La registrabilità dei marchi costituiti da nomi di colori
In una recente sentenza il Tribunale UE si è occupato della registrabilità di marchi costituiti da nomi di colori.
In data 14.09.2018, Philip Morris Products SA presentava presso lo European Intellectual Property Office domanda di registrazione del segno denominativo “SIENNA SELECTION”. L’esaminatore rifiutava la registrazione del marchio, che richiama evidentemente il pigmento “Terra di Siena”, tipico dell’industria del tabacco, per mancanza di distintività. Anche la commissione di ricorso confermava la decisione.
Philip Morris impugnava quindi la pronuncia, eccependo l’erroneità dell’analisi effettuata circa la percezione del marchio da parte del pubblico. Secondo la commissione, in particolare, tale marchio sarebbe stato unicamente percepito come un riferimento al colore dei prodotti interessati, difettando quindi di distintività.
Il Tribunale UE ha ribaltato la pronuncia, accogliendo il ricorso di Philip Morris. La registrazione dei marchi costituiti da nomi di colori, infatti, può essere rifiutata solo se sia ragionevole ritenere che gli stessi possano essere percepiti dal pubblico come descrittivi del prodotto.
Ebbene, nel caso di specie il pubblico di riferimento non percepirebbe immediatamente e senza ulteriore riflessione il grado di intensità del gusto o del sapore dei prodotti di cui trattasi o del loro contenuto di nicotina per il solo fatto che il marchio richiesto contiene l’elemento denominativo «sienna».
Cassazione penale: la riproduzione online di intellectual property
In una recente sentenza, la Corte di Cassazione si è occupata della rilevanza penale della riproduzione di opera protetta da diritto d’autore.
Nel caso in esame, l’imputato era stato condannato in grado d’appello per abusiva riproduzione di opere d’ingegno destinate al circuito televisivo (art. 171-ter, Legge sul diritto d’autore legge 633 del 1941). Il tutto, per aver messo in rete notizie, foto e filmati già presenti online ai fini di una discussione sull’argomento.
La Cassazione ha tuttavia annullato la sentenza di condanna. In particolare, secondo la Corte “linkare” contenuti già pubblicati in rete con accesso gratuito e presenti nel web grazie all’autorizzazione dei titolari dei diritti sarebbe lecito. Inoltre, rileva sul punto anche la buona fede dell’imputato che non era certo a conoscenza (e non poteva ragionevolmente esserlo) di eventuali assenze di autorizzazioni alle pubblicazioni.
Il team di Intellectual Property di SGP è a vostra disposizione per ogni chiarimento.