T.A.R. Lazio Roma, sez. III ter, 10/05/2021, n. 5439
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1693 del 2021, proposto da
Data Stampa S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Tommaso Raccuglia, Massimo Tirone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Federazione italiana Editori Giornali Fieg, R.C.S. Media Group S.p.A., Società Editrice Ss. Alessandro Ambrogio Bassiano S.p.A. Sesaab, L’Unione Sarda S.p.A., S.E.S. Società Editrice Sud S.p.A., Editoriale Domani S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Marco Annecchino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
– provvedimento presidenziale n. 16/20/PRES. dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – AGCOM reso in data 3/12/2020;
– della delibera n. 96/20/CSP della stessa Autorità – Commissione per i servizi e i prodotti, resa in data 4/12/2020 e della delibera n. 680/13/CONS della stessa Autorità del 12/12/2013 e successive modificazioni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, della Federazione Italiana Editori Giornali Fieg, di R.C.S. Media Group S.p.A., della Società Editrice Ss. Alessandro Ambrogio Bassiano S.p.A. Sesaab, dell’Unione Sarda S.p.A., di S.E.S. Società Editrice Sud S.p.A. e di Editoriale Domani S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio da remoto del giorno 7 aprile 2021 la cons. Paola Anna Gemma Di Cesare e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe la Data Stampa s.r.l. chiede l’annullamento dei provvedimenti, meglio indicati in epigrafe, con i quali l’AGCOM le ordinava di provvedere alla rimozione dal proprio servizio di rassegna stampa delle opere digitali di carattere editoriale consistenti negli articoli delle società editrici controinteressate (RCS Mediagroup SpA, Editoriale Domani SpA, L’Unione Sarda SpA, Sesaab SpA e Società Editrice Sud SpA, tutte associate alla Federazione Italiana Editori Giornali) recanti la clausola di riproduzione riservata e le intimava, altresì, di interrompere la riproduzione di tali articoli.
E’ altresì impugnato il regolamento AGCOM in materia di diritto d’autore ed è proposta domanda di risarcimento dei danni derivanti dall’asserita illegittimità degli atti gravati.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1) Violazione dell’art. 6, comma 3, del Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore dell’AGCOM per mancata archiviazione dell’esposto della FIEG per improcedibilità.
La ricorrente deduce che, essendo pendenti tra le stesse parti dei giudizi civili dinanzi al Tribunale di Milano, l’AGCOM avrebbe dovuto disporre l’archiviazione dell’esposto della FIEG per improcedibilità.
2) Illegittimità del Regolamento dell’AGCOM in materia di tutela del diritto d’autore per violazione degli artt. 24, 25, 101 e 104 della Costituzione e del D. Lgs. N. 70/2003.
La ricorrente deduce che il Regolamento, come interpretato dall’AGCOM, sarebbe illegittimo per violazione delle norme costituzionali che sanciscono la separazione dei poteri.
3) Illegittimità dei provvedimenti del 3 e del 4 dicembre 2020 per elusione del giudicato formatosi in sede civile in violazione degli art. 24, 25, 101 e 104 della Costituzione.
La ricorrente deduce che i provvedimenti adottati dall’AGCOM si porrebbero in contrasto con il giudicato formatosi in forza delle sentenze n. 816/2017 del Tribunale di Roma e n. 3931/2019 della Corte d’Appello di Roma, e la pretesa dell’AGCOM di sottoporre a critica l’accertamento del giudice civile contrasterebbe con le norme costituzionali in materia di separazione dei poteri.
4) Eccesso di potere per difetto di motivazione e travisamento dei fatti in ordine all’interpretazione del giudicato formatosi tra le parti in sede civile.
La ricorrente deduce che l’AGCOM avrebbe erroneamente interpretato la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 3931/2019, ritenendo che avrebbe riconosciuto la natura illecita della rassegna stampa solo in caso di utilizzazione di articoli per i quali l’editore si fosse riservato i diritti di riproduzione.
5) Violazione di legge [artt. 24, 25 101 e 104 Cost.; artt. 156 e sgg. L. 633/1941; D.Lgs. 70/2003; art. 6, lett. a) e b), L. 241/1990] e/o Eccesso di potere per travisamento dei fatti e/o falsità del presupposto, per difetto di istruttoria, e per violazione del principio di proporzionalità.
La ricorrente deduce la materiale inesistenza nella pagina internet indicata dall’AGCOM relativa alla “messa a disposizione” di riproduzioni delle opere editoriali oggetto dell’istanza che ha dato avvio al procedimento o di opere editoriali qualsivoglia e l’abusivo carattere giurisdizionale del provvedimento.
6) Violazione dell’art. 65 della Legge n. 633/1941.
La ricorrente deduce che l’AGCOM avrebbe erroneamente interpretato l’art. 65 LDA assumendo che gli articoli dei quali gli editori si riservino la riproduzione non possano essere inseriti nelle rassegne stampa.
7) Violazione di legge, ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione per travisamento dei fatti.
La ricorrente deduce che l’AGCOM avrebbe erroneamente contestato l’assenza di misure tecniche atte ad impedire la diffusione delle rassegne stampa da parte dei clienti.
8) Violazione dell’art. 6 L. 241/1990 e eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
La ricorrente deduce che, in modo del tutto erroneo, l’AGCOM avrebbe escluso che da un suo provvedimento di “rimozione selettiva” di articoli potesse derivare un impedimento concreto all’espletamento del servizio di rassegna stampa.
