità illustrate nella relazione allegata sub doc. 36 di Piaggio?
4) Vero che da tali verifiche è emerso che, in relazione al campione casuale di fatture selezionate, gli importi in esse indicati costituiscono investimenti pubblicitari imputati nel Prospetto B della relazione?
Sui capitoli di prova da 1) a 4) si citano quali testi il Dott. Corrado Testori, presso PricewaterhouseCoopers Spa, in Milano, Via Monte Rosa 91.
5) Vero che l’indagine demoscopica di cui viene allegata la relazione sub doc. 37 di Piaggio, e che qui mi viene mostrata, è stata condotta secondo le modalità e con le metodologie descritte nella suddetta relazione?
6) Vero che i dati registrati ed emersi durante l’indagine, relativi alle risposte fornite dagli intervistati, corrispondono ai risultati riportati nella relazione sub doc. 37 di Piaggio, e che qui mi viene mostrata?
7) Vero che l’indagine demoscopica di cui viene allegata la relazione sub doc. 38 di Piaggio, e che qui mi viene mostrata, è stata condotta secondo le modalità e con le metodologie descritte nella suddetta relazione?
8) Vero che i dati registrati ed emersi durante l’indagine, relativi alle risposte fornite dagli intervistati, corrispondono ai risultati riportati nella relazione sub doc. 38 di Piaggio, e che qui mi viene mostrata?
Sui capitoli di prova da 4) a 8) si cita quale teste il Sig. Paolo Colombo, presso Doxa S.r.l., in Milano, Via Panizza 7.
In ogni caso, con il favore delle spese, anche forfettarie, onorari e diritti di giudizio, oltre IVA e CPA come per legge. Con ogni più ampia riserva di dedurre, argomentare e controdedurre nei termini di legge.”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il giudizio di primo grado: le difese delle parti.
1. Con atto di citazione del 22/4/2014 le società Zhejiang Zhongneng Industry Group e Taizhou Zhongneng Import And Export Co. (nel prosieguo anche definite, congiuntamente, “ZNEN”) hanno convenuto avanti al Tribunale di Torino la Piaggio & C. SPA, allegando:
– di essere due società di diritto cinese attive nella produzione e commercializzazione di motocicli;
– che tra i modelli di scooter da loro prodotti vi sono quelli denominati “Cityzen”, “Revival” e “Ves”;
– che, in particolare, il modello Cityzen è stato realizzato già negli anni 2006-2007, la sua forma è stata protetta con il design comunitario n. 000776208-0002, depositato il 20/8/2007, non rinnovato e dunque scaduto, che tale scooter è stato omologato per la commercializzazione in Europa nel 2007 ed è stato pubblicizzato nelle fiere Eicma di Milano del 2011 e del 2012;
– che il modello Revival è protetto dal design comunitario n. 001783655-0002, depositato il 19/11/2010 ancora oggi efficace e che rivendica la priorità del modello cinese del 13/7/2010, e che è stato omologato per la commercializzazione in Europa nel 2010 ed è stato esposto alle fiere di Milano del 2011 e del 2012;
– che il modello Ves è stato omologato per la commercializzazione in Europa nel 2012;
– che, inaspettatamente, alla fiera Eicma dell’ottobre 2013, a seguito di esposto-denuncia presentati da Piaggio & C. SPA, le società cinesi avevano subito il sequestro dei tre modelli; – che la Piaggio aveva agito azionando contro di loro il proprio marchio italiano tridimensionale n. 0001556520 “figura di scooter”, depositato il 7/8/2013 e registrato il 29/8/2013 per le classi 12 (scooter) e 28 (modellini di scooter), marchio rivendicante la priorità costituita dal marchio comunitario tridimensionale n. 011686482, depositato il 25/3/2013 e registrato il 16/1/2014 (dopo aver subito un rifiuto provvisorio per carenza di capacità distintiva, superato a seguito di osservazione e documentazione trasmesse dalla Piaggio, sulla base del secondary meaning).
Le società attrici, nel giudizio di primo grado, hanno sostenuto:
– che i loro modelli non costituiscono contraffazione del marchio tridimensionale Piaggio, tenuto conto:
– che da un raffronto rapido delle forme di scooter in questione non emerge una somiglianza;
– che la non confondibilità era emersa dalla perizia del consulente di proprietà industriale incaricato dalle attrici, ing. Luca Melley, che in due pareri ha evidenziato le differenze tra i modelli cinesi e il marchio Piaggio;
– che il consumatore di riferimento è comunque avveduto, poiché gli scooter sono prodotti di lunga durata, la cui scelta è fatta con particolare attenzione;
– che il settore di riferimento è particolarmente affollato di modelli di scooter con caratteristiche di forma analoghe a quelle dello scooter oggetto del marchio Piaggio, per cui anche variazioni di piccolo dettaglio acquistano rilievo e suscitano impressioni globali diverse nel consumatore;
– che la confondibilità è inoltre esclusa dal fatto che la funzione distintiva, in questo mercato, non è svolta solo dalla forma del motociclo, ma anche e soprattutto dal marchio denominativo/figurativo apposto sul prodotto.
Le società attrici hanno inoltre proposto domanda di accertamento della nullità del marchio tridimensionale registrato Piaggio,
A) per assenza di novità, a tale riguardo osservando:
– che il marchio registrato Piaggio è anticipato dai diritti anteriori costituiti dai modelli delle attrici;
– che anche il design comunitario di Piaggio, n. 001787078-0001, depositato il 29/11/2010, è successivo al design Revival del 13/7/2010;
B) per carenza di capacità distintiva, poiché si tratta di forma che presenta unicamente le caratteristiche basilari tipiche delle forme di scooter comunemente presenti nel settore.
Le attrici hanno, in particolare, a tale riguardo osservato:
– che tale carenza di distintività era stata rilevata anche dall’UAMI [Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato (UAMI/OAMI) ora Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO)] in sede di esame del marchio comunitario, che la Piaggio aveva replicato sostenendo che la forma dello scooter “Vespa”, oltre ad avere capacità distintiva intrinseca, aveva anche acquisito distintività attraverso il secondary meaning, grazie ad un uso protratto nel corso di quasi 70 anni;
– che Piaggio ha indicato tre caratteristiche ritenute distintive, a suo avviso rimaste costanti nel tempo:
a) la lettera X tra le bombature laterali e il sottosella;
b) la forma ad Ω rovesciata nel raccordo fra sella e pedana;
c) la “freccia” nello scudo frontale;
– che peraltro tali caratteristiche a) non sono specificamente rivendicate nel marchio Piaggio (che copre una forma complessiva e generica di scooter), b) non sono visibili, c) non appaiono comunque avere capacità distintiva; d) che la forma così individuata si è in ogni caso volgarizzata; e) che la forma di cui al “mito della Vespa” nulla ha a che fare con il marchio Piaggio attuale, essendosi modificata nel tempo.
C) ai sensi dell’art. 9 cpi “Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto”, perché:
– è registrata una forma standardizzata di scooter, con conseguente monopolio sulla forma naturale dello scooter;
– le caratteristiche della forma registrata sono necessarie da un punto di vista tecnico-funzionale;
– la stessa difesa avversaria sottolinea il gradiente estetico della forma dello scooter della Piaggio, con la conseguenza che si tratta di forma che dà un valore sostanziale al prodotto, cioè che da sola può influenzare la scelta d’acquisto del consumatore.
D) Le attrici hanno infine sostenuto che si tratti di registrazione in malafede perché richiesta anni dopo la registrazione dei su citati modelli delle società cinesi (questione non oggetto del presente giudizio di appello).
2. La convenuta Piaggio & C. SPA, costituitasi con comparsa del 17/9/2014, ha contestato le domande attoree, osservando:
A) che la forma della “Vespa”, sin dalla sua immissione sul mercato, è stata riconoscibile come segno distintivo indicatore della provenienza del prodotto, quale:
marchio tridimensionale di fatto tutelato dall’art. 2598 n. 1 c.c.
marchio non titolato ex art. 2.4 del cpi, e oggi marchio nazionale registrato e marchio comunitario;
B) che la Vespa costituisce anche opera del design industriale tutelata dal diritto d’autore ex art. 2.10 L.A.
– che nei decenni la Vespa ha subito diversi sviluppi, pur rimanendo sempre espressione della creazione originaria, che tale sviluppo si è tradotto in diversi modelli costituenti una elaborazione della creazione originaria, ex art. 4 e 18.2 LA;
– che tale opera ha indubbiamente carattere creativo e valore artistico, essendo diventata una vera e propria icona grazie al riconoscimento collettivo nel mercato e negli ambienti artistici;
– che va respinta la contestazione attorea di novità e di carenza di distintività, considerato che il diritto della Piaggio sulla forma distintiva della Vespa risale al 1945/1946;
– che vanno respinti i profili di cui all’art. 9 cpi;
– che va escluso che la forma della Vespa si sia volgarizzata, considerato che degli scooter di terzi, ai quali accennano le attrici, non è provata né la commercializzazione in Italia, né la somiglianza con la Vespa, e che alcuni sono successivi ai modelli della Vespa del 1990, 1996 ed LX del 2005;
– che vanno rimarcate le caratteristiche distintive sopra elencate (freccia, omega e X), oltre ad altri elementi visivamente ben apprezzabili nel loro complesso, che richiamano, tra l’altro, la forma anatomica di una vespa;
– che dette caratteristiche non sono riprese negli scooter attualmente sul mercato e che va inoltre tenuto conto della notorietà della forma della Vespa.
2.1. La convenuta, in via riconvenzionale, ha sostenuto che attraverso i tre su citati modelli di scooter delle attrici queste hanno commesso violazione del diritto d’autore e contraffazione di marchio, presentando tali modelli gli stessi elementi formali della Vespa e la sua idea caratterizzante, ed anche concorrenza sleale per confondibilità, appropriazione di pregi e scorrettezza nel praticare prezzi particolarmente ridotti.
2.2. La convenuta ha anche chiesto la condanna delle attrici al risarcimento dei danni.
3. Nelle successive difese le attrici hanno eccepito l’inammissibilità delle domande riconvenzionali della Piaggio aventi ad oggetto la forma di tutti i modelli Vespa dal 1945 ad oggi, trattandosi di domande indeterminate (riferite a forme della Vespa non specifiche) e inoltre fondate su titoli diversi da quello dedotto in giudizio (marchio tridimensionale Piaggio registrato, relativo ad una specifica forma di scooter).
La decisione appellata.
