Tribunale di Bari (ord.), 27/04/2021
ORDINANZA
(Giudice: dott.ssa Raffaella Simone)
letti gli atti del procedimento R.G. 630/2021 promosso da:
INTERFLORA ITALIA S.P.A. (P.Iva 08998971009), con il patrocinio degli avv.ti Stefano Previti, Vincenzo Colarocco, Priscilla Casoni e Giuseppe Gisonda, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Bari, Via Giuseppe Re David n. 3/E
– ricorrente –
nei confronti di
INTERNATIONAL FLORA S.R.L.S., contumace
– resistente –
OSSERVA
Con ricorso del 21.01.2021 Interflora Italia s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, ha richiesto che, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., in via d’urgenza ed inaudita altera parte:
ordinato di non utilizzare lo stesso (marchio);
– venga ordinato alla resistente di inserire la keyword “Interflora” come parola negativa sul motore di ricerca Google;
– venga fissata una somma, non inferiore ad € 10.000,00 (o nella diversa misura ritenuta di giustizia) per ogni violazione o inosservanza del provvedimento e per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento medesimo;
– venga ordinato che, ai sensi dell’art. 166 della L. 633/1941, l’emanando provvedimento sia pubblicato in tutto o in parte con carattere grassetto “Times New Roman n. 14”, nelle edizioni cartacee e nelle edizioni on-line, a cura della ricorrente, ma ad esclusive spese delle resistenti, sulla prima pagina dei seguenti quotidiani/periodici: “MF”, “Il Sole 24 Ore”, “Il Corriere della Sera”, “Il Giornale”, nonché nella pagina principale (homepage) del portale www.internationalflora.com
– la resistente venga condannata alle spese e compensi, oltre CNPA ed IVA, oltre rimborso forfettario spese legali da liquidarsi ex art. 669-octies, comma 7, c.p.c..
La ricorrente ha riferito di essere una società iscritta nel Registro delle Imprese di Milano (n. 08998971009), titolare – per il territorio italiano – del marchio registrato “Interflora” e che, al fine di promuovere la propria attività professionale e commerciale sul web, ha effettuato molteplici investimenti sul proprio marchio “Interflora” (registrato con domanda n. 2016000131204, depositato il 27.12.2016, per le classi 31, 35, 36, 38, 39, 41, 44), anche nel servizio Google Ads (in passato, AdWords) tramite l’acquisto di parole chiave (keywords), al fine di migliorare la propria posizione nell’ordine di visualizzazione delle ricerche effettuate dagli utenti sul motore di ricerca.
Nello specifico, poi, la ricorrente ha lamentato di aver da tempo iniziato a ricevere segnalazioni e reclami da parte di asseriti clienti, i quali lamentavano ritardi e/o mancate consegne, ovvero errori ricorrente, bensì riconducibili alla piattaforma di International Flora.
In seguito, la ricorrente, effettuando delle verifiche, ha scoperto che, digitando all’interno del motore di ricerca di Google il termine “Interflora” appariva un annuncio pubblicitario, successivo a quello direttamente riferibile alla ricorrente, che rinviava proprio al sito web www.internationalflora.com.
Ben consapevole della potenzialità lesiva dell’attività posta in essere dalla società concorrente International Flora, in data 16.10.2018 Interflora la diffidava a “cessare ed interrompere immediatamente –e comunque entro e non oltre 24 ore dal ricevimento della presente– ogni utilizzo abusivo, in qualsiasi modo o forma, anche parziale, del Marchio (Interflora) e per gli effetti a non utilizzare lo stesso”, avvertendola che, in mancanza di un tempestivo riscontro, sarebbe stata adita l’autorità giudiziaria competente per il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non cagionati alla ricorrente.
Successivamente, Interflora diffidava anche Google a “cessare – entro e non oltre ventiquattro ore- la vendita e/o qualsivoglia ulteriore utilizzo della parola chiave “Interflora” in favore del portale www.InternationalFlora.it”, sostenendo che l’impiego abusivo della keyword “Interflora” da parte di International Flora integrasse gravi ipotesi di violazione dei segni distintivi Interflora e di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., nei quali concorrono non solo gli autori materiali, ma anche tutti coloro che – ancorché solo indirettamente – abbiano reso possibile o anche solo agevolato le condotte lesive.
Non avendo avuto le diffide suddette esito positivo, Interflora si rivolgeva nuovamente agli effetti, a non utilizzare lo stesso”.
A tale diffida non seguiva alcun riscontro da parte dell’odierna resistente, mentre Google replicava alla ricorrente dichiarando che, all’esito di indagini interne, “gli annunci che utilizzano tali marchi nel proprio testo non dovrebbero essere pubblicati, a meno che non siano conformi alle norme per i rivenditori e i siti di informazioni o siano destinati a paesi e/o aree geografiche fuori dall’ambito del suo reclamo relativo al marchio”.