Per resistere al ricorso si sono costituite l’AGCOM, la Fieg e le società editrici indicate in epigrafe, chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato nel merito.
Alla camera di consiglio del 7 aprile 2021, tenutasi in modalità da remoto, le parti sono state avvisate in merito alla possibilità di definizione del giudizio con sentenza ai sensi dell’art. 60 c.p.c..
DIRITTO
1.- Il giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento del provvedimento dell’AGCOM, che ha ordinato alla ricorrente di provvedere alla rimozione dal servizio di rassegna stampa delle opere digitali di carattere editoriale recanti la clausola di riproduzione riservata.
2.- Sulla violazione dell’art. 6 del regolamento AGCOM sulla tutela del diritto d’autore e sulla violazione del giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Roma (primo, terzo e quarto motivo).
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 6 del regolamento AGCOM sulla tutela del diritto d’autore, atteso che la pendenza di giudizi civili avrebbe dovuto indurre l’Autorità a dichiarare l’improcedibilità del procedimento attivato dalla controinteressata e conclusosi con il provvedimento inibitorio gravato. Si tratterebbe dei giudizi pendenti presso il Tribunale di Milano (R.G. n. 30679/2020 contro FIEG ed altra società; n. 39274/2020 R.G. contro Rizzoli Corriere della Sera Mediagroup s.p.a.; atto di citazione notificato il 13/11/2020 contro Sesaab S.p.a, L’Unione Sarda S.p.a., Società Editrice Sud S.p.a. e Editoriale Domani S.p.a.) con i quali Data Stampa chiedeva accertarsi il proprio diritto ad inserire nelle rassegne stampa predisposte per i propri clienti gli articoli a riproduzione riservata, senza corrispondere alcun compenso agli editori.
Afferma la ricorrente che i giudizi civili pendenti sono stati tutti promossi sulla base del giudicato che si è formato tra Data Stampa e le società editrici convenute in forza della sentenza n. 816/2017 del Tribunale di Roma e della sentenza n. 3931/2019 della Corte d’Appello di Roma.
Di conseguenza, con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione da parte dell’AGCOM del giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale civile di Roma n. 816/2017 e ciò in spregio al principio di separazione dei poteri.
Peraltro l’Agcom avrebbe erroneamente interpretato il giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Roma, ritenendo erroneamente che esso avesse sancito il divieto di riproduzione di articoli recanti la clausola di riproduzione riservata (quarto motivo).
I motivi sono infondati.
Viene innanzitutto in rilievo l’art. 6, del Regolamento AGCOM sul diritto d’autore.
La norma prevede che il soggetto legittimato, qualora ritenga che un’opera digitale sia stata resa disponibile su una pagina internet in violazione della Legge sul diritto d’autore, può presentare un’istanza all’Autorità, chiedendone la rimozione.
Ai fini dell’ammissibilità dell’istanza l’art. 6 cit., comma 3, prevede che “il procedimento dinanzi all’Autorità non può essere promosso qualora per gli stessi diritti relativi alle medesime opere sia pendente un procedimento dinanzi all’Autorità giudiziaria”.
La disposizione è stata modificata con delibera 490/18 cons. laddove nella originaria formulazione la preclusione all’attivazione del procedimento dinnanzi all’AGCOM era preclusa in caso di pendenza di procedimento giurisdizionale avente il “medesimo oggetto e tra le stesse parti”.
La novella introdotta dalla delibera 490/18, dunque, restringe l’ambito di operatività della preclusione in questione all’ipotesi di pendenza di procedimento giurisdizionale in merito a diritti d’autore relativi “alle medesime opere”.
La ratio di tale restrizione, frutto del recepimento dei rilievi dei soggetti interessati coinvolti nella consultazione pubblica che ha preceduto l’adozione della delibera 490/18, è quella di evitare che qualsiasi procedimento giurisdizionale incardinato possa sempre impedire o bloccare il procedimento dinanzi l’Autorità anche laddove questo riguardi diritti e opere diverse da quelle oggetto del procedimento giurisdizionale.
Orbene, nella specie non ricorrono le condizioni ostative all’avvio del procedimento presso l’Autorità, non risultando comprovato da parte ricorrente che nei giudizi civili pendenti si controverta specificamente sulle stesse opere oggetto del procedimento avviato dall’AGCOM. La mancanza del requisito oggettivo dell’identità delle opere (recte: di un’azione inibitoria civile per la rimozione delle medesime) determina che non si verifica la preclusione di cui all’art. 6, comma 3 del regolamento.
Né ricorre la condizione ostativa derivante dalla formazione del giudicato.
L’autorità della cosa giudicata di cui all’art. 2909 c.c. può essere invocata solo in materia di questioni identiche sia oggettivamente che soggettivamente e pertanto non può essere invocata nei confronti dell’AGCOM, non essendo quest’ultima stata parte di quel giudizio, nel quale non si verteva, altresì, in materia di sindacato del potere dell’Autorità.
3.- Sulla dedotta illegittimità del regolamento AGCOM a tutela del diritto d’autore per violazione della Costituzione (secondo motivo).