Con sentenza n. 1900/2017, pubblicata in data 6 aprile 2017, il Tribunale di Torino:
1. ha respinto l’eccezione delle attrici circa l’inammissibilità delle domande riconvenzionali della Piaggio, aventi ad oggetto accertamenti relativi alla “forma” dei modelli Vespa succedutisi dal 1945 ad oggi, osservando che:
a) vi è connessione tra il titolo delle domande attoree (accertamento dell’invalidità del marchio registrato Piaggio e accertamento negativo della contraffazione da parte delle società cinesi) e quello delle domande riconvenzionali della Piaggio (accertamento della contraffazione da parte delle attrici dei titoli di privativa – segni distintivi e diritto d’autore – della Piaggio, relativi alla “forma” della Vespa, compresa quella specificamente oggetto dei marchi registrati);
b) le domande riconvenzionali della convenuta non sono indeterminate, dal momento che il riferimento alla “forma” della Vespa non è generico, ma è ancorato dalla Piaggio a determinate caratteristiche essenziali che essa assume come distintive;
2. ha respinto la domanda di accertamento della nullità del marchio Piaggio [marchio italiano tridimensionale n. 0001556520 “figura di scooter”, depositato dalla Piaggio il 7/8/2013 e registrato il 29/8/2013] affermando, anche alla luce delle risultanze della disposta CTU, che:
2.1. il marchio possiede il requisito della novità, perché corrisponde ad un precedente modello Piaggio anteriore a quelli attorei, messo in commercio in Italia a partire dal 2005 e che, in particolare il marchio registrato Piaggio ‘520 del 2013 corrisponde nelle sue linee essenziali al modello Vespa LX del 2005; quindi, argomentando dall’art. 12 cpi, la diffusione anteriore del modello Vespa LX consente di retrodatare il marchio Piaggio al 2005 ravvisandosi una ipotesi di “uso anteriore notorio”, che emerge:
– dalle valutazioni dello stesso CTU, che afferma che la Vespa LX, poi trasfusa nel marchio registrato nel 2013, era già diffusa e notoriamente conosciuta prima del 2007;
– dal fatto che il modello Vespa LX (che significa Vespa ‘60) era stato introdotto per celebrare i 60 anni dall’introduzione nel mercato della Vespa (dal 1945) (come da docc. 15, 16 delle produzioni di parte convenuta);
– dai dati delle vendite (doc. 36 attoreo), che dimostrano gli altissimi volumi di diffusione del modello Vespa anche negli anni 2005 e seguenti (anche dello specifico modello Vespa LX);
– né la contestazione delle attrici circa l’attendibilità di tali dati sarebbe da ritenersi rilevante, considerato che si tratta di prospetti di ricavi verificati dalla società di consulenza PricewaterhouseCoopers spa, che la verifica a campione ha comunque sicuro valore probatorio (tenuto conto degli alti volumi di vendite) e che la diffusione in Italia dei modelli Piaggio non è mai stata specificamente contestata dalle attrici;
2.2. va riconosciuta anche la capacità distintiva del marchio di forma registrato Piaggio, come da valutazioni del CTU ing. Marietti, che ha individuato quattro caratteristiche principali e individualizzanti della forma della Vespa Piaggio, ricorrenti in tutte le produzioni dal 1945 ad oggi e comunque sicuramente nel modello Vespa LX:
– la forma a freccia dello scudo frontale: lo scudo frontale ha una parte inferiore inclinata rispetto alla parte superiore, in modo che il suo profilo laterale complessivo si presenti conformato come un segno a freccia approssimativamente simmetrica;
– la forma ad Ω rovesciata: il sottosella a sbalzo forma un segno ad arco di cerchio che raccorda la sella e la pedana;
– la forma ad X (che si lega alla bombatura della scocca a forma di goccia): la scocca presenta bombature a forma di goccia nella parte posteriore, che nel loro complesso rendono la parte posteriore della scocca somigliante all’addome di una vespa. E i due profili della parte anteriore della bombatura e del sottosella presentano un motivo complessivo caratterizzante avente curve a concavità opposte, che formano un segno simmetrico a forma di lettera X;
– la sagoma posteriore della scocca, e cioè le due guance sagomate “a goccia” allungata posteriormente che coprono, da sempre, sostanzialmente con le medesime caratteristiche, il motore dello scooter (cfr. rel. di CTU e sentenza appellata pagg. 12 e 13);
2.3. non è fondata la tesi della volgarizzazione, in quanto gli scooter “storici” indicati dalle attrici (doc. 20, 21 attorei) sono usciti dal mercato da decenni e non inficiano il carattere individualizzante della Vespa; il modello storico della Lambretta, (doc. 22 attoreo), oltre a differire dal marchio tridimensionale Piaggio (per esempio non presenta la parte posteriore a goccia – pag. 12 CTU), è uscito dal commercio nel 1971 (né l’uso da parte di ristrette cerchie di “amatori” può costituire limite alla distintività del modello Vespa), mentre la Lambretta Prato è stata introdotta in Italia dopo la comparsa sul mercato della Vespa LX (pag. 12 della CTU); gli altri scooter, più moderni, indicati dalle attrici (doc. da 21 a 25 attorei e documenti prodotti in sede di CTU) sono successivi al modello Vespa LX e perlopiù non presentano neppure contemporaneamente le citate caratteristiche distintive della Piaggio (come riferito anche dal CTU, che ha sottolineato che detti elementi distintivi caratterizzano attualmente in modo esclusivo i modelli Vespa, pag. 5 della CTU);
2.4. l’originalità e riconoscibilità del marchio Vespa derivano, inoltre, dall’estrema diffusione della Vespa sul mercato italiano degli scooter, del quale essa occupa la quota maggiore, e dai risultati dell’indagine demoscopica condotta nel luglio 2014 dalla Doxa su incarico della convenuta; tale indagine (doc. 36, 37 della Piaggio) deve ritenersi attendibile, dal momento che le domande agli intervistati (scelti secondo criteri obiettivi, e rappresentativi della popolazione italiana adulta di 15-70 anni distribuita sull’intero territorio italiano) risultano essere state poste con modalità e i termini obiettivi;
2.5. va infine ritenuto irrilevante anche l’accenno delle attrici alla produzione e commercializzazione del modello di scooter “Star” da parte della società indiana LML.;
3. ha escluso i profili di nullità allegati ai sensi dell’art. 9 cpi, affermando che:
3.1. la forma non è imposta “esclusivamente” dalla natura stessa del prodotto;
3.2. la forma non è necessaria per ottenere un risultato tecnico, né rileva che oltre 60 anni fa la forma della Vespa del ‘46 fosse stata oggetto di un modello di utilità, considerato il lunghissimo lasso di tempo trascorso dopo la cessazione di tale privativa ed il fatto che le caratteristiche essenziali dell’attuale marchio Piaggio registrato non siano necessarie per l’ottenimento di uno specifico risultato tecnico;
3.3. la motivazione dell’acquisto dello scooter avente la forma del marchio Piaggio registrato non dipende esclusivamente dalle specifiche caratteristiche estetiche del modello, ma, in misura di gran lunga maggiore, da condizioni tecniche ed economiche, più rilevanti per il consumatore che si accinge ad acquistare un prodotto costoso e di lunga durata;
4. ha respinto la contestazione attorea di registrazione in malafede;
5. ha ritenuto che – come da risultanze della CTU ecc. – che, dei tre modelli di scooter prodotti dalle attrici, Cityzen, Revival e Ves, solo il terzo costituisse contraffazione del marchio registrato Piaggio, osservando come sia molto simile alla forma Vespa, costituendone contraffazione, perché le limitatissime differenze sono poco percettibili e non escludono la confondibilità;
6. ha pertanto, in accoglimento della relativa domanda riconvenzionale proposta dalla Piaggio SPA:
– accertato la contraffazione del marchio registrato (italiano e comunitario) della Piaggio da parte del modello Ves prodotto dalle attrici.
– dichiarato che la produzione e commercializzazione in Italia di tale modello costituisce condotta di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., considerata la confondibilità del modello attoreo Ves con la forma della Vespa e rilevato che tale confondibilità è accresciuta dall’uso della denominazione “Ves”, chiaramente tendente ad agganciarsi alla denominazione dello scooter Vespa;
7. ha inoltre accolto la domanda riconvenzionale di Piaggio avente ad oggetto la violazione del diritto d’autore ad opera del modello “Ves” delle attrici, osservando:
che ai sensi dell’art. 2, punto 10, L.A., sono comprese nella protezione del diritto d’autore “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”;
che la forma della Vespa, caratterizzata dagli elementi sopra accertati, è senz’altro nata come oggetto di design industriale, tuttavia, nel corso dei decenni, ha acquisito un tale mole di riconoscimenti dall’ambiente artistico (e non meramente industriale), che ne ha celebrato grandemente le qualità creative e artistiche, da diventare un’icona simbolo del costume e del design artistico italiano;
che i plurimi ed eccezionali riconoscimenti da parte di numerosi ed importanti istituzioni culturali, che annoverano la Vespa tra le espressioni più rilevanti del design, confermano il suo carattere creativo ed il valore artistico;
che il carattere creativo ed il carattere artistico di un’opera di design vengono evidenziati e debbono essere valutati alla stregua del riconoscimento collettivo di mercato e degli ambienti artistici, considerando il successo di critica, il conferimento di premi, la presenza nei musei, la partecipazione a mostre, la diffusione di pubblicazioni sulle riviste;
che non appare condivisibile l’osservazione, formulata dalle attrici, secondo la quale l’opera d’arte dovrebbe essere tale fin dall’inizio ed essere creata proprio con l’intento di fare un’opera d’arte;
che un’opera di design industriale può nascere come mera forma tecnica esteriore di un mezzo industriale ed acquisire successivamente, attraverso il riconoscimento collettivo da parte del mercato e degli ambienti artistici, un valore artistico che supera la sua originaria valenza meramente tecnica e funzionale;
8. ha quindi respinto le altre domande, cosi disponendo:
“Definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti;
ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa o respinta;
Respinge la domanda delle attrici Zhejiang Zhongneng Industry Group e Taizhou Zhongneng Import And Export Co di accertamento della nullità del marchio italiano tridimensionale No. 0001556520 di titolarità di Piaggio & C. S.p.a.;
Accerta che la produzione e commercializzazione da parte delle attrici degli scooter modello CITYZEN e REVIVAL non costituisce una contraffazione del marchio italiano tridimensionale No. 0001556520 e del marchio comunitario tridimensionale No. 011686482 di cui la convenuta Piaggio & C. spa è titolare, né una violazione del diritto d’autore, né un atto di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c.;
Respinge le altre domande delle parti attrici;
Dichiara che la produzione e commercializzazione in Italia degli scooter delle attrici denominati VES costituiscono contraffazione del marchio italiano tridimensionale No. 0001556520 e del marchio comunitario tridimensionale No. 011686482 di cui la convenuta Piaggio & C. spa è titolare;
Dichiara che la produzione e commercializzazione in Italia degli scooter delle attrici denominati VES costituiscono violazione del diritto d’autore di cui la convenuta Piaggio è titolare;
Dichiara che la produzione e commercializzazione in Italia degli scooter delle attrici denominati VES costituiscono concorrenza sleale ex art. 2598 c.c.;
Inibisce alle attrici Znen l’offerta in vendita, la pubblicizzazione, la commercializzazione in Italia e, in generale, qualsiasi utilizzazione economica dei modelli “Ves”;
Ordina la distruzione e/o rimozione e/o il definitivo ritiro dal commercio di tutti gli esemplari di scooter “Ves”, prodotti e commercializzati in Italia dalle attrici;
Fissa una penale di Euro 1.000 a carico delle attrici per ogni violazione e/o inosservanza constatata successivamente al deposito di questa sentenza e per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti contenuti nella stessa;
Ordina la pubblicazione di un estratto della presente sentenza per una volta sul quotidiano “Corriere della Sera” di Milano e sul periodico “Motociclismo”, a cura della convenuta ed a spese delle attrici;
Respinge le altre domande della parte convenuta;
Dichiara compensate le spese processuali tra le parti nella misura di un terzo;
Condanna le attrici, in solido tra loro, a rimborsare alla convenuta i restanti due terzi delle spese processuali, due terzi che liquida in €. 15.000 (€. 3.000 per fase studio, €. 3.000 fase introduttiva, €. 5.000 fase istruttoria, €. 4.000 fase decisionale), oltre spese generali 15%, Iva e Cpa;
Pone definitivamente a carico delle parti (per due terzi a carico delle attrici e per un terzo a carico della convenuta) le spese di CTU, così come liquidate con provvedimento del G.I. in atti.”
Il giudizio di appello.
1. Hanno proposto tempestivo e rituale appello le società Zhejiang Zhongneng Industry Group e Taizhou Zhongneng Import And Export Co., formulando nove motivi di impugnazione in forza dei quali chiedono la parziale riforma della predetta sentenza, nei termini indicati nelle precisate conclusioni. In sintesi le appellanti, pur condividendo la decisione emessa dal Tribunale in relazione alla non violazione dei diritti di Piaggio da parte degli scooter Cityzen e Revival, ritengono invece che il Tribunale abbia commesso gravi errori, sia in fatto sia in diritto, nel valutare la validità ed ampiezza di tutela dei diritti di esclusiva azionati da Piaggio, in particolare nel ritenere proteggibile una forma idealmente risultante per astrazione dall’insieme di ciascuno dei diversi modelli di Vespa prodotti da Piaggio sin dal 1945/46, nonché nel ritenere il modello di scooter VES una violazione di tali diritti.
2. Si è costituita nel presente giudizio di appello Piaggio SPA, eccependo l’inammissibilità ex art. 342 e 348 bis dell’appello e chiedendone comunque il rigetto per infondatezza dei motivi.
Entrambe le parti hanno proposto istanze istruttorie: le appellanti hanno chiesto la rinnovazione della CTU esperita in primo grado e l’ammissione di prove orali, solo nel caso di accoglimento delle avversarie deduzioni di prova testimoniale; parte appellata ha chiesto a sua volta l’ammissione di prove testimoniali, solo se ritenuto necessario ad integrazione della prova documentale già versata in atti.
3. Va rilevato che, con la comparsa costitutiva in appello, Piaggio SPA ha prodotto i documenti rubricati sub. 41 e 42, indicati rispettivamente “foto esposizione al Design Museum di Londra” e “estratto catalogo “1946 – When the Italian industrial miracle began”: le appellanti – in sede di precisazione delle conclusioni definitive – hanno eccepito la novità della produzione ex art. 345 c.p.c.
All’udienza di comparizione delle parti in data 24.1.2018, le appellanti hanno chiesto di essere autorizzate a produrre un documento, indicato come “Catalogo edito nel novembre 2017 esposto e distribuito alla Fiera Eicma 2017 di Milano”. La società appellata ha contestato la novità della produzione, acconsentita dalla Corte con riserva di valutazione della sua ammissibilità e rilevanza.
4. Alla successiva udienza delli 8.6.2018, le appellanti hanno prodotto copia della Decisione della Terza Commissione di Ricorso dell’EUIPO, la cui rilevanza nel presente giudizio è stata oggetto di contestazione di parte appellata, oltre ad altri provvedimenti giurisprudenziali: la produzione è stata autorizzata dalla Corte.