Pertanto, Interflora decideva di adire le autorità giudiziarie, lamentando che la condotta di International Flora presentasse tutti gli elementi costitutivi di un atto di concorrenza sleale ex art. 2598, n. 1 e n. 3, c.c., attuato mediante l’utilizzo abusivo della keyword corrispondente al marchio “Interflora” per agganciarsi parassitariamente alla rinomanza e alle iniziative imprenditoriali della ricorrente.
Il giudizio veniva incardinato inizialmente dinanzi al Tribunale di Roma sub R.G. n. 54749/2020, il quale, tuttavia, con ordinanza del 14 dicembre 2020, dichiarava “l’incompetenza per territorio della Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Roma a pronunciarsi sul ricorso cautelare d’urgenza in epigrafe indicato, per essere competente la Sezione specializzata presso il Tribunale di Bari”.
Il procedimento è stato istruito in via documentale, nella contumacia della resistente, e riservato all’udienza del 22.04.2021, celebrata con la modalità della trattazione scritta, ai sensi dell’art.83, comma 7, lett. h. del d.l.18/2020, conv. nella l.27/2020 e successive modifiche.
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Preliminarmente, va dichiarata la contumacia della società resistente, non costituitasi in giudizio,
Nel merito, il ricorso va accolto, perché fondato.
Deve osservarsi in diritto che l’art. 2598, nn. 1 e 3, c.c. dispone che: “Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente; 2) […]; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”.
Nel caso di specie, sulla base della documentazione ed in particolare della relazione tecnica di parte acquisita, possono ben ravvisarsi nella condotta della resistente gli elementi della concorrenza sleale “confusoria”.
Dagli atti innanzi richiamati emerge infatti che la società International Flora s.r.l.s. utilizza, per la promozione dei propri servizi, il marchio “Interflora”, di cui la ricorrente è titolare, per mezzo del servizio Google Ads (in passato, AdWords).
Tale pratica, che, in linea di principio, potrebbe anche non risultare illegittima, tuttavia, nel caso di specie, realizza un effetto confusorio, tale da escludere ogni sua legittimità e da consentire, invece, alla titolare del marchio (odierna ricorrente) di vietare – anche ai sensi di quanto disposto agli artt. 5, n. 1 dir. 89/104 e 9, n. 1, lett. c) reg. 40/94 – alla resistente di far apparire, a partire dalla keyword identica al proprio marchio, un annuncio pubblicitario per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio è registrato.
Va rilevato sul punto che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea in molteplici pronunce (Cfr. CGUE, 22/09/11 in C-323/09, Interflora; CGUE, 23/03/2010, Google France; CGUE 18/06/2009 in C-487/07, L’Oréal; CGUE, 02/07/2010, C-558/08, Portakabin), ha precisato che le disposizioni innanzi indicate devono essere interpretate nel senso che “il titolare di un marchio che gode di notorietà ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità a partire da una parola chiave corrispondente a tale marchio che il suddetto concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, qualora detto concorrente tragga così indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio (parassitismo) oppure qualora tale pubblicità arrechi pregiudizio a detto carattere distintivo (diluizione) o a detta notorietà. […] Per contro, il titolare di un marchio che gode di notorietà non può vietare, in particolare, annunci pubblicitari fatti comparire dai suoi concorrenti a partire da parole chiave che corrispondono a detto marchio e propongono, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti e dei servizi del titolare di tale marchio, senza provocare una diluizione o una corrosione e senza peraltro arrecare pregiudizio alle funzioni di detto marchio che gode di notorietà, un’alternativa ai prodotti o ai servizi del titolare di detto marchio.”
Nella vicenda in esame il pregiudizio al marchio “Interflora” ed alla sua notorietà è indubbiamente presente, posto che i consumatori che digitano all’interno del motore di ricerca Google il marchio “Interflora” ritrovano tra i vari risultati anche il link www.internationalflora.it , che, per l’appunto, riconduce alla pagina web dell’odierna resistente International Flora, che offre i medesimi servizi di vendita di fiori e piante on line, con consegna a domicilio, in Italia ed all’estero.
Dalle verifiche innanzi richiamate risulta altresì che all’odierna ricorrente sono stati indirizzati numerosi reclami, con i quali è stata segnalata la scarsa qualità dei prodotti e l’insoddisfacente modalità di esecuzione del servizio di consegna.