La ricorrente afferma che, qualora si interpretasse l’art. 6 del regolamento AGCOM in materia di diritto d’autore nel senso di consentire all’AGCOM di emanare provvedimenti in materia di violazione del diritto d’autore sulla base di una sua valutazione autonoma, senza essere tenuta a rispettare l’accertamento compiuto dall’Autorità giudiziaria con sentenza passata in giudicato e nonostante la pendenza di giudizi civili, dovrebbe concludersi che sarebbe illegittimo lo stesso Regolamento dell’AGCOM, per contrasto con il principio di separazione dei poteri e con gli artt. 24, 25, 101 e 104 della Costituzione, oltre che con le disposizioni del D. Lgs. n. 70/2003.
Il motivo non è condivisibile.
La sezione prima di questo TAR (sentenza 4101/2017) ha già avuto modo di pronunciarsi sulla questione, affermando la legittimità del potere attribuito all’AGCOM alla luce di una lettura sistematica delle norme.
Ed, invero, come pure affermato dal richiamato precedente della prima sezione, il fondamento normativo del potere regolamentare e di vigilanza dell’Autorità dell’AGCOM si rinviene nell’art. 1, comma 6, lett. b), n. 4-bis della Legge n. 249 del 1997, che affida all’Autorità “i compiti attribuiti dall’articolo 182-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni”, sul diritto di autore.
La norma attribuisce ad Agcom e Siae “nell’ambito delle rispettive competenze previste dalla legge”, e al fine di prevenire ed accertare le violazioni della legge sul diritto di autore, precipui compiti di vigilanza.
Peraltro, aggiunge la prima sezione nel precedente citato che il fondamento di detto potere regolamentare dell’AGCOM nonché del potere di vigilanza, da esercitarsi anche con l’imposizione di misure volte a porre termine alle violazioni della disciplina sul diritto d’autore si evince da una lettura sistematica delle disposizioni del d.lgs. n. 70/2003 (artt. 14, 15, 16, 17).
Né <> (TAR Lazio, I sez., sentenza 4101/2017).
Nel sistema di tutela a doppio binario, l’AGCOM non interviene a dirimere controversie tra privati, ma interviene nell’esercizio di un più ampio potere pubblicistico di vigilanza, ordinando la rimozione di determinate opere riprodotte in violazione del diritto d’autore.
Ritiene, quindi, il Collegio che il sistema delineato dal legislatore e recepito dal regolamento AGCOM non contrasta con il principio di separazione dei poteri né elude il principio del giudicato, che risulta garantito dall’art. 6 del regolamento stesso, laddove preclude l’attivazione del procedimento da parte dell’AGCOM laddove “per gli stessi diritti relativi alle medesime opere sia pendente un procedimento dinanzi all’Autorità giudiziaria”.
4.-Sulla presunta insussistenza del requisito della messa a disposizione in rete delle opere (quinto motivo).
Con il quinto motivo la ricorrente deduce che l’AGCOM avrebbe disposto la rimozione degli articoli sulla base dell’erroneo presupposto della “messa a disposizione in rete” delle opere editoriali oggetto dell’istanza alla pagina internet http://www.ow9.rassegnestampa.it.
La censura non ha pregio.
Dalla lettura complessiva del provvedimento, contrariamente a quanto assunto dalla ricorrente, non è in alcun modo desumibile che le opere risultassero nella rete “aperta” accessibile a tutti. L’Autorità rileva che (pag. 17, par. 3 del provvedimento) la messa a disposizione delle opere oggetto di segnalazione tramite il sito indicato avveniva da parte della clientela del servizio di rassegna stampa.
5.- Sulla violazione della legge sul diritto d’autore (sesto motivo)
Secondo la prospettazione di parte ricorrente gli artt. 65 e 13 della Legge sul diritto d’autore non devono essere interpretati mediante le categorie giuridiche e concettuali presupposte dal legislatore del ’41 ovvero secondo la concezione ottocentesca delle libertà negative, ma alla luce dei principi della Carta Costituzionale del 1948 in materia di informazione e di proprietà privata dei beni. Nel sistema costituzionale l’art. 65 si configura come eccezionale rispetto alla regola generale statuita dall’art. 13 e quindi in termini di appartenenza all’editore di giornali o riviste del monopolio del diritto di riprodurli in modo diretto o indiretto, temporaneo o permanente, totale o parziale, con illimitata facoltà di riservare anche la riproduzione degli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso. Consentire agli editori di impedire la riproduzione di articoli determinerebbe un vulnus al diritto all’informazione, menomando la libertà di informare e di essere informato che è appannaggio costituzionale di ogni consociato, pregiudicando la compiuta realizzazione dell’interesse generale all’informazione costituzionalmente garantito, e compromettendo pertanto l’attuazione del principio democratico. Si inciderebbe, infatti, sul circuito dell’informazione se si consentisse ad un gruppo di editori con abuso di posizione dominante di monopolizzare le informazioni. Conclude la ricorrente che i principi affermati nella sentenza della Corte d’appello di Roma offrono l’unica ricostruzione possibile e coerente con le norme costituzionali di riferimento, laddove affermano la natura eccezionale e speciale dell’art. 65 della legge sul diritto d’autore (che si riferisce solo alla riproduzione su “riviste e giornali”), che non consente un’interpretazione analogica.
Le rassegne stampa non sarebbero quindi sussumibili entro la species dei giornali, riviste e consimili, stante la loro diversità per la naturale destinazione delle medesime ad utenti determinati e non al pubblico, con conseguente assenza di violazione della ratio anticoncorrenziale sottostante al divieto di riproducibilità contenuto nell’art. 65 cit.. Peraltro, si tratterebbe di un attività e prodotto diverso.