In esito, le parti hanno precisato le conclusioni definitive come in epigrafe riportate: le appellanti hanno inoltre proposto istanza ex art. 352, co. 2 c.p.c., la discussione orale.
La Corte ha assunto la causa a decisione, assegnando i termini ordinari per il deposito degli scritti conclusivi.
5. Con memoria in data 13.6.2018, la difesa di Piaggio SPA ha depositato ulteriore documento n. 43, indicato come “copia del ricorso depositato da Piaggio dinnanzi al Tribunale dell’Unione europea, e correlate comunicazioni del Tribunale attestanti l’avvenuta notifica del ricorso alle controparti e assegnazione ai Giudici della competente sezione”.
6. Rinnovata ritualmente da parte appellante la relativa richiesta, la Corte ha quindi fissato l’udienza delli 24 ottobre 2018 per la discussione orale della causa.
All’esito della predetta udienza, esaurita la discussione, ha trattenuto la causa per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Al fine di una prima delimitazione dell’oggetto del presente giudizio di appello, si osserva che non sono state oggetto di appello incidentale le statuizioni del Tribunale di Torino che hanno respinto le domande riconvenzionali proposte da Piaggio SPA con riguardo ai modelli di scooter “Citizen” e “Revival”: dette statuizioni sono pertanto coperte da giudicato interno, né le parti hanno argomentato diversamente a tale riguardo.
2. Devono quindi – preliminarmente – essere esaminate le eccezioni di inammissibilità dell’appello proposte da Piaggio SPA.
L’eccezione proposta ex art. 348 bis c.p.c. risulta implicitamente respinta dalla Corte, che ha dato corso al giudizio senza provvedere in merito all’istanza.
Per quanto attiene al secondo profilo di inammissibilità sollevato, si osserva che il vigente testo normativo di cui all’art. 342 c.p.c. non richiede comunque che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata; sia pure con un grado di specificità ben più accentuato rispetto al passato, impone la norma novellata un ben preciso ed articolato onere processuale, compendiabile nella necessità che l’atto di gravame, per sottrarsi alla sanzione di inammissibilità ora specificamente prevista, offra una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice (cfr. Cassazione civile sez. VI, 22/02/2017 n. 4541).
In applicazione dei richiamati principi, non può accogliersi la proposta eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c., essendo stati articolati da parte appellante specifici motivi di appello, con i quali vengono censurate le statuizioni su cui si fonda la sentenza impugnata e sono indicate le ragioni delle censure e le soluzioni alternative oggetto della richiesta di riforma.
3. Con riguardo alle istanze istruttorie dedotte con gli atti introduttivi del giudizio di appello, la Corte ritiene non necessario un approfondimento di indagine tecnica, risultando la relazione del Consulente officiato in primo grado completa e coerentemente motivata, e quindi pienamente idonea a fornire gli elementi utili per la decisione, come più in dettaglio si vedrà nel corso dell’esame degli specifici motivi di appello.
Per quanto attiene inoltre alle deduzioni di prova testimoniale riproposte da parte appellata ex art. 346 c.p.c. (e la relativa prova contraria) aventi ad oggetto le modalità di effettuazione della indagine demoscopica – non ammesse dal primo Collegio – e i cui risultati sono oggetto di contestazione da parte delle società appellanti, si rileva che le circostanze dedotte e contestate non risultano rilevanti ai fini della decisione: va ribadito il giudizio di non ammissibilità.
Infine, in relazione ai documenti prodotti dalle parti con l’atto di appello e nel corso del giudizio, si osserva che la vigente formulazione dell’art. 345, comma 3, c.p.c., applicabile al presente giudizio, pone il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello, senza che assuma rilevanza neppure l’”indispensabilità” degli stessi, e ferma per la parte soltanto la possibilità di dimostrare di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile” (cfr. Cass. Sez. 3, 9/11/2017, n. 26522).
Tutti i documenti prodotti, sia da parte appellata con la comparsa costitutiva (sub. doc. 41 – “foto esposizione al Design Museum di Londra” e sub doc. 42 – “estratto catalogo “1946 – When the Italian industrial miracle began”) e nel corso del giudizio di appello (doc. 43 – copia del ricorso depositato da Piaggio dinnanzi al Tribunale dell’Unione europea), sia da parte appellante nel corso del giudizio di appello (“Catalogo edito nel novembre 2017 esposto e distribuito alla Fiera Eicma 2017 di Milano” e copia della Decisione della Terza Commissione di Ricorso dell’EUIPO) sono relativi a fatti (per l’appunto l’inaugurazione del Museo, la pubblicazione del Catalogo Eicma 2017 e la Decisione della Terza Commissione di Ricorso dell’EUIPO) successivi alla consumazione delle decadenze istruttorie di primo grado.
La mancata produzione in primo grado è pertanto dipesa da causa non imputabile alle parti, nel senso di “ragioni ascrivibili a circostanze estranee alla sfera di controllo dell’interessato” (Così Cass. civ. sez. III, 15/06/2018, n.15762).
Peraltro, la produzione è da ritenersi tempestiva esclusivamente riguardo ai documenti prodotti, unitamente alla costituzione da Piaggio SPA, mentre la produzione effettuata da ZNEN all’udienza del 24.1.2018 (pubblicazione del Catalogo Eicma 2017) deve ritenersi tardiva, né parte appellante ha espressamente motivato in tale sede le ragioni di una eventuale rimessione nei termini – si anticipa sin d’ora, peraltro, la valutazione di non rilevanza del documento in funzione dello specifico motivo di appello; infine, nulla osta all’ingresso nel giudizio delle ulteriori produzioni, afferenti a decisioni di organi giurisdizionali ovvero ad atti del giudizio intesi a dimostrarne la non definitività.
4. Con il primo motivo di appello, proposto in via preliminare, si lamenta che il Tribunale di Torino abbia errato nel ritenere ammissibili le domande riconvenzionali proposte da Piaggio SPA, con cui la società convenuta in primo grado ha chiesto di accertare e dichiarare che la forma (ideale e astratta) di Vespa, comprensiva di tutte le forme di scooter a marchio denominativo Vespa succedutisi dal ‘45 ad oggi, costituisce un’opera del disegno industriale tutelata dal diritto d’autore in quanto dotata di valore artistico, nonché che tale forma “ideale ed astratta” di Vespa, costituisce altresì un marchio di fatto idoneo a contraddistinguere gli scooter da questa commercializzati. La convenuta, odierna appellata, ha chiesto, conseguentemente, di accertare la violazione da parte di ZNEN (oltre che del Marchio) di tutti i suddetti ulteriori diritti di privativa.
La difesa di parte appellante (e attrice in primo grado) ha eccepito la nullità ed inammissibilità di tali domande per:
a) violazione dell’art. 36 c.p.c., che vieta l’estensione del thema decidendum a titoli distinti da quelli dedotti in giudizio dall’attrice e
b) violazione dell’art. 167, c. 2, c.p.c., per omessa o insufficiente indicazione dell’oggetto o del titolo.
4.1. In relazione al primo profilo di censura (sub a), deducono le appellanti, riproponendo le difese in primo grado respinte, che le domande riconvenzionali formulate da Piaggio si fonderebbero su titoli (quali il diritto d’autore su una pluralità di forme corrispondenti a scooter messi in circolazione in tempi diversi e con nomi differenti, e i marchi di fatto/non titolati in relazione alla forma di tutti i modelli di Vespa dal ‘45 ad oggi) ben distinti ed in alcun modo dipendenti dal titolo dedotto in giudizio dall’attrice (ossia un Marchio tridimensionale registrato relativo ad una ben specifica forma di scooter). Osservano che non solo il diritto d’autore e i marchi registrati sono contemplati e disciplinati da fonti legislative completamente diverse (e da Convenzioni internazionali o direttive che nulla hanno in comune), ma soprattutto sono antitetiche e diversissime le funzioni affidate dall’ordinamento ai due istituti.
Non vi sarebbe dunque, per parte appellante, alcun collegamento tra i titoli dedotti dalle parti, e il fatto che lo specifico modello di scooter oggetto del Marchio, sia “compreso” (come sostiene il Tribunale) tra i moltissimi altri modelli di Vespa, non potrebbe giustificare un ampliamento del thema decidendum a tutta una serie (non meglio individuata) di diversi modelli di Vespa dal 1945 ad oggi. Una siffatta estensione non sarebbe giustificabile neppure adottando l’interpretazione estensiva dell’art. 36 c.p.c. in forza della quale il giudice competente per la causa principale può conoscere anche delle domande riconvenzionali che dipendono da un titolo diverso da quello dedotto in giudizio dall’attore, purché tra le opposte pretese esista un collegamento oggettivo che rende opportuno trattare tutte le domande nello stesso giudizio. Infatti, non sussisterebbe alcun collegamento oggettivo tra la domanda formulata dalle attrici e la domanda riconvenzionale di Piaggio: errato sarebbe il ragionamento dei giudici di prime cure là dove vorrebbe individuare un presunto “collegamento oggettivo” nel fatto che le domande di Piaggio avrebbero ad oggetto la “forma” della Vespa, intesa come una forma (ideale e astratta) che copre tutti i singoli modelli di scooter, “compresa quella specificamente oggetto dei marchi registrati” di Piaggio oggetto delle domande di ZNEN.
Non esisterebbe, osserva parte appellante, un’unica forma di Vespa, protetta in quanto tale sia ai sensi del diritto d’autore come opera del design industriale, sia come marchio di fatto, ma esistono singoli modelli di scooter Vespa che si sono susseguiti negli anni ed in relazione a ciascuno dei quali Piaggio avrebbe dovuto dimostrare i presupposti di sussistenza del diritto d’autore. Non sussisterebbe di conseguenza alcuna pretesa “ragionevolezza” di un simultaneus processus che comporterebbe anzi l’allargamento del thema decidendum ad un numero imprecisato ed indeterminato di scooter e dunque di (presunti) diritti di privativa sulle relative forme.
Parte appellata ha controdedotto che l’eccezione sarebbe del tutto pretestuosa, a maggior ragione nel presente giudizio di appello, e dovrebbe essere respinta.
A sostegno della propria tesi, accolta dalla sentenza appellata, ha richiamato la costante giurisprudenza della S.C., per cui “la relazione fra domanda principale e domanda riconvenzionale, ai fini dell’ammissibilità di quest’ultima, non va intesa in senso restrittivo, nel senso cioè che entrambe debbono dipendere da un unico ed identico titolo, essendo sufficiente che fra le contrapposte pretese sia ravvisabile un collegamento obiettivo, tale da rendere consigliabile ed opportuna la celebrazione del simultaneus processus” (cfr. Cass. 4 novembre 2013; n. 24684; Cass. 20 dicembre 2011, n. 27564; Cass. 5 giugno 2009, n. 12985; Cass. 14 febbraio 2000, n. 1617).
La censura è infondata: le domande riconvenzionali sono, con riguardo alla loro prospettazione, sicuramente ammissibili, in quanto la domanda proposta dalle attrici (ora appellanti) riguarda la pretesa nullità del marchio tridimensionale costituito dalla forma della “Vespa”, marchio di cui Piaggio è titolare, e l’accertamento negativo della sua contraffazione da parte degli scooter di Znen.
Le domande riconvenzionali di Piaggio (di diritto d’autore e accertamento di marchio di fatto) hanno pertanto ad oggetto la forma della “Vespa” e la sua riproduzione da parte degli scooter di Znen, con le conseguenti domande di inibitoria e di risarcimento del danno.
L’eccezione di inammissibilità sollevata attiene in realtà non alla prospettazione (che evidenzia elementi di connessione indubitabili) bensì al merito (ed alla asserita infondatezza) della domanda riconvenzionale, ed in particolare sulla ricostruzione in fatto e diritto su cui la stessa si fonda da esaminare, per l’appunto, con riguardo alle specifiche censure di merito formulate mediante i relativi motivi di appello.
Sussiste, dunque, tra la domanda principale e la riconvenzionale quel collegamento oggettivo che giustifica l’esercizio, da parte del giudice, della discrezionalità che può autorizzare il simultaneus processus, secondo il richiamato insegnamento della Corte di cassazione.
4.2. Analoghe argomentazioni vengono spese con riguardo all’eccezione (sub b) di inammissibilità delle domande riconvenzionali di Piaggio per violazione dell’art. 167, c. 2, c.p.c., per omessa o insufficiente indicazione dell’oggetto o del titolo: osserva ZNEN che sarebbe evidente l’errore in cui è incorso il Tribunale, in quanto la “forma della Vespa” non sarebbe costituita né potrebbe identificarsi con tre (o quattro) singole caratteristiche estrapolate ed isolate arbitrariamente dal contesto, ma si tratterebbe di scooter complessi, definiti da un insieme di linee, di forme, di caratteristiche combinate tra loro. Le tre/quattro singole caratteristiche della forma isolate dal contesto (differente per ogni scooter) non costituirebbero un’opera del design protetta dal diritto d’autore, né potrebbero permettere di conferire tale diritto di esclusiva a forme complesse per il resto differenti. Allo stesso modo le tre/quattro singole caratteristiche non potrebbero definirsi come un unico (ancora una volta astratto) marchio di fatto tridimensionale, considerato che il consumatore, di fronte ad una forma complessa di scooter, di certo non presta attenzione alla singola linea a freccia, piuttosto che a X, ma all’insieme delle linee e caratteristiche che definiscono ciascun modello di scooter.
