Pericolo di confusione per il “Prosecco”: la Commissione europea pubblica la domanda croata “Prosek”
La Commissione europea ha formalizzato la decisione di procedere con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale UE della domanda di registrazione della menzione tradizionale “Prosek” da parte delle autorità della Croazia.
In particolare, il Commissario UE all’Agricoltura Janusz Wojciechowski ha dichiarato che la domanda croata risponderebbe “ai requisiti di ammissibilità e validità”. Tuttavia, a preoccupare è l’assonanza tra il prodotto croato ed il nome del Prosecco, il vino italiano più venduto e amato all’estero, simbolo di Made in Italy. Vi è infatti il timore che la posizione assunta dalla Commissione possa generare confusione nei consumatori, a danno del vino italiano.
L’Italia ha ora due mesi di tempo per presentare ricorsi e obiezioni prima della decisione finale della Commissione europea. Le critiche contro la decisione adottata in Europa da parte delle autorità italiane sono numerose. Sull’argomento ha già preso posizione il Ministero delle politiche agricole: “La decisione della Commissione europea sul riconoscimento dell’indicazione geografica protetta del vino croato Prosek è sbagliata. Il Ministero si è già opposto a questo riconoscimento e utilizzerà ogni argomentazione utile per respingere la domanda di registrazione promossa dalla Croazia, anche appellandosi ai principi di tutela espressi dalla Corte di Giustizia in casi analoghi, come ad esempio avvenuto nel recentissimo caso dello ‘Champanillo’ spagnolo”.
La cessione dei diritti di intellectual property senza l’autorizzazione del contitolare
La Suprema Corte ha recentemente valutato la legittimità della condotta di una società che ha ceduto i diritti di sfruttamento economico di alcune opere cinematografiche senza il consenso della contitolare di tali diritti.
In particolare, la società Ripley’s Film S.r.l., in qualità di contitolare dei diritti in questione, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma l’altra contitolare, Cristaldi Film. Tale società, aveva infatti ceduto a terzi i diritti sulle opere cinematografiche senza l’autorizzazione di Ripley’s. Cristaldi eccepiva tuttavia la liceità della propria condotta. La convenuta sosteneva, infatti, di essere subentrata nel mandato a suo tempo conferito dai propri partners alla Lux Film S.r.l., società incorporata nel 1998, e titolare di un mandato esclusivo e perpetuo per l’Italia e il mondo. Proprio tale mandato avrebbe consentito alla Cristaldi di disporre liberamente delle opere cinematografiche, senza alcuna autorizzazione da parte di Ripley’s.
Il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello accoglievano la domanda di Ripley’s. Cristaldi proponeva quindi ricorso in Corte di Cassazione. La Corte confermava tuttavia i primi due gradi di giudizio, precisando che: “L’acquirente di un bene, in difetto di pattuizione ad hoc all’atto della cessione, non subentra nei contratti stipulati dal cedente per la sua gestione e in particolare in un mandato in rem propriam ex art. 1723, comma 2, cod. civ., salvi i casi eccezionali specificamente previsti dalla legge, fra cui l’ipotesi di cui all’art. 2558 cod.civ. in tema di cessione di azienda”.
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