I motivi non hanno pregio.
5.1.- Il quadro normativo di riferimento
Occorre premettere che la questione giuridica da risolvere non attiene alla liceità dell’attività di rassegna stampa svolta dalle società di media monitoring, quanto alla liceità di riproduzione in dette rassegne, di articoli di cui l’autore se ne sia riservata la riproduzione ovvero in mancanza dell’autorizzazione dell’editore.
La redazione e diffusione di rassegne stampa non sono espressamente disciplinate nel nostro ordinamento.
L’unica norma che fa riferimento alle rassegne stampa, citata pure da parte ricorrente e richiamata anche dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 816/2017, è l’art. 10, comma 1, della Convenzione di di Berna ratificata dalla L. 20/06/1978, n. 399, secondo cui “sono lecite le citazioni tratte da un’opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampa, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo”.
Tuttavia, tale disposizione non è risolutiva della questione giuridica in esame.
In primo luogo perché la Convenzione di Berna non è direttamente applicabile alla fattispecie in oggetto, in quanto essa individua il regime di protezione cui i Paesi dell’Unione sottopongono gli autori stranieri (art. 5 della convenzione), mentre non trova applicazione in relazione a fattispecie che, come quella in esame, non presentando elementi di estraneità, si esauriscono sul piano del mero diritto interno (la non applicabilità al diritto interno della Convenzione di Berna è stata affermata anche dalla Corte d’appello di Roma con la sentenza 3931/2019 che ha riformato, con diversa motivazione, la sentenza del Tribunale n.816/2017).
Inoltre, la convenzione fa riferimento alle sole “citazioni” di opere e quindi non alla loro integrale riproduzione, così come accertato nel caso in esame. E comunque anche dette citazioni, ovvero riproduzioni parziali, devono conformarsi ai buoni usi e quindi ai limiti derivanti dal diritto interno, ovvero non devono pregiudicare i diritti dell’autore.
Venendo quindi al diritto interno, il cuore del problema sta nell’applicabilità alle rassegne stampa dell’eccezione alla riproducibilità degli articoli prevista dall’art. 65 della legge sul diritto d’autore.
Gli articoli di giornale sono scritti originali, che possono contenere notizie o comunque trarre spunto dall’attualità, tutelati in quanto opere dell’ingegno.
Il titolare dei diritti d’autore sull’articolo è l’autore.
Per quanto riguarda il contenuto l’ art. 2577 c.c. e gli artt. 12 e ss. della legge 633/1941 individuano due aspetti distinti: un complesso di diritti di natura non patrimoniale (c.d. diritto morale d’autore) ed un complesso di diritti attinenti allo sfruttamento economico dell’opera (c.d. diritto patrimoniale d’autore).
Il diritto morale d’autore (artt. 20-24 della l.d.a.) concerne la paternità, ovvero il diritto ad essere riconosciuto come autore dell’opera, ed è un diritto inalienabile, imprescrittibile, irrinunciabile, che consente, tra l’altro, di opporsi alla riproduzione dell’opera, di difendersi dal plagio, di non pubblicare l’opera e precluderne qualsiasi sfruttamento economico.
Il diritto patrimoniale d’autore concerne, invece, il diritto di utilizzazione economica dell’opera e la pubblicazione, definibile come la messa a disposizione di una determinata quantità di persone, rappresenta la prima forma di esercizio di tale sfruttamento economico, che può anche avvenire tramite la riproduzione, con qualsiasi mezzo di comunicazione, dell’opera.
Queste attività sono elencate dagli artt. 12 ss. della l.d.a., che elenca le facoltà ricomprese nel diritto patrimoniale, sostanzialmente riconducibili alla riproduzione, pubblicazione, commercio e diffusione dell’opera. Si tratta di attività riservate che costituiscono prerogativa esclusiva dell’autore, il che comporta che chiunque voglia porre in essere una delle suddette attività non può prescindere dal consenso o dall’autorizzazione dell’autore o del soggetto cessionario dei diritti.
Il diritto patrimoniale d’autore può essere, infatti, ceduto ad altri (tale cessione si realizza in genere con il contratto di edizione disciplinato dagli artt. 118 e ss. l.d.a.)
Ne consegue che non risulta illecita la pretesa di concedere l’autorizzazione alla riproduzione o sfruttamento dei diritti patrimoniali d’autore dietro il pagamento dei c.d. diritti di licenza.
Nell’ambito dei giornali, all’autore, spetta il diritto di utilizzare separatamente il proprio contributo (art. 38, comma 2, l.d.a.) e, altresì, il diritto di riprodurre l’articolo in altre riviste o giornali (art. 42, comma 2, l.d.a.).
In base all’art. 3 l.d.a., al diritto dell’autore sul singolo articolo di giornale si affianca il diritto d’autore sul giornale come opera collettiva, inteso a tutelare l’attività di scelta e di coordinamento dei singoli contributi.
L’art. 38 l.d.a. attribuisce i diritti patrimoniali sull’opera collettiva giornale non tanto al direttore, che dirige la creazione dell’opera nel suo complesso, effettuando la scelta e il coordinamento dei singoli contributi e che, in forza all’art. 7 l.d.a., è il titolare dei diritti morali, ma all’editore, in questo modo premiando l’apporto di organizzazione e l’impiego di mezzi e capitali.