Le argomentazioni, oggetto di specifica contestazione da parte della società appellata, non pongono questioni rilevanti in termini di indeterminatezza: come osservato dal primo giudice, le domande riconvenzionali della convenuta non sono indeterminate, dal momento che il riferimento alla “forma” della Vespa non è generico, ma è ancorato dalla Piaggio a determinate caratteristiche essenziali che essa assume come distintive.
La censura di parte appellante attiene in effetti al merito (e alla fondatezza) delle domande riconvenzionali, il cui oggetto deve ritenersi compiutamente descritto e determinato da parte della convenuta.
Il motivo di appello è per quanto esposto, infondato.
5. Il secondo e terzo motivo di appello, con cui si lamenta l’erronea valutazione della validità del Marchio Piaggio con riguardo ai requisiti rispettivamente della novità e distintività, prendono le mosse da un comune riferimento critico alla ricostruzione prospettata da Piaggio e accolta dal primo giudice, che ha rilevato una continuità tra il marchio Piaggio ‘520 del 2013 (marchio italiano tridimensionale n. 0001556520 “figura di scooter”, depositato il 7/8/2013 e registrato il 29/8/2013 per le classi 12 – scooter e 28 – modellini di scooter), marchio rivendicante la priorità costituita dal marchio comunitario tridimensionale n. 011686482, depositato il 25/3/2013 e registrato il 16/1/2014) ed il marchio tridimensionale di fatto invocato dalla società appellata Piaggio. Tale ricostruzione da un lato comporta la collocazione temporale del Marchio in periodo anteriore al deposito del Design Comunitario del Revival (2010), all’affermato uso del marchio di fatto della forma del Cityzen (2008), nonché alla omologazione del “VES” di ZNEN per la commercializzazione in Europa (2012), dall’altro rileva ai fini della individuazione di uno dei due elementi di raffronto per la valutazione in termini di confondibilità.
6. Con il secondo motivo di appello, in particolare, si sostiene l’erroneità del giudizio espresso nella gravata sentenza circa la novità del marchio Piaggio, in relazione agli artt. 12.1 a), 14.1 c) e 21.2 cpi.
Le odierne appellanti, pur contestando che vi sia confondibilità tra le forme dei propri scooter e la forma protetta dal Marchio Piaggio, hanno evidenziato che, qualora la propria tesi non fosse condivisa e le forme dovessero invece essere ritenute confondibili, non di meno la contraffazione dovrebbe essere esclusa innanzitutto in quanto:
– il Marchio italiano di Piaggio, depositato in data 25 marzo 2013, coincide ed è anticipato dal Design Comunitario di ZNEN sul Revival No. 001783655-0002 (doc. 5 di primo grado di parte appellante), rivendicante la priorità del 13 luglio 2010 ed è dunque nullo ai sensi degli artt. 14.1.c. e 21.2 cpi;
– il Marchio Piaggio, se ritenuto confondibile con gli scooter ZNEN, deve essere ritenuto nullo anche ai sensi dell’art.12.1.a. cpi, in quanto la forma dello scooter Cityzen, oggetto anche del Design Comunitario di ZNEN, costituisce, a seguito dell’uso che ne è stato fatto a partire dal 2008 (docc. da 38 a 42), un marchio di forma di fatto anteriore al Marchio, e che tale uso è stato oggetto di una massiccia campagna pubblicitaria, che si è avvalsa anche dell’immagine di una celebrità nazionale quale Valeria Marin, essendo difficile, pertanto, sostenere che lo scooter Cityzen, allora pubblicizzato come “Lambretta Pato” su licenza del legittimo titolare del marchio “Lambretta” non sia stato conosciuto dal pubblico italiano;
– anche il modello VES, infine, risale al 2012 ed è dunque anteriore al marchio Piaggio (cfr. doc. 7).
Lamentano le società appellanti che il Tribunale di Torino avrebbe errato nel respingere tale contestazione, sulla base della constatazione che il marchio registrato Piaggio ‘520 del 2013 corrisponderebbe nelle sue linee essenziali al modello Vespa LX, anteriore a quelli attorei, perché messo in commercio in Italia a partire dal 2005, in quanto:
a) la forma dello scooter LX è molto più complessa e dettagliata della forma schematica, essenziale, del Marchio, tanto che l’attenzione del consumatore sarà necessariamente attratta da diversi elementi caratterizzanti non presenti nel marchio, tra cui, ad esempio, i segni denominativi “Vespa” e “Piaggio”; evidente sarebbe, pertanto, l’errore in cui sono incorsi i giudici di prime cure nel retrodatare il Marchio alla data di introduzione nel mercato del modello di Vespa LX;
b) non vi sarebbe alcuna prova agli atti che la forma dello scooter Vespa LX – su cui sono apposti i marchi denominativi Piaggio e Vespa (che, come visto, costituiscono il vero e proprio marchio distintivo del prodotto) – abbia conseguito esclusivamente in relazione alla sua forma, sin dal 2005 (e comunque prima dell’introduzione degli scooter ZNEN) una notorietà qualificata, tale da rendere tale forma specifica di scooter un marchio di forma di fatto in sé e per sé (ossia senza l’aggiunta dei marchi denominativi Piaggio e Vespa) dotato di capacità distintiva.
c) errati sarebbero gli elementi su cui si fonda la differente valutazione espressa dal Tribunale di Torino, nel ritenere che, nella fattispecie, l’uso notorio del modello Vespa LX sin dal 2005 sia emerso in modo incontestabile: “- dalle valutazioni dello stesso CTU, che afferma che la Vespa LX, poi trasfusa nel marchio registrato nel 2013, era già diffusa e notoriamente conosciuta prima del 2007; -dal fatto che il modello Vespa LX (che significa Vespa’60) era stato introdotto per celebrare i 60 anni dall’introduzione ne mercato della Vespa (dal 1945) – si vedano i doc. 15, 16, circa la notorietà dei modelli Vespa a 60 anni dall’origine-; -dai dati delle vendite (doc. 36), che dimostrano gli altissimi volumi di diffusione del modello Vespa anche negli anni 2005 e seguenti (anche dello specifico modello Vespa LX); né la contestazione delle attrici circa l’attendibilità dei dati di cui al doc. 36 della convenuta sono rilevanti, considerato che si tratta di prospetti di ricavi verificati dalla società di consulenza PricewaterhouseCoopers spa, che la verifica a campione ha comunque sicuro valore probatorio (tenuto conto degli alti volumi di vendite) e che la diffusione in Italia dei modelli Piaggio non è mai stata specificamente contestata dalle attrici.” (cosi la sentenza appellata a pag. 12).
Osserva parte appellante che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, le valutazioni espresse dal CTU non rivestirebbero dignità probatoria autonoma, gli elementi offerti da Piaggio (i volumi celebrativi prodotti sub. doc. 15 e 16 e il documento riportante i dati delle vendite) non sarebbero idonei a dimostrare la diffusione e notorietà in Italia del modello Vespa LX, ed ancora la verifica di tali dati effettuata da PricewaterhouseCoopers SPA non avrebbe riguardato un campione sufficiente.
Piaggio SPA ha contestato la fondatezza delle censure sollevate facendo precedere le proprie osservazioni da una ricostruzione storica – già oggetto di diffusa esposizione nelle difese del primo grado – della quasi leggendaria vicenda della “nascita della Vespa”, a partire dalla ideazione del rivoluzionario scooter da parte di Corradino d’Ascanio nel 1945 e dalla prima presentazione pubblica nel 1946.
Ha in particolare affermato che la Vespa ha mantenuto inalterate le proprie caratteristiche estetiche essenziali dal 1945/46 sino ad oggi e ciò ha reso possibile che essa venisse annoverata fra le realizzazioni di maggior successo della industria italiana. Ha richiamato, a titolo esemplificativo, la recente pubblicazione del Ministero dello Sviluppo Economico (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) che presenta “la Vespa Piaggio diventata nel corso degli anni uno dei veicoli di maggior successo e uno dei simboli del design italiano” (doc. 34 di Piaggio, fasc. primo grado).
Da quanto esposto ha tratto la conclusione che Piaggio sarebbe titolare di diritti esclusivi sulla forma della Vespa, tanto con riferimento al modello originario risalente al 1945/1946, quanto con riferimento alle successive elaborazioni, che hanno comunque mantenuto inalterato il “cuore distintivo” e le caratteristiche essenziali della suddetta forma.
Con riguardo alla continuità tra il modello della “Vespa” delle origini e i modelli successivi, ed in particolare quelli oggetto della presente controversia, ha rilevato che nel 2005 la gamma si è arricchita di due nuovi prodotti: Vespa LX (50, 125 e 150) e Vespa GTS 250 che – afferma la società appellata – come tutti i modelli precedenti, presenterebbe quelle caratteristiche stilistiche e creative, nonché i tratti distintivi che nel tempo sono sempre rimasti costanti.
Ha quindi, più analiticamente, obiettato Piaggio SPA che:
– non vi è in atti alcuna prova un effettivo uso da data anteriore da parte delle appellanti, e comunque si tratterebbe in ogni caso di un evidente equivoco, poiché il diritto di Piaggio sulla forma distintiva della Vespa risale al 1945/1946, che sono gli anni della sua creazione, realizzazione e diffusione sul mercato; inoltre Piaggio ha registrato la forma della Vespa come marchio tridimensionale in Italia ed in Europa e tali registrazioni sono state concesse in virtù del protratto uso nel tempo di, e della capacità distintiva acquisita da, tale forma, straordinariamente nota;
– anche se ci si dovesse riferire alle caratteristiche dei successivi modelli della Vespa – sebbene ciò non sarebbe corretto, in quanto le caratteristiche distintive essenziali della forma sono rimaste sempre costanti nel tempo si dovrebbero comunque prendere in considerazione i modelli del 1990 (mod. ET2), del 1996 (mod. ET4) o quello di poco differente del 2005 (mod. LX), tutti anteriori alla realizzazione degli scooter cinesi di cui è causa;
– il Tribunale non si è limitato a porre a fondamento della propria decisione sulla validità (ed evidente anteriorità) del marchio Piaggio le sole risultanze della consulenza tecnica, bensì un insieme di fattori specificamente documentati dalla convenuta Piaggio;
– dalle indagini di mercato condotte da Doxa S.r.l. sarebbe emerso come la quasi totalità dei consumatori italiani di scooter riconosca inconfondibilmente la forma della Vespa (senza alcun margine di confusione con altri prodotti del brand Piaggio, come sostenuto dalla difesa di ZNEN). In conclusione, ha osservato Piaggio, la forma della Vespa sarebbe distintiva sin dal 1946: la tutela della funzione distintiva della forma del prodotto sarebbe stata prima assicurata dalla fattispecie dell’imitazione servile, ex art. 2598 n. 1 c.c., più recentemente la forma distintiva non registrata sarebbe stata tutelata come marchio “non titolato”, ex art. 2.4 c.p.i.; infine, a completamento della protezione sopra ricordata, Piaggio avrebbe quindi depositato il marchio nazionale tridimensionale n. 1556520, registrato in data 29 agosto 2013, ed il marchio comunitario tridimensionale n. 11686482, concesso in data 16 gennaio 2014; sia il deposito italiano, sia il deposito comunitario sarebbero avvenuti rivendicando l’uso ed il radicamento della capacità distintiva della forma oggetto della domanda di marchio.
Come anticipato, la questione della novità del Marchio registrato Piaggio si intreccia con quella della sua distintività, in quanto dipende dall’accertamento, oltre che della sua corrispondenza al preesistente marchio tridimensionale di fatto, e dunque, trattandosi di un marchio di forma, di una capacità distintiva, anche sotto il profilo della notorietà – già acquisita da quest’ultimo a seguito dell’uso, ex art. 12 cpi.
La tesi di Piaggio SPA, già accolta dall’appellata sentenza del Tribunale di Torino, appare condivisibile alla luce delle risultanze in atti, con le precisazioni che si evidenzieranno nel prosieguo, dovendosi ritenere infondate le contestazioni di nullità del Marchio Piaggio sollevate dalle appellanti.
