Huawei contro Chanel: secondo il Tribunale UE i marchi non sono simili
Con una recente sentenza il Tribunale UE ha respinto il ricorso presentato da Chanel contro la registrazione di un marchio di Huawei. Il tutto, poiché i marchi figurativi in conflitto non sarebbero simili.
In particolare, il 26.09.2017 Huawei presentava domanda di registrazione del seguente marchio avanti all’Ufficio UE di Intellectual Property (EUIPO):
Il 28.12.2017, Chanel proponeva opposizione, sollevando un rischio di confusione con i propri marchi francesi sotto riportati:
Con decisione del 28.11.2019, l’EUIPO respingeva la domanda di Chanel escludendo ogni similitudine con il marchio di Huawei. Non sussisteva, pertanto, alcun rischio di confusione da parte del pubblico. La soccombente, pertanto, impugnava la sentenza rivolgendosi al Tribunale UE.
Il Tribunale, tuttavia, rilevava come i marchi in conflitto, pur presentando talune somiglianze, presentano delle differenze visive rilevanti. Infatti, per quanto riguarda i marchi di Chanel le curve risulterebbero più arrotondate, i loro contorni più spessi e la loro disposizione orizzontale, mentre quella del marchio di Huawei è verticale. I due marchi, pertanto, sono differenti. Quanto, invece, al rischio di confusione per il pubblico lamentato dalla ricorrente Chanel, il Tribunale UE, considerato che i segni in conflitto non sono simili, non ritiene utile esaminare gli altri fattori rilevanti ai fini della valutazione globale del rischio di confusione in quanto la loro valutazione non porterebbe a valutazioni differenti in punto di somiglianza di segni.
Condanna milionaria contro Facebook per violazione di copyright
Con la sentenza n. 9 del 05.01.2021 la Corte d’Appello di Milano ha accolto l’appello di Business Competence sull’entità del risarcimento del danno derivante dalla violazione dei propri diritti sull’applicazione “Faround” da parte di Facebook.
L’app in questione era stata pubblicata nel 2012 dopo avere ottenuto l’accesso alla piattaforma Facebook per gli sviluppatori indipendenti. L’applicazione veniva quindi registrata nel Facebook App Center ed inserita anche nell’App Store di Facebook. Questa applicazione, tramite procedure di geolocalizzazione, consentiva all’utente di individuare negozi, locali, ristoranti nelle proprie vicinanze e che potessero essere di suo interesse sulla base dei suoi gusti e della sua community di amici su Facebook. Tuttavia, Facebook, dopo pochi mesi dal lancio dell’app, pubblicava “Nearby”, software con caratteristiche sostanzialmente identiche.
Alla luce di tali considerazioni, e comunque operando una riduzione, rispetto al petitum dell’attrice, in ragione della “giovane età di Faround e il suo modello di business promettente, ma ancora in fieri”, la Corte ha comunque ritenuto di accogliere l’appello di Business Competence, fissando il risarcimento dovuto da Facebook nella cifra di € 3,8 mln.
Il team di Intellectual Property di SGP è a vostra disposizione per ogni chiarimento.