Quanto al contenuto, i singoli articoli di giornale contengono sia opere dell’ingegno coperte dal diritto d’autore sia notizie (descrizione di un fatto di attualità senza alcun contenuto di originalità) e informazioni (quelle che portano il lettore a conoscenza di eventi, ad es. televisivi, cinematografici e teatrali, ma anche orari di apertura di servizi di pubblica utilità) non oggetto di diritto d’autore.
La legge disciplina il diritto alla riproduzione in entrambi i casi.
Per gli articoli dotati di originalità, la riproduzione dell’opera è un diritto esclusivo, salvo le ipotesi, previste dalla legge di utilizzazioni libere (art. 65 l.d.a.).
L’art. 65 l.d.a., prevede che “gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati in riviste o giornali, possono essere liberamente riprodotti in altre riviste o giornali anche radiofonici, se la riproduzione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la rivista o il giornale da cui sono tratti, la data e il numero di detta rivista o giornale e il nome dell’autore, se l’articolo è firmato”.
Il diritto alla riproduzione di informazioni e notizie è disciplinato dall’art. 101 l.d.a., il quale prevede che “la riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Sono considerati atti illeciti:
a) la riproduzione o la radiodiffusione, senza autorizzazione, dei bollettini di informazione forniti dalle agenzie giornalistiche o di informazioni, prima che siano trascorse sedici ore dalla diramazione del bollettino stesso, e comunque prima della pubblicazione in un giornale o altro periodico che ne abbia ricevuto la facoltà da parte dell’agenzia (…);
b) la riproduzione sistematica di informazioni o notizie, pubblicate o radiodiffuse, a fine di lucro, sia da parte di giornali o altri periodici, sia da parte di imprese di radiodiffusione”.
Dall’interpretazione delle disposizioni sopra richiamate è possibile estrapolare le seguenti regole:
a) la liceità della riproduzione dell’articolo (opera dell’ingegno) in altre riviste e giornali, indipendentemente dal carattere sistematico o meno della riproduzione, purché il titolare dei diritti non si sia riservato la riproduzione;
b) l’illiceità della riproduzione di articoli (opere dell’ingegno) di cui l’autore si sia riservato la riproduzione; il diritto dell’autore di escludere la riproduzione dei propri articoli da parte di altri soggetti è sistematicamente connesso alle disposizioni di cui agli artt. 38, comma 2 e 42, comma 2, che consentono all’autore la ripubblicazione del contributo anche altrove in un momento successivo a quello della prima pubblicazione;
c) l’illiceità della riproduzione dell’articolo (contenente notizie e informazioni) se compiuta in modo sistematico a scopo di lucro e/o in tempo reale.
Sul fronte del diritto sovranazionale, anche il diritto comunitario mira a perseguire “un sistema efficace e rigoroso di protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi”, come “uno dei principali strumenti in grado di garantire alla creazione e alla produzione culturale europea le risorse necessarie nonché di preservare l’autonomia e la dignità di creatori e interpreti o esecutori” i quali, “per continuare la loro attività creativa e artistica…debbono ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere … (decimo e undicesimo considerando della direttiva 2001/29).
La stessa direttiva 2001/29 precisa altresì che “ogni armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe prendere le mosse da un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale” (nono considerando).
Ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva 2001/29:
«Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte: a) agli autori, per quanto riguarda le loro opere».
L’art. 5 della medesima direttiva così recita:
«1. Sono esentati dal diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 gli atti di riproduzione temporanea di cui all’articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire:
a) la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o
b) un utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali.
(…)
5. Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare».
Dunque, il diritto esclusivo dell’autore (o del soggetto al quale questi ha concesso i diritti patrimoniali di sfruttamento dell’opera) di autorizzare o vietare la riproduzione in tutto o in parte delle loro opere è riconosciuto anche dal diritto comunitario (art. 2, lett. a), della direttiva 2001/29).
5.1.- Sull’estensibilità delle norme a tutela del diritto d’autore al servizio di rassegna stampa
Ricostruito il contesto normativo di riferimento, il Collegio non condivide la tesi di parte ricorrente, mutuata alla pronuncia del Tribunale di Roma (sentenza 18 gennaio 2017, n. 816), secondo la quale l’interpretazione letterale dell’art. 65 cit. in caso di clausola di riserva condurrebbe a rendere illecita la sola riproduzione in “riviste o giornali” e non quindi nelle rassegne stampa. Tale tesi si fonda sulla considerazione che la riserva di riproduzione, costituendo disposizione eccezionale alla regola della libera informazione evincibile dall’art. 65 l.d.a., sarebbe insuscettibile di interpretazione analogica e quindi non estensibile ad altri strumenti di comunicazione che non siano “riviste o giornali”.
Al riguardo, il Collegio ritiene invece di dover aderire ad una interpretazione sistematica, che tenga conto della “ratio” della legge e del quadro normativo di riferimento.
Ed, invero, proprio perché l’art. 65 della l.d.a., come sopra chiarito, costituisce frutto di un bilanciamento tra il valore costituzionale dell’informazione e il diritto d’autore, non è preclusa l’interpretazione analogica che consente di annoverare anche le rassegne stampa nel campo di applicazione della norma.
Non va, inoltre, dimenticato che la riproduzione costituisce in ogni caso un diritto esclusivo dell’autore o dell’editore (salve le ipotesi di riproduzioni libere ex art. 65 l.d.a.) riconosciuto anche dal diritto comunitario, che esclude da tale diritto di riproduzione e quindi dall’autorizzazione solo gli atti di riproduzione temporanea privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori.