Ora, in merito alla ricostruzione storica, non pare vi possano essere dubbi di sorta che essa appartenga all’ambito del notorio (e comunque a tale proposito si richiamano, oltre alla pubblicazione già citata, le altre produzioni di primo grado di parte appellata: documenti, pubblicazioni, articoli di stampa italiana e internazionale, report su esposizioni museali e mostre, e – a titolo riassuntivo il libro “Vespa, un’avventura italiana nel mondo, editrice Giunti, 2005 – prodotto sub doc. 15 e il libro “Vespa: 60 anni di comunicazione”, Editrice Compositori, Bologna, 2006 – prodotto sub doc. n. 16, contenente una rassegna di immagini e fotografie della Vespa dal 1946 sino al 2005).
Tanto ritenuto, preliminare ad ogni altra considerazione è la verifica della natura distintiva della forma della Vespa “1946” e dell’individuabilità di tale forma anche nei successivi modelli di Piaggio – in particolare in quello, anteriore ai modelli “incriminati” di ZNEN – ossia il modello Vespa LX del 2005, e quello di cui al Marchio registrato ‘520 del 2013, che la sentenza di primo grado ha ritenuto corrispondere nelle loro linee essenziali.
Tanto consente di fugare il rischio, denunciato anche da parte appellante, di genericità insito nella ricerca di una forma “platonica” della Vespa “in sé”, nonché al contempo di riscontrare le allegazioni difensive di Piaggio, da ultimo richiamate (quale ipotesi di subordine) nella comparsa costitutiva di appello. Così ha anche osservato il CTU, evidenziando che “Ai fini della valutazione della novità del marchio Piaggio (…) è dunque irrilevante valutare l’acquisizione o meno di un secondary meaning sulla forma della Vespa o su sue particolari caratteristiche, risultate ricorrenti, sin dalle origini, in tutti i modelli di Vespa: la Vespa LX poi trasfusa nel marchio registrato nel 2013, infatti, era già diffusa e notoriamente conosciuta prima del 2007”.
A tale riguardo, una lettura approfondita della relazione peritale di primo grado, unitamente all’esame della documentazione iconografica a corredo della stessa, consente di pervenire, al di là delle estrapolazioni operate da parte appellante, ad una valutazione di effettiva corrispondenza della forma di cui al marchio registrato in contestazione a quella dei modelli anteriori di Vespa presi in considerazione.
Tale corrispondenza, si evidenzia, non va ricondotta atomisticamente ai quattro elementi salienti evidenziati dal Consulente, ma alla loro combinazione, come emerge ictu oculi dalle svariate riproduzioni fotografiche e dai disegni tecnici in atti.
La accurata analisi operata dal CTU pertanto, deve essere letta come un riscontro oggettivo di quella valutazione estetica che, altrimenti, potrebbe essere relegata ad un mero effetto suggestivo: al contrario, esclude tale eventualità la presenza in tutti i modelli considerati delle quattro peculiarità rilevate nella sentenza appellata (cfr. pagg. 12 ss.) e già compiutamente analiticamente descritte: la forma a freccia dello scudo frontale; la forma ad ^ rovesciata; la forma ad X; la sagoma posteriore della scocca “a goccia”.
Nel contempo, la valutazione unitaria di tali specifiche e compresenti caratteristiche da un lato esclude di incorrere nell’errore, denunciato da parte appellante di valutare solo i singoli elementi in sé, e àncora a riferimenti oggettivi la valutazione di comparazione tra le diverse forme.
Con riguardo alle ulteriori critiche formulate con il motivo di appello in esame, deve osservarsi come il Tribunale di Torino non si sia limitato a porre a fondamento della propria decisione le sole risultanze della consulenza tecnica, bensì un insieme di fattori.
Nel riconoscere come la forma dello scooter Vespa LX abbia conseguito – in relazione alla sola forma una notorietà qualificata, il primo Collegio ha infatti valorizzato le produzioni di Piaggio costituite da volumi celebrativi (docc. 15 e 16), nonché i dati delle vendite di cui al doc. n. 36 prodotto da Piaggio.
Nei confronti di tali riscontri, le contestazioni di ZNEN risultano ripetitive rispetto alle censure già non accolte in primo grado, o comunque non fondate o scarsamente pertinenti.
È pur vero che i volumi celebrativi, editi in occasione sessantesimo anniversario dell’introduzione sul mercato primo modello di Vespa, sono dedicati a tutti i diversi modelli di Vespa prodotti nel tempo, ma va anche rilevato che l’edizione risulta avvenuta in occasione della presentazione del modello LX (id est “sessanta”) che costituiva l’ultimo approdo – all’epoca – della descritta epopea della Vespa e a cui sono dedicate, in particolare, le ultime sette pagine della pubblicazione di cui sub doc. 15 del catalogo riepilogativo finale. Pertanto, seppure, nei limiti di una valenza indiziaria, a produzione di parte appellata non può ritenersi priva di valore probatorio con riguardo alla notorietà del modello “LX”.
Di maggior rilievo è peraltro quanto evidenziato dal Prospetto dei ricavi da cessione dei modelli “Vespa” prodotto sub doc. 36 da Piaggio SPA, che non appare inficiato dalle critiche sollevate da parte appellante, non risultando generico né impreciso, ed anzi contiene una analitica suddivisione per modello, ove la diffusione della Vespa LX nelle tre cilindrate di 50, 125 e 150 cc. risulta già notevole sin dal 2005 – anno dell’immissione in mercato – ove rappresentava circa la metà delle vendite totali di scooter Vespa e negli anni successivi; i prospetti di ricavi sono stati inoltre verificati dalla società di consulenza PricewaterhouseCoopers SPA, e le contestazioni di parte appellante in merito all’insufficienza del campione utilizzato per la verifica si rilevano generiche e pretestuose.
Va pertanto condivisa la valutazione espressa dal Tribunale di Torino a tale riguardo.
Per quanto esposto, il motivo di appello deve ritenersi infondato.
7. Con il terzo motivo di appello si lamenta l’erronea valutazione della validità del Marchio Piaggio con riguardo al requisito della distintività, e vengono spese argomentazioni che, in fatto, sono in parte analoghe a quelle appena esaminate con riferimento al secondo motivo di impugnazione.
Osservano le appellanti che il Tribunale – facendo proprie le conclusioni del CTU – avrebbe commesso un errore di metodo nel ritenere valido il Marchio Piaggio in forza di una presunta capacità distintiva acquisita a seguito dell’uso, sin dalla Vespa storica del 1945/1946, non della forma complessiva dello scooter (che, avrebbe riconosciuto il Tribunale, si è “via via modificata nel corso del tempo”, cfr. in tal senso la CTU ripresa nella sentenza a pag. 12), ma esclusivamente delle quattro specifiche caratteristiche della forma che sarebbero rimaste costanti nel tempo: si tratterebbe di un grave errore, in quanto, come anche affermato nei vari arresti giurisprudenziali richiamati da parte appellante, il giudizio di confondibilità di un marchio non riguarderebbe singoli e specifici dettagli ma sempre e comunque il segno nel suo complesso. Ha inoltre osservato ZNEN, a censura di quanto ritenuto dal Tribunale di Torino, che:
– il marchio suddetto è un marchio complesso, relativo ad una generica “forma di scooter” e composto da una serie di elementi, dal quale non emergerebbero affatto in via preminente le quattro caratteristiche in discussione, nella maggior parte delle viste in cui è rappresentato lo scooter nel Marchio Piaggio,
– tali caratteristiche della forma non sarebbero affatto visibili, e non sono state individuate quali elementi salienti nell’ambito di altri contenziosi celebratisi avanti all’UAMI e al Tribunale di Parigi, pur favorevoli a Piaggio, e di cui la controparte ha prodotto le decisioni;
– il Tribunale avrebbe dovuto allegare e motivare perché di ciascuno di tali elementi il consumatore percepisca l’idoneità a indicare una determinata origine imprenditoriale separatamente dall’altro, ma nulla però è spiegato in merito;
– il Tribunale non avrebbe neppure tenuto in considerazione che tali specifiche caratteristiche non sarebbero affatto “originali”, trattandosi di caratteristiche basilari, assolutamente generalizzate e comuni nel settore degli scooter ed in particolare degli scooter classici sin dai primi modelli di scooter (Lambretta, Agrati Capri, ISO Isomoto, Gilera G50, Bianchi Orsetto 80, Gianca Nibbio, Aermacchi Brezza 150) fino ad oggi; gli scooter “da collezione” circolerebbero comunque tuttora per le strade;
– con particolare riferimento alla Lambretta, insieme alla Vespa la capostipite degli scooter classici, il modello l’immagine della Lambretta modello TV175, del 1957 avrebbe presentato la caratteristica della scocca “a goccia” analoga a quella della Vespa; la Lambretta inoltre, dopo la chiusura degli stabilimenti della Innocenti in Italia, avrebbe infatti, continuato ad essere prodotta in India ed importata massicciamente in Italia fino al 1997.
– per quanto attiene agli scooter classici “attuali”, tra cui la “Nuova Lambretta”, da non confondere con la Lambretta Pato, altro nome del ZNEN Citizen, ne sarebbero presenti diversi modelli nel mercato italiano (quali lo Scomadi, l’Honda Activia e l’Honda Metropolitan, ed ancora il Yamaha D’Elight, il Kymco Like, il Daelim Aroma, il Peugeot Django ed altri – cfr. documentazione versata in atti da parte appellante);
– tra questi sarebbe compreso lo scooter modello Star prodotto dalla LML, che riproduce pedissequamente tutte le caratteristiche della forma rivendicate da Piaggio: lo scudo a “freccia”, il raccordo tra sottosella e manubrio a “omega rovesciata”, la forma a “X” tra sottosella e scocca e la scocca a “goccia”.
In particolare, con riguardo a quest’ultimo modello, il primo giudice avrebbe errato nell’escludere la diluizione per volgarizzazione della capacità distintiva della forma in esame della Vespa, ritenendo che tale produzione appare essere cessata e che, comunque, il fatto stesso che, per la produzione e commercializzazione (con marchio denominativo diverso da Vespa-Piaggio) di questo scooter, fosse necessaria l’autorizzazione della Piaggio comporterebbe il riconoscimento che solo la Piaggio poteva commercializzare quella particolare forma di scooter”, che – inoltre – trattandosi “di un caso isolato, diffuso perlopiù in un mercato straniero distante, la vicenda del produttore indiano dimostra al contrario che la forma dello scooter in questione è proprietà della Piaggio e che per la commercializzazione della stessa è necessaria la concessione di una licenza da parte della convenuta”.
Gli elementi addotti dal primo giudice sono contestati in quanto:
– non risulterebbe agli atti alcuna licenza di Piaggio in favore della società LML in relazione alla forma degli scooter Star;
– risulterebbe esclusivamente che tra LML e Piaggio negli anni ‘80 fosse stata siglata una joint venture che si era, tuttavia, interrotta ufficialmente nel 1999 con la sottoscrizione di un Settlement and Clean Break Agreement con cui LML acquisiva tutti i diritti e le tecnologie condivise fino a quel momento; dal 2000 (e dunque da data anteriore sia all’introduzione nel mercato della Vespa LX, sia degli scooter di ZNEN, sia del Marchio), LML avrebbe cominciato, del tutto autonomamente rispetto a Piaggio, a produrre i propri scooter tra cui il modello Star, che ripropone la medesima forma degli scooter Vespa PX, avendone LML acquistato i relativi stampi;
– l’unico limite imposto dal Settlement and Clean Break Agreements sottoscritto tra le parti era quello di non utilizzare il marchio denominativo “VESPA”, come si evincerebbe dalla motivazione della sentenza resa dal Trib. Napoli, 24 luglio 2012, nella controversia tra Piaggio e LML Italia;
– da ciò si dedurrebbe che la forma della Vespa non sarebbe mai stata considerata un marchio, e non sarebbe mai stata protetta da Piaggio, perché altrimenti l’accordo tra Piaggio e LML del 1999 sarebbe stato contraddittorio nella parte in cui autorizzava la prosecuzione delle vendite della PX indiana “a condizione di usare un marchio (denominativo) differente”;
– la produzione e commercializzazione in Italia dello scooter Star non sarebbe affatto cessata, ma si tratterebbe di uno scooter di grande successo, molto diffuso e con ottimi risultati di vendita (tanto che Piaggio si sarebbe vista costretta, per non perdere quote di mercato, a riproporre il modello Vespa PX, che era andato fuori produzione in Italia, come da doc. 24 del fascicolo di primo grado, consistente nell’estratto del sito di LML Italia, in cui risulterebbero offerti in vendita, oggi, gli scooter Star);
– la stessa Piaggio non avrebbe ritenuto di proteggere e riservare a sé l’esclusiva sulla forma che in questa sede rivendica come di propria appartenenza, acconsentendo a terzi di commercializzare scooter dalla forma molto simile alla propria Vespa PX, e con ciò inevitabilmente diluendo o volgarizzando ogni eventuale capacità distintiva della forma stessa: parte appellante ha richiamato in tal senso le sentenze rese dal Tribunale di Torino e dalla CA Torino nelle “cause Bialetti” (Trib. Torino 8 aprile 2011, Trib. Torino n. 2160/2011, Appello Torino n. 1281/2012);
– errate in fatto e in diritto sarebbero inoltre le argomentazioni del Tribunale a sostegno dell’originalità e riconoscibilità del Marchio nei suoi quattro elementi distintivi che lo caratterizzerebbero, fondate sul doc. 36 di Piaggio (relativo ai dati delle vendita), nonché sulla indagine di mercato prodotta da Piaggio sub doc. 37: sono contestate la rilevanza ed efficacia probatoria di tale indagine demoscopica, trattandosi di documento di parte che, nello specifico, presenterebbero gravi ed evidenti lacune.
