La Cassazione sulla cessione del marchio “Valentino”
Con una recente sentenza la Corte di Cassazione si è occupata di un caso in materia di intellectual property relativo alle operazioni societarie infragruppo che hanno interessato il marchio “Valentino”.
Accadeva, in particolare, che nel 2002 la Marzotto S.p.A., una volta acquistato il gruppo Valentino, iniziava una complessa ristrutturazione aziendale. Tra le altre cose, la società costituiva Emmeffe S.r.l., che acquistava da Valentino S.p.A. parte del portafoglio marchi “Valentino”. Emmeffe versava per l’acquisto degli asset la somma di Euro 245 milioni. L’Agenzia delle Entrate, all’esito di una verifica fiscale, riteneva sovrastimato il corrispettivo di cui sopra e lo rivalutava in circa 93 milioni di Euro. L’erario notificava quindi a Valentino S.p.A. un avviso di accertamento per il recupero della tassazione IRES e IRAP, oltre interessi e sanzioni.
Contro l’avviso di accertamento, la società Valentino S.p.A. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che lo accoglieva annullando l’atto impositivo impugnato. L’Agenzia delle Entrate proponeva, quindi, appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia. Il Giudice rigettava il ricorso. Il tutto, poiché la congruità del valore del marchio risultava dalle perizie effettuate in vista della cessione del gruppo a Marzotto. Nell’ambito della trattativa (intercorsa tra parti indipendenti) il valore dell’asset era già stato stimato in Euro 220 milioni.
Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ha ricorso presso la Corte di Cassazione. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato l’impugnazione abbracciando le argomentazioni già esposte nei precedenti gradi di giudizio.
Messi potrà registrare il suo marchio per articoli di abbigliamento
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha respinto i ricorsi proposti dall’EUIPO e da una società spagnola contro la sentenza del Tribunale UE che autorizzava il calciatore Lionel Messi a registrare il marchio “MESSI” per articoli di abbigliamento, scarpe e articoli per la ginnastica e lo sport.
In particolare, nell’agosto 2011, Messi depositava la domanda di marchio europeo figurativo sotto riportato.
Nel novembre 2011, il Sig. Jaime Masferrer Coma proponeva opposizione avverso la registrazione del marchio di Messi, lamentando un rischio di confusione con i marchi UE denominativi “MASSI”.
Successivamente ai primi due gradi di giudizio, si è pronunciata definitivamente sulla questione la Corte di Giustizia UE. La Corte ha confermato che, per quanto i segni in conflitto siano complessivamente simili, le differenze concettuali che li separano sarebbero tali da neutralizzare le somiglianze visive e fonetiche rilevate. Il grado di somiglianza tra i marchi non è sufficientemente elevato da poter considerare che il pubblico pertinente possa credere che i prodotti in causa provengono dalla medesima impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate. Di conseguenza, la CGUE ha escluso che l’uso del marchio “MESSI” per articoli di abbigliamento, articoli per la ginnastica o lo sport e apparecchi e strumenti di protezione, possa ingenerare nel consumatore un rischio di confusione con il marchio “MASSI”.
Rigettata la registrazione del marchio “The Royal Butler”
Con una recente decisione, l’UKIPO (United Kingdom Intellectual Property Office) ha rigettato la registrazione di un marchio figurativo contenete il segno “THE ROYAL BUTLER”, di seguito riportato.
Nel giugno 2018, Grant Harrold chiedeva la registrazione del marchio figurativo in parola per servizi educativi, di formazione e di investimento (classe 41, Nizza).
Alla registrazione si opponeva l’ufficio di Lord Chamberlain. Il tutto, sulla base del fatto che detto marchio avrebbe potuto indurre il consumatore a credere che il titolare avesse il patrocinio o il consenso reali. Tra le prove presentate a sostegno dell’opposizione il Lord adduceva il precedente impiego del Sig. Harrold come maggiordomo nella famiglia di Sua Altezza Reale il Principe di Galles per sette anni (tra il 2005 e il 2011). Inoltre, prima di depositare la domanda di marchio, il signor Harrold aveva utilizzato il nome “The Royal Butler” (per circa 7 anni) come “nome d’arte” per l’etichetta e la scuola di formazione per maggiordomo. Proprio tale attività era stata svolta sotto la supervisione di Sua Altezza Reale la Principessa Katarina di Jugoslavia.
L’UKIPO, con decisione del 24 agosto 2020, ha accolto l’opposizione del Lord Chamberlain sulla base della violazione della sezione 4(1)(d) del Trade Marks Act.
La sezione 4 (1) (d) TMA, in particolare, stabilisce che: «(1) Un marchio che consiste di o contiene – […] (d) parole, lettere o dispositivi che possano indurre le persone a pensare che il richiedente abbia o abbia recentemente avuto il patrocinio (“patronage”) o l’autorizzazione reale, non deve essere registrato a meno che non appaia al cancelliere che il consenso è stato dato da o per conto di Sua Maestà o, a seconda dei casi, il membro pertinente della famiglia reale.»
Il team di Intellectual Property di S&G è a vostra disposizione per ogni chiarimento.