Può accadere che un giudice nazionale e l’EUIPO siano chiamati a pronunciarsi contemporaneamente circa la validità di un medesimo marchio. Detta possibilità può creare una c.d. incoerenza tra i giudicati nell’eventualità in cui i due organi si determinino diversamente. Per questo motivo, il Regolamento su Marchio dell’Unione Europea (RMUE) disciplina questa ipotesi prevedendo chi, nel caso specifico, debba sospendere il proprio procedimento in attesa della definizione dell’altro.
Ebbene, con la sentenza n. 5491/22 del 18.02.2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla connessione tra procedimenti nazionali ed EUIPO inerenti alla validità di un marchio registrato, non senza sottolineare qualche imprecisione del legislatore europeo in sede di traduzione in italiano del Regolamento in questione.
Il background normativo
La disciplina in materia di connessione tra procedimenti è prevista all’art. 132 RMUE. I primi due paragrafi della norma definiscono, rispettivamente, i casi in cui sia il Tribunale a dover sospendere il proprio procedimento e viceversa:
“1. Se non esistono motivi particolari per proseguire il procedimento, il tribunale dei marchi UE adito per un’azione contemplata dall’articolo 124, diversa da un’azione di accertamento di non contraffazione, sospende il procedimento di propria iniziativa dopo aver sentito le parti, ovvero a richiesta di una delle parti e sentite le altre, ove la validità del marchio UE sia già contestata dinanzi a un altro tribunale dei marchi UE con una domanda riconvenzionale o sia stata presentata una domanda di decadenza o di nullità presso l’Ufficio.
2. Se non esistono motivi particolari per proseguire il procedimento, l’Ufficio al quale sia stata presentata una domanda di decadenza o di nullità sospende il procedimento di propria iniziativa dopo aver sentito le parti, ovvero a richiesta di una delle parti e sentite le altre, quando la validità del marchio UE sia già stata contestata dinanzi a un tribunale dei marchi UE con una domanda riconvenzionale. Tuttavia, qualora una delle parti nel procedimento dinanzi al tribunale dei marchi UE lo chieda, il tribunale, sentite le altre parti, può sospendere il procedimento. In tal caso l’Ufficio prosegue il procedimento dinanzi a esso pendente“
Come si può notare, il Legislatore Europeo ha ritenuto opportuno utilizzare il criterio temporale per determinare chi, nel caso specifico, debba sospendere il proprio procedimento.
Le precisazioni della Corte sull’art. 132, par. 1, RMUE
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha avuto modo di specificare una potenziale ambiguità dell’art. 132, par. 2, RMUE, seconda parte. Infatti, la Corte rileva come l’avverbio temporale “già” non è ripetuto nella seconda ipotesi. Ossia, “ove la validità del marchio UE sia già contestata dinanzi a un altro tribunale dei marchi UE con una domanda riconvenzionale o sia [già] stata presentata una domanda di decadenza o di nullità presso l’Ufficio”.
In ragione di ciò, l’interprete potrebbe pensare che la domanda di decadenza o nullità presso l’Ufficio prevalga comunque.
Ma ciò non può essere almeno per due motivi:
- se si analizzano i testi del RMUE nelle altre principali lingue dell’UE (i.e. inglese, francese, spagnolo e tedesco), l’avverbio temporale è effettivamente ripetuto anche nella seconda ipotesi;
- diversamente argomentando, lo stesso paragrafo 2 dell’art. 132 RMUE perderebbe di significato.
La decisione
In ragione di quanto sopra, la Corte rilevava come la domanda riconvenzionale di nullità del marchio de quo era stata proposta dal convenuto con comparsa di risposta del 13.06.2016, mentre la domanda di nullità in sede EUIPO solo in data 14.10.2019. I termini giocavano indubbiamente in favore del Tribunale di marchi UE, sicché semmai l’EUIPO avrebbe dovuto sospendere il suo procedimento e non il giudice nazionale come da ricostruzione del ricorrente.
Inoltre, la Corte sottolineava come l’art. 132, par. 2, ultimo periodo, RMUE lasci al giudice un margine di discrezionalità per sospendere comunque il suo procedimento a favore dell’EUIPO. Tuttavia, il giudice di legittimità non ne ravvedeva i presupposti giustificativi, in considerazione: (i) dello stato del procedimento, (ii) della posizione ostativa assunta dal titolare del marchio, (iii) della presenza di altri importanti temi di discussioni diversi dal marchio UE e (iv) della solo limitata sovrapposizione dei temi di validità del marchio in discussione avanti all’EUIPO.