Ha obiettato Piaggio SPA richiamando in parte la ricostruzione e i rilievi operati in merito al secondo motivo di appello e contestando analiticamente gli specifici profili di censura sollevati dalle appellanti.
Le censure veicolate con il motivo di appello in esame non possono essere condivise.
In merito alla distintività intrinseca della Vespa LX, quale derivazione della Vespa “storica” e a sua volta trasfusa nel modello oggetto di registrazione da parte di Piaggio, deve farsi richiamo a quanto già osservato nell’esaminare il secondo motivo di appello, con riferimento alla presenza delle quattro comuni caratteristiche distintive (a rischio di ripetersi: la forma a freccia dello scudo frontale; la forma ad Ω rovesciata; la forma ad X; la sagoma posteriore della scocca “a goccia”).
Con riferimento alla “impressione d’insieme” offerta dal modello, aspetto su cui ha insistito parte appellante – va inoltre rilevato – come evidenziato dalla società appellata – che nel suo complesso la Vespa evoca effettivamente, anche in ragione di ulteriori particolari estetici, la forma anatomica di una vespa, come è possibile rilevare dal confronto delle immagini prodotte (v. in particolare il cui al doc. 26 di Piaggio), in quanto:
– il parafango anteriore arrotondato ricorda la testa di una vespa che sporge dal torace;
– la parte frontale della scocca ricorda il torace di una vespa;
– il manubrio dal quale si dipartono lateralmente leve, manopole e specchietti assomiglia al torace di una vespa, dal quale si dipartono alcuni arti e le ali;
– il tunnel centrale sulla pedana rende la parte centrale della scocca somigliante al raccordo tra torace ed addome di una vespa;
– la parte posteriore e bombata della scocca ricorda l’addome di una vespa.
Ora, l’insieme di tali caratteristiche distintive della Vespa non è riscontrabile negli altri modelli noti in base agli atti, e diversi dal modello sospettato di contraffazione (lo scooter VES di ZNEN). Tutte le contestazioni a tale riguardo sollevate dalle attrici e attuali appellanti) sono già state puntualmente prese in considerazione dal Collegio – e prima ancora dal CTU – e, ciò nonostante, disattese in quanto radicalmente infondate, in forza di condivisibili argomentazioni.
Gli scooter d’epoca citati da ZNEN, a differenza della Vespa, risultano usciti dal mercato da decenni, e sono noti solamente agli appassionati e non al consumatore medio, come esposto nelle stesse difese di parte appellante: non possono pertanto determinare alcuna diluizione del carattere distintivo della Vespa: si osserva a tale riguardo che la prova della volgarizzazione del marchio incombe su chi la invoca e deve essere fornita in termini rigorosi;
Per quanto attiene alla Lambretta di “Innocenti”, il cui modello “storico” è uscito dal mercato nel 1971 e la cui successiva produzione indiana risulta di impatto indimostrato sul mercato italiano o europeo, si rileva come con tutta evidenza esso sia differente ed alternativo rispetto a quello “storico” della Vespa, di cui condivide solo alcune caratteristiche, ma non tutte (v. doc. 22 di ZNEN, doc. 29 di Piaggio, nonché pag. 14 della seconda memoria tecnica Piaggio e, in particolar modo la valutazione del CTU che ha rilevato l’assenza della parte posteriore a goccia – v. pag. 12 relazione citata): anche la Lambretta “storica” è stato declinata in varianti caratterizzate dalla sostanziale fedeltà al pattern originario, ed infatti il modello TV175 della Lambretta evoca la versione precedente e presenta caratteristiche visive d’insieme che lo differenziano, all’evidenza, dalla Vespa. Pertanto, l’eventuale prova della introduzione o vendita dei modelli attuali di Lambretta in Italia, che emergerebbe da alcuni inserti pubblicitari (v. doc. 30 attoreo di primo grado), e che ZNEN avrebbe voluto corroborare con la documentazione tardivamente prodotta in questo giudizio di appello, relativa alla “Nuova Lambretta”, risulterebbe comunque irrilevante, in relazione all’epoca di introduzione di tali modelli sul mercato, comunque successiva quanto meno a quella della Vespa LX; non pertinente – per stessa ammissione di parte appellante – è inoltre il modello “Lambretta Pato”, corrispondente allo ZNEN Citizen.
Come già rilevato dal primo giudice, gli altri scooter, più moderni, indicati dalle appellanti (docc. da 21 a 25 attorei di primo grado e documenti prodotti in sede di CTU) sono successivi al modello Vespa LX e in gran parte non presentano contemporaneamente le citate caratteristiche distintive della Piaggio (come rilevato anche in sede di CTU).
Più delicata è la questione attinente allo Scooter “Star”, prodotto dalla società indiana LML, clone della “Vespa PX” di Piaggio.
La volgarizzazione o generalizzazione del marchio quale causa di decadenza ai sensi degli artt. 13, co. 4, e 26 c.p.i., si produce a seguito di un uso del segno tale da produrre la perdita del suo carattere distintivo, divenendo così il marchio inidoneo a caratterizzare specificamente il prodotto come proveniente da un determinato imprenditore: va ribadito inoltre che la prova della volgarizzazione, nei termini idonei a produrre gli effetti ora descritti, deve essere offerta da chi la invochi.
Risulta in effetti che la produzione da parte della società di diritto indiano sia avvenuta a seguito di una joint venture tra Piaggio e LML, che prevedeva la concessione a quest’ultima di una licenza per la produzione dello scooter (così si rileva dal doc. 39 Piaggio – Estratto del contratto Piaggio – LML in data 15.11.1999).
L’effetto di tale circostanza di per sé non è univocamente interpretabile, pur essendo ben noto che alcuni arresti giurisprudenziali, anche di questa Corte (v. Appello Torino n. 1281/2012 in merito alla produzione di sottomarche della caffettiera “Moka Express” di Bialetti), hanno riconosciuto la volgarizzazione del marchio tridimensionale quale conseguenza del consenso alla produzione del modello privo del segno distintivo, a condizione che il titolare del marchio abbia volontariamente concorso alla volgarizzazione consentendo la diffusione sul mercato della forma priva del segno distintivo.
Tanto premesso, l’accordo prodotto da Piaggio, in ragione delle limitazioni in esso contenute, e in mancanza di prova di una effettiva diffusione del modello “Star” nel mercato di riferimento, costituisce al più indice di una isolata presenza dello scooter di LML, tollerata in forza dei pregressi accordi, ma non idonea a inficiare la riconosciuta validità e capacità distintiva del marchio tridimensionale in questione, stante la marginalità dell’utilizzazione (v. al riguardo Trib. Milano, 24 luglio 2013).
Gli elementi offerti da parte appellante non sono infatti tali da condurre a differenti conclusioni: né il doc. 24 (che riproduce la schermata del un sito internet di LML Italia, con l’offerta in vendita del modello STAR), né la prodotta sentenza in data 24 luglio 2012 del Tribunale di Napoli, che, investito di una questione differente rispetto quella qui trattata, avente ad oggetto la tutela dei marchi denominativi Piaggio, Vespa e Vespa PX, richiama un successivo “Settlement and Clean Break Agreements”, che sarebbe stato sottoscritto tra Piaggio e LML, prevedendo quale unico limite imposto alla società indiana quello di non utilizzare il marchio denominativo “VESPA”, ma nulla dimostra – ai fini che qui interessano – in merito alla effettività ed alla eventuale entità di una diffusione del modello nel mercato.
La contestazione avente ad oggetto la volgarizzazione risulta pertanto infondata in quanto non sorretta da idonea prova.
Il Tribunale di Torino ha infine valorizzato, come ulteriore elemento comprovante l’acquisto di secondary meaning da parte del Marchio, l’indagine di mercato condotta dalla Doxa nel 2014 quale indicatore determinante della capacità distintiva del marchio di forma della Vespa, già ritenendo irrilevanti le contestazioni delle attrici, secondo la quale i risultati dell’indagine demoscopica condotta nel 2014 non proverebbero la riconoscibilità e originalità della forma della Vespa LX precedentemente al 2007, cioè al momento della commercializzazione dei modelli cinesi attorei.
Parte appellante ha ribadito le proprie censure, affermando l’irrilevanza della indagine demoscopica condotta, per la sua natura di documento di parte, inoltre inficiato da errori fattuali, giuridici e logici di valutazione dei quesiti e dei dati riportati.
Le censure non possono trovare accoglimento.
Come già condivisibilmente rilevato dal primo giudice, l’estrema diffusione sul mercato, sin dal 2005, del predetto modello della Vespa (come emergente dai dati delle vendite in precedenza menzionati, evidenziati dal prospetto prodotto da Piaggio sub doc. 36), dimostra che la percezione dei consumatori relativamente alla forma della Vespa non potesse che essere simile a quella attuale, ed anzi maggiormente orientata verso una riconoscibilità del modello della Piaggio, dal momento che all’epoca non vi erano ancora i modelli successivamente posti sul mercato dalle società cinesi attrici, e sicuramente presenti nel 2014.
Non vi è pertanto contrasto con le indicazioni ricavabili dalla giurisprudenza comunitaria invocata da parte appellante, secondo cui gli elementi di prova dell’uso del marchio che siano stati prodotti successivamente alla data del deposito possono essere presi in considerazione soltanto se consentono di trarre conclusioni in ordine all’uso medesimo quale si presentava alla data medesima (v. in particolare Trib. UE, sentenza del 15.12.2005 nella causa “BIC” n. T-262/, che a sua volta richiama altri precedenti della Corte di Giustizia): il primo collegio ha compiutamente indicato le – condivise – ragioni per cui deve ritenersi la validità della rilevazione in oggetto anche con riferimento ad un periodo antecedente.
Le ulteriori pronunce citate da parte appellante affermano in via generale un principio di cautela nell’utilizzo dei risultati delle indagini demoscopiche che, di regola, non possono costituire elemento decisivo, utilizzato per “ribaltare Il giudizio di nullità di un marchio condotto sulla base della forma così come registrata” (così la richiamata Appello Torino, 2 gennaio 2004), ovvero per “sostituire il giudice nel compito che gli è esclusivamente affidato” (così Appello Bologna, 26 ottobre 2000), mentre non deve esserne esclusa tout court una – pur prudente – valutazione (dovendo così leggersi Trib. Torino 28.2.2014).
Il ritenuto principio appare stato pienamente rispettato dal primo giudice, che ha operato una analisi critica delle risultanze demoscopiche, valutate in relazione agli altri – solidi e coerenti – elementi posti a fondamento della decisione censurata.
Infine, contrariamente a quanto affermato da ZNEN, non risulta che l’indagine sia stata condotta con criteri arbitrari o preordinati a un determinato risultato.
Il modello in oggetto è stato correttamente esibito, prima senza alcun suggerimento, e in tal caso il campione ha spontaneamente associato alla forma mostrata i nomi “Vespa Piaggio” nella percentuale del 29% e “Vespa”, senza specificazioni, nella percentuale del 55% e il produttore “Piaggio” nel 78% dei casi (92% tra gli utilizzatori di scooter), quindi è stata suggerita una lista di produttori, e il campione ha indicato nel 78% dei casi “Piaggio” (92% tra gli utilizzatori di scooter).
Per quanto attiene agli ulteriori rilievi (mancata esibizione di differenti forme di scooter e mancata indicazione, nell’elenco dei produttori, della “Lambretta”) il secondo rilievo risulta inesatto, in quanto la Lambretta non è un produttore, bensì un modello (la cui attuale diffusione è peraltro, per quanto esposto, assai incerta), mentre il primo non appare per sé solo sé idoneo a svalutare i risultati complessivi dell’indagine.
Per quanto esposto, il motivo deve ritenersi infondato e non può trovare accoglimento.
8. Con il quarto motivo di appello si lamenta l’erroneità del giudizio espresso dal Tribunale di Torino circa la validità del marchio Piaggio, con riguardo alla ritenuta inapplicabilità degli impedimenti assoluti alla registrazione di cui all’art. 9 cpi, che di seguito si trascrive: “Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto”.