Tali elementi di fatto comprovano, con sufficiente verosimiglianza, che l’uso del marchio “Interflora” come keyword da parte di International Flora pregiudica, in particolar modo, non solo la funzione essenziale del marchio di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto (v. CGUE, 22/09/11 in C-323/09, Interflora, CGUE 12/11/2002 in C-206/01, Arsenal Football Club), ma anche quella di garantire la qualità dei loro prodotti o servizi, con effetto confusorio e pregiudizio dell’affidabilità del marchio.
È indubbio, infatti, che una delle funzioni principali del marchio sia proprio quella di consentire agli utenti/consumatori che scorrono i vari annunci pubblicati su Internet di distinguere i prodotti/servizi del titolare del marchio da quelli di altra provenienza: pertanto detto titolare deve poter vietare la visualizzazione di annunci di terzi che gli utenti di Internet rischiano di percepire erroneamente come provenienti da lui.
L’utente/consumatore di cui si discute è un utente normalmente e ragionevolmente informato ed attento e, di conseguenza, si deve escludere che si tratti di un utente particolarmente sprovveduto ed improvvido, ma altresì che sia particolarmente competente. Si deve trattare di un utente medio, individuato non facendo semplice riferimento all’universalità di coloro che accedono alle piattaforme tematiche, ma anche con specifico riferimento al segmento di mercato coinvolto.
Certamente, nel caso di specie, si tratta di utenti/consumatori interessati ad effettuare acquisti di fiori, piante e prodotti simili e, perciò, privi di un livello di attenzione e di informazione tanto elevato da effettuare un’analisi approfondita del testo dei diversi risultati della ricerca.
Peraltro, sembrerebbe che, proprio a causa dei suddetti motivi, International Flora – con una sorta di c.d. “parassitismo” – tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio “Interflora”, ricevendo ordini da clienti che in un mercato concorrenziale non confusorio si sarebbero rivolti ad Interflora.
Dunque, allo stato degli atti, sussiste il presupposto del fumus boni iuris, ossia l’illegittimità della condotta di International Flora, per violazione dei diritti nascenti dal marchio “Interflora” e per concorrenza sleale confusoria ai sensi dell’art. 2598 c.c..
L’attualità della condotta, causa di sviamento irreversibile di clientela, tanto per effetto dell’acquisizione di ordini non indirizzati alla ricorrente, quanto per danno d’immagine, cagionato dall’insoddisfacente qualità del servizio e dei prodotti, peraltro di difficile stima, consente di ravvisare altresì nel caso di specie l’ulteriore requisito del periculum in mora.
In accoglimento del ricorso, va pertanto ordinata alla INTERNATIONAL FLORA S.R.L.S., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, la immediata interruzione di qualsivoglia utilizzo abusivo,
in qualsiasi modo o forma, anche parziale, del marchio “Interflora” e della keyword “Interflora” sul motore di ricerca di Google, per promuovere i propri prodotti e/o servizi, con inibizione dell’uso e dell’inserimento della keyword “Interflora” come parola chiave negativa sul medesimo motore di ricerca.
Appare equa la fissazione di una penale di € 500,00 per ogni violazione del presente provvedimento e di € 100,00 per ogni giorno di ritardo nell’attuazione dello stesso.
Va altresì disposta la pubblicazione dell’intestazione e del solo dispositivo della presente ordinanza, una sola volta a caratteri doppi del normale e con i nomi delle parti in grassetto, sul quotidiano “Il Corriere della Sera”, nonché nella pagina principale del portale www.internationalflora.com
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con applicazione dei parametri medi del D.M. 55/2014, relativi alle cause di valore indeterminato di media complessità.
P.Q.M.
1) ordina ad International Flora s.r.l.s., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, la immediata interruzione dell’utilizzo abusivo, in qualsiasi modo o forma, anche parziale, del marchio “Interflora” e della keyword “Interflora” sul motore di ricerca Google, per promuovere i propri prodotti e/o servizi, inibendone l’uso;
2) ordina ad International Flora s.r.l.s., di inserire la keyword “Interflora” come parola chiave negativa sul motore di ricerca Google;
3) fissa la somma di € 500,00 per ogni violazione o inosservanza del provvedimento e di € 100,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dello stesso;
4) condanna International Flora s.r.l.s. al pagamento delle spese di lite in favore di Interflora Italia s.p.a., liquidate in € 6.053,00, di cui € 518,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali, cpa ed iva come per legge;
5) dispone la pubblicazione dell’intestazione e del solo dispositivo della presente ordinanza, una sola volta a caratteri doppi del normale e con i nomi delle parti in grassetto, sul quotidiano “Il Corriere della Sera”, nonché nella pagina principale del portale www.internationalflora.com
Bari, 27.04.2021
Il Giudice
Raffaella Simone