La tesi della natura eccezionale del divieto di riproduzione in caso di espressa riserva dell’autore non può pertanto essere accolta, in quanto non compatibile neanche con il diritto comunitario.
D’altra parte, la legge del diritto d’autore, approvata nell’anno 1941, laddove si riferisce solo a riviste e giornali non può non essere contestualizzata ai mezzi di comunicazione odierni, tenendo in conto anche le radicali trasformazioni del modo in cui le opere dell’ingegno vengono create, riprodotte, pubblicate e fruite nel nuovo ambiente digitale. La riproduzione, infatti, ha un ampio contenuto in relazione alla varietà dei mezzi oggi utilizzabili per la diffusione degli articoli (rete internet, intranet, posta elettronica, radio, televisione).
5.2.- Sulla presunta non applicabilità alla rassegna stampa del divieto di riproduzione
Resta a questo punto da sciogliere il seguente nodo: se l’operazione di selezione e coordinamento degli articoli costituisca un aliquid novi ovvero valga ad introdurre un quid pluris tale da rendere la rassegna stampa un’opera diversa, per così dire di secondo grado, non assimilabile ad una pubblicazione su riviste e giornali.
La sezione non condivide la tesi secondo la quale la società di media monitoring, non svolgerebbe attività concorrenziale a quella delle società editrici affiliate alla FIEG e controinteressate. Sostiene, al riguardo, la ricorrente che l’abbonamento on line alla testata non è succedaneo rispetto al servizio di rassegna stampa, il cui valore aggiunto sarebbe quello di saper individuare le preferenze dei clienti per fornire una informazione idonea a soddisfare le esigenze personali attraverso un’attività di organizzazione e selezione degli articoli.
A parere della sezione, la circostanza che la società di media monitoring svolga selezione e organizzazione delle opere non costituisce scriminante al divieto di riproduzione di articoli di giornale o di parti o pagine di giornale, in cui vi sia la riserva della riproduzione, in quanto non contemplata né dal diritto interno né dal diritto comunitario.
L’attività resta quindi lesiva del diritto di proprietà intellettuale dell’autore dell’articolo e dei connessi diritti patrimoniali dell’editore.
D’altra parte non si può negare che la creazione di banche dati come quelle create dalle società di media monitoring ricorrente, il cui servizio viene realizzato con la riproduzione di articoli integrali pubblicati sul quotidiano controinteressato, non comporti una diminuzione, non giustificata peraltro da alcun interesse pubblico o generale, del profitto che l’editore può legittimamente aspettarsi dallo sfruttamento monopolistico connesso al diritto patrimoniale d’autore che ha a sua volta acquisito dall’autore dell’opera.
Né può ragionevolmente negarsi che, nel caso di utilizzazione da parte di terzi di parti dell’opera collettiva giornale nell’ambito delle rassegne di stampa, i singoli contributi non siano ancora percepiti e valutati dagli utenti della banca dati come parti dell’originaria opera collettiva e non come gli elementi di una raccolta diversa ed autonoma. Insomma, è ancora il diritto sull’opera originaria, e non quello eventualmente sussistente sulle parti separate di esso, a venire in rilievo.
Ad un diverso approdo ermeneutico potrebbe pervenirsi se la rassegna stampa si limitasse a fornire informazioni non complete, si limitasse ad una mera citazione dell’articolo giornalistico, lasciando inalterato il bisogno per il lettore di acquistare copia del periodico per leggervi l’articolo di suo interesse, oppure se si limitasse a riprendere una parte non rilevante dei contributi presenti sul giornale e li riorganizzasse e sintetizzasse autonomamente, senza riprodurre integralmente gli articoli.
In conclusione, è proprio l’elemento della completezza dell’articolo riprodotto a rendere la rassegna stampa un succedaneo dell’acquisto del giornale.
5.3.- La giurisprudenza e il diritto comunitario
Le conclusioni sopra rassegnate sul diritto esclusivo alla riproduzione, che illustrano le ragioni per le quali il Collegio non condivide la tesi di parte ricorrente, sono in linea non solo con la giurisprudenza comunitaria e con quella interna, ma anche con la direttiva Dir. 17/04/2019, n. 2019/790/UE.
La Corte di Giustizia (Infopaq C-5- 2009, sez. IV, 16 luglio 2009) proprio con riferimento alla riproduzione degli articoli di giornale, ha ritenuto contraria al diritto comunitario la riproduzione parziale di articoli di giornali non autorizzata ed ha affermato i seguenti principi:
– gli articoli di giornale, in quanto dotati di originalità, rappresentano la creazione intellettuale del loro autore e rientrano nell’ambito d’applicazione della direttiva 2001/29;
– il principio della necessità di un’autorizzazione del titolare del diritto d’autore per qualsiasi riproduzione di un’opera protetta costituisce principio generale sancito dalla direttiva 2001/29;
-una deroga a tale principio generale è sancita nei casi tassativi previsti dall’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 ovvero qualora la riproduzione soddisfi cinque requisiti, vale a dire qualora:
1) tale atto sia temporaneo;
2) sia transitorio o accessorio;
3) costituisca parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico;
4) il procedimento sia eseguito all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali;
5) tale atto sia privo di rilievo economico proprio.
La Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. I, 20-09-2006, n. 20410) ha affermato l’illeceità della riproduzione degli articoli nella rassegna stampa sia sotto il profilo della violazione dell’art. 65 l.d.a. qualora il titolare dei diritti di sfruttamento se ne se ne sia riservata la riproduzione o la utilizzazione sia sotto il profilo della violazione degli articoli 101 l.d.a. e dell’art. 2598 c.c. ovvero come concorrenza sleale, giacché la rassegna stampa distribuita a scopo di lucro “realizza una vendita del prodotto offerto al mercato dall’editore dell’opera riprodotta, in tutto o in parte, con caratteristiche parassitarie” (anche la giurisprudenza di merito ha ritenuto che la riproduzione sistematica in una rassegna stampa di articoli giornalistici e di notizie tratti da pubblicazioni altrui, ancorché effettuata mediante strumenti informatici e telematici, costituisce un illecito sotto il duplice profilo della concorrenza sleale e della violazione del diritto d’autore; in tal senso cfr. Tribunale Milano, 08/04/1997; Tribunale, Genova , 03/12/1997).
Peraltro, va evidenziato che la sentenza della Corte d’appello (sentenza 3931/2019, che ha confermato con diversa motivazione sentenza del Tribunale di Roma n. 816/17), pur approdando a conclusioni non condivise dal Collegio in merito alla non succedaneità della rassegna stampa per mancanza di prova, in quel giudizio, della leggibilità della stessa in modalità sfogliata- circostanza che invece si verifica nella specie- si è comunque conformata all’orientamento della Corte di Cassazione, ritenendo lecita l’attività di rassegna stampa sull’assunto che in quel giudizio “non si fa (faceva) questione della riproduzione di articoli oggetto di riserva” ai sensi dell’art. 65 della legge sul diritto d’autore (pag. 15 della sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3931/2019).
In linea con quanto sopra sostenuto, merita, infine, di essere richiamata la direttiva n. 2019/790/UE, che integra la sopra citata direttiva 2001/29/CE e che, pur se non ancora recepita (il termine per il recepimento scade a giugno 2021) contiene comunque principi conformi all’acquis comunitario in materia di diritto d’autore.
L’art. 15 di tale direttiva introduce una tutela giuridica armonizzata proprio per gli utilizzi online di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione, con il dichiarato scopo di incoraggiare l’editoria e di tutelare, nel contempo, la posizione degli autori, che avranno il diritto di ricevere una remunerazione adeguata per lo sfruttamento delle proprie opere.
Il contenuto del nuovo diritto è delineato dal par. 1 dell’art. 15 che riconosce agli editori di giornali: il diritto di riproduzione (ovvero:
<>, art. 2 paragrafo 2, della direttiva 2001/29/CE);
il diritto di messa a disposizione del pubblico in forma interattiva, cioè «il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la messa a disposizione del pubblico, su filo o senza filo, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente» (art. 3 par. 2 della direttiva 2001/29/CE).
Come emerge dai considerando della direttiva 790/2019 le ragioni che hanno indotto il legislatore europeo a introdurre questo nuovo diritto sono frutto della necessità di contemperare le esigenze di reddittività delle pubblicazioni giornalistiche (in virtù della riduzione degli introiti dovuta alla diffusione online delle informazione) da un lato, con la necessità, dall’altro, di garantire sia il pluralismo informativo messo a repentaglio dal declino della carta stampata, con effetto negativo sulla formazione di un’opinione pubblica democratica sia la sostenibilità dell’editoria tradizionale cui è collegata l’affidabilità delle informazioni messe a disposizione degli utenti (considerando 55).
In definitiva, l’AGCOM ha correttamente applicato le sopra citate disposizioni sul diritto d’autore, ben potendo i titolari del diritto patrimoniale pretendere la rimozione di opere riprodotte integralmente sulla rassegna stampa della società ricorrente, in assenza di licenza o autorizzazione.
6.- Sull’abuso di posizione dominante e limitazione dell’attività d’impresa della società di media monitoring per impossibilità di rimozione selettiva degli articoli (sesto e ottavo motivo)
La ricorrente prospetta l’abuso del diritto e l’abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 101, comma 1, TFUE da parte delle società controinteressate che, apponendo la clausola di riproduzione riservata su quasi tutti gli articoli, limiterebbe così alla società di media monitoring di esercitare il diritto costituzionalmente garantito di cui all’art. 41 Cost.
Peraltro- aggiunge la ricorrente- gli ordinari contratti di fornitura di servizi di rassegna stampa e la totalità dei bandi pubblici per l’affidamento di simili servizi non contemplerebbero alcuna distinzione tra articoli a riproduzione riservata e non. Conseguentemente rimozioni e interruzioni di riproduzione quali quelle ordinate dall’AGCOM comporterebbero la materiale impossibilità di adempiere ai propri obblighi contrattuali verso la clientela e di partecipare a gare pubbliche per l’affidamento di servizi di rassegna stampa. Dunque, tale impossibilità si sostanzierebbe con ogni evidenza un “impedimento concreto”, anzi assoluto, all’esercizio di un’attività di rassegna stampa e quindi alla “continuità dell’impresa” della ricorrente stessa.
Le censure non hanno pregio.
Come chiarito dalla Corte di cassazione (Cass. civ., I sez. civ., 20 settembre 2006, n. 20410), il rifiuto sistematicamente opposto dall’editore in relazione al rilascio di licenze per riproduzione di articoli pubblicati nei propri giornali non costituisce abuso del diritto né violazione dell’art. 41 Cost., dato che la legge non subordina ad alcun presupposto la legittimità di tale rifiuto, in quanto l’editore è titolare, al riguardo, del diritto esclusivo di utilizzazione economica dell’opera.