Il primo collegio ha negato la sussistenza dell’impedimento consistente nella forma imposta dalla natura stessa del prodotto, ritenendo che la forma in esame non sia l’unica forma possibile di scooter, ovvero una forma “esclusivamente” dettata da ragioni tecniche o “esclusivamente” apprezzata per il suo valore estetico. La norma, ha osservato, fa espresso riferimento ai “… segni costituiti esclusivamente da ….” e pertanto deve ritenersi ammessa la registrazione di segni che siano costituiti da una forma che, oltre che da elementi necessitati / funzionali, sia caratterizzata anche da elementi arbitrari o di fantasia.
L’interpretazione è criticata da parte appellante, che imputa al Tribunale l’errore di avere assunto come punto di riferimento la categoria generale degli scooter, che comprenderebbe anche “gli scooter sportivi, non carenati, e gli scooter più massicci, da strada”, e non la più ristretta famiglia specifica di interesse, a cui anche gli scooter ZNEN apparterrebbero, costituita dagli scooter c.d. classici, vintage. La pretesa avversaria di avere un’esclusiva su tali forme base, standardizzate di scooter consentirebbe a Piaggio di ottenere un monopolio inaccettabile sulla forma naturale dello scooter classico.
La censura non è condivisibile: le argomentazioni qui addotte dall’appellante sono già state esaminate dal Tribunale, che le ha ritenute non fondate, osservando che la forma del marchio Piaggio non è l’unica possibile forma di scooter, e che anche lo scooter “vintage” può essere realizzato con caratteristiche non coincidenti con quelle tipiche della Vespa, come ad esempio, nel caso della Lambretta storica, la cui forma differisce da quella della Vespa (sul punto v. CTU pag. 12). Difetta comunque nel motivo una specifica critica della determinazione, peraltro pienamente condivisibile, del primo giudice.
Con riguardo al secondo impedimento previsto dalla invocata disposizione, consistente nella forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, ZNEN ha osservato come, comunque, l’esistenza di forme diverse ed alternative non escluderebbe che la forma che si vuole proteggere sia necessaria per ottenere un determinato risultato tecnico e che quindi non sia registrabile come marchio, osservando che tale impedimento alla registrazione dovrebbe comunque applicarsi nel caso in cui le “caratteristiche essenziali” del segno, ossia gli elementi più importanti, “svolgano una funzione tecnica”, indipendentemente dalla presenza di altre caratteristiche secondarie che non abbiano alcuna funzione tecnica (a tal fine richiamando CGCE, 18/06/2002, in C-299/99, “Philips”, avente ad oggetto la forma di un rasoio elettrico; Trib. CE del 12/11/2008, “Lego” relativo ai noti mattoncini).
In relazione a tale profilo di censura, il Tribunale di Torino ha correttamente condiviso le conclusioni espressa dal CTU, per cui le caratteristiche essenziali distintive della Vespa sopra richiamate (freccia, X e ^ rovesciata) non sono da ritenersi necessarie per svolgere una funzione tecnica e, potrebbero essere sostituite anche con altre forme e, dunque, contribuiscono a caratterizzare il design dello scooter: l’assunto trova concreta dimostrazione nel confronto con i numerosi modelli di scooter prodotti dai concorrenti di Piaggio e privi di tali caratteristiche. Inoltre, la giurisprudenza comunitaria richiamata da ZNEN risulta avere ad oggetto prodotti e forme diversi da quelli qui in esame.
A tale riguardo deve altresì rilevarsi che la Corte di Giustizia, con la sentenza 14.9.2010 – C-48/09 (con cui è stata respinta l’impugnazione della sentenza del Trib. CE del 12/11/2008, richiamata da parte appellante, che aveva ritenuto la sussistenza dell’impedimento alla registrazione stabilito dall’art. 7, n. 1, lett. e), sub ii), del regolamento n. 40/94 con riguardo ai mattoncini “Lego”) ha comunque osservato che, “circoscrivendo l’impedimento alla registrazione stabilito dall’art. 7, n. 1, lett. e), sub ii), del regolamento n. 40/94 ai segni costituiti «esclusivamente» dalla forma del prodotto «necessaria» per ottenere un risultato tecnico, il legislatore ha tenuto debitamente in considerazione la circostanza che tutte le forme di prodotto, in una certa misura, sono funzionali e che pertanto sarebbe inopportuno escludere la registrazione come marchio di una forma di prodotto per il solo motivo che essa presenta caratteristiche funzionali. Impiegando i termini «esclusivamente» e «necessaria», tale disposizione garantisce che la registrazione sia esclusa solamente per le forme di prodotto che si limitano ad incorporare una soluzione tecnica e la cui registrazione come marchio comprometterebbe quindi effettivamente l’utilizzo di tale soluzione tecnica da parte di altre imprese”.
Ed infatti – sempre nell’ambito dei prodotti della Lego – la più recente Sentenza 16 giugno 2015 del Tribunale UE ha invece escluso l’impedimento alla registrazione come marchio comunitario delle figurine Lego, che pur presentando i medesimi elementi di assemblaggio dei mattoncini, posseggono ulteriori elementi caratteristici (testa, corpo, braccia e gamba) ai quali non appare collegato alcun risultato tecnico: la fattispecie appare pienamente riconducibile a quella oggetto del presente giudizio .
Sempre con riguardo al secondo impedimento previsto dall’art. 9 cpi, ha ribadito parte appellante che essendo la forma della Vespa del ‘46 stata oggetto del brevetto per modello di utilità n. 25456 depositato il 23.4.1946, di conseguenza Piaggio non potrebbe oggi ottenere una tutela come marchio su quelle forme funzionali già oggetto di brevetto, ormai ampiamente scaduto.
La risalenza temporale della registrazione come modello di utilità pare escluderne, come ha ritenuto dal primo giudice, ogni valenza impeditiva.
Comunque, ai sensi dell’art. 40 cpi “Se un disegno o modello possiede i requisiti di registrabilità ed al tempo stesso accresce l’utilità^ dell’oggetto al quale si riferisce, possono essere chiesti contemporaneamente il brevetto per modello di utilità^ e la registrazione per disegno o modello, ma l’una e l’altra protezione non possono venire cumulate in un solo titolo”.
Il cpi, dunque, ammette esplicitamente il cumulo tra la protezione dei disegni e modelli e quello dei modelli di utilità, anche se nulla dice in merito alla possibilità^ di giovarsi contemporaneamente della tutela dei disegni e modelli e di quella del marchio di forma.
Sicuramente non impedisce che la forma – ove dotata dei requisiti di cui agli artt. 32 e ss. cpi – possa eventualmente essere registrata come disegno o modello e, successivamente, una volta affermatasi sul mercato come indicatore dell’origine del bene, ottenere la registrazione come marchio di forma ai sensi dell’art. 9 cpi. Anzi, proprio con specifico riferimento all’acquisizione di una capacità distintiva di fatto, può ravvisarsi il punto di contatto tra la protezione del marchio di forma e quella dei disegni e modelli.
Infine, ZNEN ha censurato la sentenza appellata per avere ritenuto non operante l’impedimento insito nella forma che dà un valore sostanziale al prodotto.
L’impedimento in questione, osserva parte appellante, opererebbe quando il prodotto viene acquistato anche per il valore della sua forma estetica, ossia quando la forma è uno dei fattori essenziali di acquisto del prodotto (non necessariamente l’unico fattore). In tal senso richiama la giurisprudenza comunitaria (Trib. UE, 6.10.11, T-508/08, Bang & Olufsen, che ha ritenuto non registrabile come marchio tridimensionale, in forza dell’impedimento in esame, una particolare forma di altoparlante e CG UE, 18.09.2014, C-205/13, Stokke, relativa ad un particolare modello di sedia).
L’errore nella motivazione del Tribunale di Torino sarebbe ravvisabile nell’avere escluso la sussistenza di tale impedimento in quanto “pur essendo certamente influenzato dalla sua estetica”, il consumatore non acquisterebbe lo scooter Piaggio solo per tale ragione, ma anche “in base ad altre considerazioni tecniche e funzionali”.
Sostiene ZNEN che la circostanza che altri fattori, oltre a quello estetico, condizionino la scelta del consumatore di acquistare il prodotto la cui forma è protetta dal Marchio non escluderebbe affatto l’operatività dell’impedimento in esame, quando comunque anche il fattore estetico giochi, come nel caso in esame, un ruolo importante.
Pur condividendo le premesse delle argomentazioni esposte da parte appellante, si osserva che la relativa valutazione richiede una delicata comparazione tra caratteristiche estetiche e tecnico-utilitaristiche.
A tale riguardo, il fatto che Piaggio abbia richiesto – e ottenuto dal primo giudice – tutela ai sensi della legge d’autore, e che – più in generale – il modello presenti indubbie qualità estetiche e artistiche, non ne determina affatto, automaticamente, la natura di forma che dà un valore sostanziale al prodotto, restando la forma della Vespa, viceversa, inevitabilmente connessa alla precipua funzione utilitaristica del prodotto che la incorpora e che per la sua natura di veicolo, viene verosimilmente scelto dal consumatore – in primo luogo – per le notorie qualità in termini di prestazioni, sicurezza ed affidabilità, nonché – anche – per le qualità estetiche.
I precedenti citati da parte appellante riguardano al contrario forme le cui caratteristiche estetiche sono assolutamente preponderanti, tanto che nella sentenza Bang & Olufsen si evidenzia come le caratteristiche estetiche della forma dell’altoparlante siano poste particolarmente in risalto e che una forma del genere sia “considerata una specie di scultura pura, slanciata e atemporale per la riproduzione di musica, il che la rende un elemento sostanziale quale argomento di promozione della vendita”.
Né il riconoscimento della tutelabilità della forma della Vespa quale opera del design protetta dal diritto di autore in ragione del proprio valore creativo ed artistico comporta necessariamente l’identificazione di tali caratteristiche con il “valore sostanziale” che impedisce la registrazione come marchio. Pur essendo nota l’esistenza di un diverso orientamento giurisprudenziale, come documentato dalle sentenze invocate da parte appellante, questa Corte concorda con il primo giudice nel ritenere cumulabili – in assenza di un divieto espresso e una volta esclusa come nel caso di specie la sussistenza degli impedimenti di cui all’art. 9 cpi – le due tutele, ovviamente se in presenza dei – differenti – rispettivi presupposti (v. in tal senso Trib. Milano 1.12.2015 n. 13487, relativa al marchio di forma tridimensionale dei bicchieri di Bormioli Rocco).
9. Con il quinto motivo d’appello si lamenta che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto la contraffazione del marchio Piaggio da parte dello scooter modello VES.
Osservano le appellanti che:
– il Marchio Piaggio, se ritenuto valido, dovrebbe considerarsi comunque un marchio estremamente debole;
– che il consumatore di riferimento è un consumatore avveduto, che presta un’attenzione superiore alla media prima di effettuare l’acquisto, e noterà a maggior ragione le differenze esistenti tra le forme a confronto, evitando qualsiasi confusione;
– che il settore di riferimento è altamente “affollato” di modelli di scooter con caratteristiche analoghe a quelle dello scooter oggetto del Marchio Piaggio;
– che le differenze di forma tra VES e Marchio sarebbero state del tutto trascurate dal Tribunale.
Le doglianze di ZNEN risultano deboli e in gran parte riproducono le medesime tesi già sostenute in primo grado, e già ritenute in tale sede infondate.
Si rileva al riguardo che il CTU non ha mai affermato la debolezza di tale marchio nella propria relazione, né tale dato può ricavarsi da una lettura critica del materiale istruttorio e della relazione peritale.
Generiche sono le considerazioni relative all’asserito affollamento del settore di riferimento, a fronte della evidente somiglianza tra la forma Vespa e il modello VES, riscontrata pienamente dal CTU, che ha rilevato come le limitatissime differenze siano poco percettibili e non escludono la confondibilità.
Il motivo è pertanto infondato.
10. Con il sesto motivo di appello si contesta la accertata sussistenza di un diritto d’autore sulla “forma della vespa” dal 1946 e successive modificazioni, nonché sulla sua pretesa violazione da parte dello scooter VES.
