Lo scorso gennaio Hermès ha presentato una citazione avanti al tribunale del Southern District di New York nei confronti del creatore delle “Metabirkin”, Mason Rothschild.

Quest’ultimo sarebbe infatti responsabile di aver creato e messo in vendita una collezione di 100 borse digitali sotto forma di Non-Fungible Tokens (NFT).

Ciò che la casa di moda francese non ha apprezzato, è che le borse digitali ideate dall’artista, caratterizzate da colori vivaci e pelliccia sintetica, riprendessero le fattezze dell’iconica Birkin bag.

Anche il nome del modello utilizzato per contraddistinguere le borse, “Metabirkin”, sfrutta il marchio di titolarità della maison francese. Quest’ultima, tuttavia, non aveva autorizzato tale utilizzo del proprio segno.

Lo scorso dicembre uno dei modelli di Rothschild sarebbe stato venduto al prezzo di 42mila dollari.

Ebbene, secondo la maison, gli NFT di Rothschild violerebbero i propri diritti di proprietà intellettuale e di marchio; sarebbero inoltre un esempio di prodotti Hermès falsi nel metaverso.

Hermès ha perciò presentato una citazione nei confronti del creatore delle “Metabirkin”, per aver utilizzato i marchi registrati a livello federale “BIRKIN” ed il trade dress, senza il consenso del titolare.

Rothschild sostiene invece che, in quanto artista, le sue attività siano protette dal Primo Emendamento, che garantisce libertà di parola e descrive le “MetaBirkin” come una “astrazione giocosa di un monumento esistente della cultura della moda”.

Questa vicenda si pone come uno dei temi più attuali sulla proprietà intellettuale: quale impatto avrà il metaverso nel settore dell’IP?

Per avere una prima risposta, sarà necessario attendere la decisione del tribunale.