Non sussiste, pertanto, alcun abuso nell’esercizio di un diritto protetto dall’ordinamento.
In ogni caso, alla ricorrente non è precluso l’esercizio della sua attività economica così come esercitata in passato, potendo comunque continuare ad erogare ai suoi clienti il medesimo servizio, comprensivo degli articoli a riproduzione riservata, ottenendo l’autorizzazione necessaria attraverso l’eventuale pagamento del corrispettivo richiesto.
7.- Il provvedimento dell’AGCOM come atto plurimotivato. Sulla diffusione della rassegna stampa presso un pubblico generalizzato (settimo motivo)
Applicando le coordinate sopra indicate al caso di specie emerge che la rassegna stampa (fatta come la fa la ricorrente) con la riproduzione integrale di articoli e di pagine di giornali, senza l’autorizzazione del titolare del diritto esclusivo alla riproduzione è illegittima.
Tale attività non assurge ad un’autonoma opera dell’ingegno, non effettuando alcuna sintesi e rielaborazione degli articoli, bensì una mera selezione di articoli altrui.
Trattandosi di attività svolta a scopo di lucro e con carattere di sistematicità non ricorre, peraltro, alcuna esimente.
Ne consegue che l’AGCOM ha correttamente posto alla base dell’ordine di rimozione la considerazione che la riproduzione integrale degli articoli, senza licenza, costituisce violazione delle norme sul diritto d’autore.
Più in particolare, sono due i motivi sui quali l’AGCOM fonda l’ordine di rimozione dalla rassegna stampa degli articoli recanti la clausola di riproduzione riservata:
a) la “violazione del diritto di riproduzione dell’opera dell’ingegno (art. 13 L. n. 633/1941, legge su diritto d’autore);
b) la violazione del diritto di comunicazione al pubblico (art. 16 L. cit.)”.
Il provvedimento gravato si atteggia come atto plurimotivato, ove ciascuno dei motivi è sufficiente a fondare l’ordine dell’Autorità, il che comporta che il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento (tra le tante: Consiglio di Stato sez. IV, 09/11/2020, n.6907).
Ne consegue il difetto d’interesse all’esame delle censure (contenute nel settimo motivo) volte a contestare l’altro motivo sul quale poggia il provvedimento: quello della diffusione presso un “pubblico” generalizzato.
Nel merito, tuttavia, le censure in questione sono pure infondate.
In primo luogo, la diffusione presso un pubblico generalizzato non è prevista dall’art. 16 delle l.d.a. quale condizione affinché possa essere configurata una violazione del diritto di riproduzione. Allo stesso modo l’ art. 13 della l.d.a., che disciplina il diritto di riproduzione, non inserisce la condizione della “diffusione presso un pubblico” quale elemento del concetto di “riproduzione”.
In secondo luogo, non risulta ragionevole la tesi di parte ricorrente che pretende di escludere il requisito della “comunicazione al pubblico” sulla base della circostanza che per l’accesso alle opere digitali contenute nella rassegna stampa è necessario l’utilizzo di username e password. Se così fosse, infatti, qualsiasi piattaforma digitale con servizi on demand potrebbe trasmettere film, eventi sportivi, senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore. Cosa che ovviamente non si verifica, posto che, alla luce del quadro normativo sopra delineato qualsiasi utilizzo di un’opera tutelata dal diritto d’autore richiede il consenso del suo titolare o del soggetto al quale è stato concesso il diritto patrimoniale di sfruttamento.
8.- Nuovi motivi introdotti con memoria non notificata
Con memoria depositata in data 2 marzo 2021 la ricorrente formula nuovi motivi prospettando l’illegittimità costituzionale: <
Prospetta, inoltre, la questione di legittimità costituzionale “dell’art. 30, I comma, lett. a) ed e), L. 1 marzo 2002, n. 39 (recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2001”) e degli artt. 1 e 9 D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 268 (recante “Attuazione della direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”), per la parte in cui, in violazione dei controlimiti di cui agli artt. 21, 42 secondo comma, 2 e 97 secondo comma, Cost., il primo nel delegare il Governo a dare attuazione alla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2001 mediante ridefinizione dell’oggetto del diritto esclusivo di riproduzione degli autori e dei titolari dei diritti connessi con specificazione che lo stesso concerne ogni forma di riproduzione, anche indiretta, temporanea o parziale, … e i secondi due nel riformulare con ridefinizione e ridisciplina conformi alla delega gli artt. 13 e 65 L. 22 aprile 1941, n. 633, non escludono l’uno dall’oggetto del diritto esclusivo di riprodurre le riproduzioni di articoli di giornali e riviste su mezzi informativi, e l’altro dall’ambito di portata preclusiva della riserva di riproduzione la fattispecie di riproduzione su mezzi informativi non diretti al pubblico.
In disparte la manifesta infondatezza delle questioni prospettate, trattandosi, come già chiarito di normativa conforme al diritto comunitario, trattasi di motivi inammissiibili, in quanto proposti per la prima volta con memoria non notificata.
8.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
9.- Le spese di lite, alla luce della assoluta novità delle questioni trattate, sono integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio da remoto del giorno 7 aprile 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giampiero Lo Presti, Presidente
Paola Anna Gemma Di Cesare, Consigliere, Estensore
Emanuela Traina, Referendario