Deducono le appellanti che:
– il diritto d’autore non protegge singole caratteristiche di una forma complessa, selezionate a posteriori e senza alcun evidente criterio giustificativo, ma bensì un’opera, una forma, nell’insieme comprensiva di tutti gli elementi che costituiscono l’originale creazione e l’individuale rappresentazione del suo autore, richiamando Trib. Roma, 26/03/2008, in cui, in relazione ad un giudizio di contraffazione su un’opera del design industriale protetto ex art. 2 n. 10 l.d.a., aveva stabilito che “…devono essere presi in considerazione non l’idea ispiratrice o i singoli elementi dell’opera ma l’originale composizione ed organizzazione di tutti gli elementi che contribuiscono alla sua creazione e che costituiscono la forma individuale di rappresentazione…”, e osservando che sarebbe altrimenti troppo agevole estrapolare arbitrariamente dall’opera solo alcune caratteristiche;
– che le caratteristiche estrapolate da Piaggio – e ritenute rilevanti per la sussistenza della tutela autoriale dal CTU e dal Tribunale di Torino – sarebbero caratteristiche del tutto comuni, da sempre, sin dai primi modelli di scooter, in molti altri modelli di concorrenti e, comunque, di caratteristiche della forma funzionali e/o standardizzate in relazione al prodotto scooter e che devono rimanere accessibili a chiunque;
– che non sarebbe possibile parlare di un unico diritto d’autore che protegga tutte le diverse forme di modelli Vespa per il solo fatto di avere in comune quattro singole caratteristiche costruttive, e pertanto il Tribunale avrebbe dovuto motivare perché per ciascun modello azionato da Piaggio (ossia tutti i modelli marchiati “Vespa” dal ‘46 ad oggi, non meglio identificati da Piaggio con le loro specifiche caratteristiche di forma) sussistono i requisiti di proteggibilità richiesti per poter ottenere la tutela autoriale ex art. 2.10 l.d.a.;
– che la documentazione citata dal Tribunale a riprova dei pretesi riconoscimenti ottenuti dalla storica Vespa (l’unica esposta al Moma) non può essere utilizzata per sostenere che tutti i diversi modelli di Vespa che si sono succeduti nel tempo hanno ottenuto i medesimi riconoscimenti collettivi “da parte di ambienti culturali ed istituzionali”, in quanto ciò non corrisponde alla realtà dei fatti e, in particolare, gran parte di tale documentazione riguarda la storica Vespa, quella esposta al Moma: la stessa, pertanto, non può essere utilizzata indistintamente anche per tutti gli altri modelli di scooter a marchio denominativo Vespa;
– che, inoltre, mai il creatore della Vespa avrebbe voluto creare un’opera d’arte o una forma dotata di valore estetico, e che anzi egli avrebbe ritenuto d’aver risolto un problema tecnico, tanto è vero che egli ha richiesto la tutela per il suo disegno per mezzo di un brevetto per modello di utilità: la tesi della irrilevanza della consapevolezza e della volontà dell’autore sarebbe in contrasto con la lettera e lo spirito della legge, che all’art. 2576 c.c. e all’art. 6 l.d.a. prevede chiaramente che il titolo della tutela del diritto d’autore risiede nella creazione “in quanto espressione di lavoro intellettuale”;
– che la pretesa violazione del diritto d’autore da parte dello scooter VES di ZNEN sarebbe esclusa dalla sostanziale differenza tra tale modello e sia il modello storico della Vespa, sia i successivi, tra cui in particolare il modello oggetto del Marchio tridimensionale di cui è causa, ed anzi il Tribunale non avrebbe in alcun modo motivato circa le ragioni per cui ha ritenuto sussistente la violazione ad opera del VES dei presunti e contestati diritti d’autore di Piaggio sui diversi modelli di scooter Vespa, né sarebbe possibile supplire alla totale carenza di motivazione al riguardo, richiamando l’esito della CTU, in quanto, i presupposti e le condizioni per accertare la contraffazione di un Marchio (oggetto della CTU) sono diversi da quelli che devono sussistere perché vi sia una violazione di un diritto d’autore.
Le censure non sono condivisibili.
Ai sensi dell’art. 2, punto 10, l.d.a., sono comprese nella protezione del diritto d’autore “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”.
Ha ritenuto il Tribunale di Torino che la “forma della Vespa”, caratterizzata dagli elementi più volte evidenziati, nata come oggetto di design industriale, abbia, nel corso dei decenni, acquisito una tale quantità di riconoscimenti dall’ambiente artistico (e non meramente industriale), che ne ha celebrato grandemente le qualità creative e artistiche, da diventare un’icona simbolo del costume e del design artistico italiano, come emerge dalle produzioni documentali di Piaggio, così richiamate: “- innumerevoli pubblicazioni, mostre, premi e riconoscimenti (doc. 5 e da 8 a 20); – esposizione presso le collezioni permanenti di prestigiosi musei quali la Triennale di Milano e il MOMA di New York ed altri in tutto il mondo (doc. n. 21); – presentazioni continue in occasione di fiere, convention o eventi, tra cui il Giro d’Italia, la Manifestazione MITO, la Maratona di Roma, le Mostre per i 150 Anni dell’Unità d’Italia, le sponsorizzazioni ai Nastri d’Argento del Festival del Cinema, e in tutte le principali fiere di settore, come l’EICMA ed altre convention europee e mondiali (doc. n. 35); – innumerevoli presenze anche in film, pubblicità, fotografie, che hanno come protagonista un mito (cfr. docc. 15 e 20); -articoli dal titolo: “La rivoluzione della Vespa elettrica stella dell’innovazione a Eicma” da Corriere della Sera – motori del 9 novembre 2016 e “Gli oggetti che fecero l’impresa” da Il Sole 24 Ore del 13 novembre 2016.”
Quanto rilevato dal primo giudice in relazione al riscontro offerto dalla mole di documenti prodotti da Piaggio deve ritenersi pacifico e incontestabile,
Come può apprezzarsi dalla documentazione iconografica, tecnica e storica prodotta, nonché dalla descrizione analitica operata dal CTU, le cui indicazioni – seppure nell’ambito di una indagine diretta alla verifica della contraffazione – sono pienamente utilizzabili ai fini della valutazione del plagio, la valutazione dal primo giudice è stata compiutamente operata con riferimento ai requisiti di novità, creatività e valore artistico che legittimano la tutela autoriale.
Il riconoscimento collettivo da parte del mondo culturale del valore artistico dell’opera, pur non costitutivo di tale requisito, ne rappresenta infatti una evidenziazione ed una prova (cfr. Cass. 29 ottobre 2015, n. 22118, Cass. 13 novembre 2015, n. 23292, Cass. 18 gennaio 2017, n. 7477).
Inoltre, gli elementi indiziari del valore artistico dell’opera di design sono, con riguardo alla Vespa, di tale rilevanza e diffusione da risultare comunque determinanti nell’attribuzione ad essa della qualifica di opera di design tutelata dal diritto d’autore.
Con riferimento alle specifiche censure sollevate, va in primo luogo rilevato che l’imitazione è stata correttamente dedotta da Piaggio con riferimento agli elementi che caratterizzano la “forma della Vespa” nel suo insieme, che non sono state estrapolati arbitrariamente, e posseggono una funzione descrittiva nel loro complesso.
Ha inoltre affermato ZNEN che, non essendo possibile configurare un unico diritto d’autore che protegga tutte le diverse forme di modelli Vespa, il Tribunale avrebbe dovuto motivare perché per ciascun modello azionato da Piaggio la sussistenza dei requisiti di proteggibilità richiesti per poter ottenere la tutela autoriale ex art. 2.10 l.d.a.
Non si concorda con tale asserzione, in quanto correttamente il Tribunale di Torino ha accertato e dichiarato che la produzione e la commercializzazione in Italia degli scooter delle attrici denominati VES costituiscono violazione del diritto d’autore di cui la convenuta Piaggio è titolare: l’oggetto della tutela va identificato in ragione di quanto emerge della motivazione della sentenza appellata, con riferimento dunque al modello di Vespa “storico” (oggetto dei plurimi riconoscimenti a cui si fa richiamo) e quindi ai modelli riconosciuti quale sua diretta emanazione (sicuramente la Vespa LX e il marchio registrato Piaggio ‘520 del 2013 ): con la precisazione, ai fini della completezza motivazionale, che il diritto d’autore protegge anche le elaborazioni dell’opera originaria, come si desume in particolare dall’art. 12.2 (nonché 18.2 e 4) l.d.a.
A tale ultimo riguardo si osserva che le decisioni della Commissione di Ricorso dell’EUIPO prodotte, peraltro non definitive in quanto gravate da Piaggio e in aggiunta riguardanti i due modelli già ritenuti dal Tribunale di Torino non confondibili con quello della Vespa (e non il VES), presentano effettivamente un percorso motivazionale con cui la Commissione di Ricorso, ritenendo non configurabile una tutela del “modello di Vespa in sé”, ha interpretato la richiesta di tutela come esclusivamente riferibile al modello Vespa LX, ritenuto privo di quei riconoscimenti invece diretti nei confronti della Vespa “capostipite.”
Così ricostruito l’iter seguito dalla Commissione, ed evidenziata comunque la valenza meramente suggestiva di tali pronunce, si osserva che quanto qui diversamente ritenuto consegue alla positiva valutazione, omessa in sede EUIPO, della tutelabilità delle opere derivate. Infine, appare difficile cogliere il fondamento normativo della tesi di parte appellante con cui si afferma che l’opera di design in esame non sarebbe tutelabile in quanto difetterebbe nel suo autore la consapevolezza di porre in essere un’opera d’arte: sicuramente tale requisito non può essere colto, come vorrebbe ZNEN, nella previsione dell’art. 2576 c.c. e dell’art. 6 l.d.a. per cui il titolo della tutela del diritto d’autore risiede nella creazione “in quanto espressione di lavoro intellettuale”, né – comunque – ne sono dimostrati i presupposti in fatto, non potendo ragionevolmente sostenersi che Corradino D’Ascanio fosse privo di tale consapevolezza.
Il motivo è pertanto infondato.
11. Con il settimo motivo di appello si censura l’erronea affermazione della sussistenza della concorrenza sleale.
Le relative doglianze sono in parte superate dal rigetto dei precedenti motivi di appello, così in particolare la contestazione della sussistenza del rischio di confusione tra “la forma della Vespa” e lo scooter di ZNEN, e parimenti la censura di genericità della tutela di una “forma della Vespa” intesa come forma astratta ed idealmente comprensiva di tutti i modelli di Vespa sino ad oggi realizzati, con lo scooter di ZNEN.
Infondata è inoltre la contestazione del difetto di motivazione del capo della sentenza in esame, che avrebbe ritenuto sussistente la concorrenza sleale semplicemente ritenendo confondibili le forme, alla luce degli argomenti esposti in relazione alla contraffazione di Marchio.
Ora, la ritenuta concorrenza sleale confusoria dipende effettivamente dalla dimostrata confondibilità della forma della VES, senza però in essa esaurirsi, in quanto – come ha espressamente evidenziato il primo giudice – essa deve ritenersi sensibilmente accresciuta dall’uso della denominazione “Ves”, chiaramente tendente ad agganciarsi alla denominazione dello scooter Vespa.
Il motivo è dunque infondato.
12. Infondato è anche l’ottavo motivo, con cui si lamenta l’ingiustizia dei provvedimenti assunti dal Tribunale di Torino in ordine alla pubblicazione della sentenza, correttamente disposta a carico di ZNEN, autrice della contraffazione e della violazione dei diritti di Piaggio, e soccombente in via prevalente, non condividendosi altresì le argomentazioni in merito alla necessità – a tal fine – di un accertamento in concreto del danno o del pericolo cagionati dall’attività illecita.
Né, evidentemente, può accogliersi la richiesta di pubblicazione della sentenza di appello, avanzata solo per il caso, non verificatosi, di riforma.
13. Infine, il nono motivo di appello deve ritenersi infondato laddove lamenta l’ingiusta regolazione delle spese del giudizio di primo grado, al contrario correttamente attribuite, con parziale compensazione, in ragione della prevalente soccombenza di ZNEN; per il resto le censure risultano assorbite dalla liquidazione, operata in questa sede, delle spese del presente grado di appello.
14. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
15. Consegue la condanna dell’appellante al rimborso delle spese di lite in favore di parte appellata, liquidate con riferimento ai valori medi del relativo scaglione previsto dal DM 55/2014 e in relazione al valore indeterminabile di complessità alta, come da nota depositata da parte appellata (escludendosi gli esposti non imponibili ivi indicati, compresi nelle riconosciute spese generali forfetarie).
Sussistono altresì i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del DPR 115/02 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all’importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 1628/2017 R.G., la Corte d’Appello di Torino, Sezione V Civile – Sezione Specializzata in Materia d’Impresa, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione reiette, così decide:
RESPINGE l’appello proposto da ZHEJIANG ZHONGNENG INDUSTRY GROUP CO. LTD, e TAIZHOU ZHONGNENG IMPORT AND EXPORT CO.LTD, avverso la sentenza n. 1900/2017 del Tribunale di Torino, pubblicata in data 6 aprile 2017;
CONDANNA parte appellante al rimborso, in favore di PIAGGIO & C. S.P.A., delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi € 25.367,00 di cui € 5.103,00 per la fase di studio, € 3.276,00 per la fase introduttiva, e 8.240,00 per la fase di trattazione/discussione orale, € 8.748,00 per la fase decisoria, oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA sulle somme imponibili;
DICHIARA la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del DPR 115/02 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all’importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.
Si trasmetta copia della presente sentenza all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) e all’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO).
Così deciso in Camera di Consiglio in data 12 dicembre 2018.