Tribunale di Milano – Ordinanza del 03/12/2019
nel procedimento cautelare iscritto ai n.r.g. 5075/2019 promosso da:
SA. S.p.A., SA.LI., con l’avvocato (…).
– ricorrente –
contro
SI.GR. S.p.A., con gli avvocati (…)
– resistente –
1. Le vicende processuali
Sa. S.p.A. e Sa.Li. titolari dell’omonima “App” lanciata sul mercato nel 2015 e in data 1.2.2019 hanno invocato tutela urgente nei confronti di Si.Gr. s.p.a. titolare della “App” nominata (…), introdotta nel mese di settembre 2018.
In particolare la ricorrente, premesso il carattere fortemente innovativo della propria applicazione nonché l’immediato successo riscosso presso il pubblico, ha lamentato che il prodotto di controparte costituirebbe un’esatta replica della propria – sia per profili funzionali sia per profili commerciali – compiuta, tra l’altro, attraverso l’indebita ripetizione del software, della banca data e della c.d. user esperience.
La resistente avrebbe sistematicamente replicato non solo le innovative funzioni di volta in volta ideate da Sa. ma avrebbe altresì ripreso le scelte grafiche e linguistiche che connotano Sa., ricalcando anche le modalità promozionali presso il pubblico.
E ciò attraverso l’indebita sottrazione d’informazioni riservate nell’ambito di pregresse trattative intercorse tra le parti, aventi ad oggetto l’integrazione della “App” della ricorrente con la rete di punti vendita Si.. Fallita l’ipotesi di accordo, in data 26 settembre 2018 la resistente aveva improvvisamente annunciato il lancio sul mercato di “(…)”, indebitamente mutuando le soluzioni tecniche e commerciali introdotte dalla ricorrente.
Sottolineato il pericolo imminente di lesione delle proprie posizioni di mercato, trattandosi peraltro Sa. di una start up, parte ricorrente ha dunque invocato l’inibitoria urgente assistita da penale, oltre che la pubblicazione.
Instaurato il contraddittorio, Si. ha negato in primo luogo la sussistenza del fumus boni iuris. Premesso di avere lanciato da tempo sul mercato dei “digital payments” uno strumento denominato “Si.” – già di capace effettuare pagamenti e ricariche anche tramite smartphone – ha sostenuto lo sviluppo autonomo di “(…)”, diversa per natura e per funzionalità dalla “App” di controparte e realizzata senza alcun indebito utilizzo d’informazioni riservate, ma attraverso l’impiego di autonome ed ingenti risorse, non solo economiche.
Quanto al periculum, ha rammentato di avere lanciato la propria applicazione a tre anni di distanza da quella di controparte e di non avere in alcun modo eroso le posizioni della resistente.
Disposta da parte dell’Ufficio un’indagine tecnica, all’esito, scambiate le memorie finali, all’udienza celebrata in data 16.10.2019 il giudice designato si è riservato la decisione.
2. Quanto al fumus: la tutela autorale
2.1. Considerazioni generali
La lite ha ad oggetto due “App” che operano nel mercato dei servizi del pagamento digitale.
Si tratta di dispostivi costituiti da software, idonei a svolgere diverse funzioni sul dispositivo mobile sul quale sono applicale, avvalendosi di banche dati.
Dunque, la prima tutela apprestata dall’ordinamento è quella assicurata dalla legge sul diritto d’autore ai software ed alle banche dati. In proposito, va rammentalo che:
– è tutelalo dall’art. 1, paragrafo 2. della Direttiva 91/50 il programma per elaboratore in tutte le sue forme di espressione, sia quale codice sorgente sia quale codice oggetto. Tale presidio si estende anche ai lavori preparatori di progettazione del programma;
– sono tutelate le banche dati, ove la scelta e la disposizione dei dati in esse contenute costituisca una autonoma espressione originale della libertà creativa del suo autore (Corte Giustizia, sentenza 2.4.2012. C-604/10). I dati debbono essere invero organizzati con criteri personali, soggettivi, attraverso scelte non usuali e standardizzate ovvero imposte dalla logica della materia trattata;
– non sono oggetto di tutela né le funzionalità del programma né il linguaggio di programmazione.
Ricorrendo dunque alla consolidala terminologia tradizionale, per quanto non completamente soddisfacente per dare veste al fenomeno qui indagato, la tutela autoriale dei programmi per elaboratore concerne unicamente la forma di espressione – il suo c.d. aspetto formale – e non il contenuto – ossia le idee, i principi, i metodi e le tecniche o le formule – né tantomeno l’individuazione delle funzioni destinate a risolvere le esigenze dell’utente.
Quest’ultimo limite segna, tra l’altro, la distinzione tra l’alveo del diritto d’autore e quello della tutela brevettuale sugli insegnamenti tecnici.
2.2. La tutela di Sa. come codice sorgente e banca dati
Ciò premesso, entrambe le “App” in conflitto operano nel mercato dei servizi del pagamento digitale, ma con differenti strumenti.
In particolare Sa. costituisce un sistema di pagamento tramite applicazione mobile Android o iOS, basato su conto di moneta elettronica, ovvero secondo l’art. 2 della Direttiva 2009/110/CE un “valore monetario memorizzato elettronicamente (…) rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento come definite dall’art. 1 comma 1 lett. c), del D.Lgs. n. 11 2010 che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente”.
Come rammentato dalla resistente, si tratta di uno strumento prepagato ed emesso dall’emittente e scaricato dal titolare mediante bonifico, utilizzato dal cliente per effettuare una spesa presso un esercente convenzionato o per trasferirla a terzi. L’operazione di pagamento può essere compiuta solo nei limiti del prodotto prepagato e non può pertanto offrire credilo all’utente.
Tale piattaforma è stata giudicata dal CTU dotata dei requisiti di novità e creatività prescritti per l’accesso alla tutela autorale. Infatti, la “App” della ricorrente:
– costituisce una combinazione di funzionalità già singolarmente implementate in singole applicazioni, ma mai tutte insieme, nello stesso prodotto. Rilevano in particolare le seguenti funzioni:
I. il cashback (la cui gestione è stata ritenuta dal CTU non riscontrata in alcuni casi per immediatezza e semplificazione della restituzione del denaro);
II. il cashback network (offerto con modalità disponibili solo da parte della ricorrente);
III. il budget settimanale (non implementato da altre applicazioni a livello mondiale):
IV. l’identificazione dei consumatori tramite SEDA (seppur fondata su un servizio standard, la peculiare modalità applicativa è utilizzata solo dalla ricorrente oltre che dalla resistente).
Sa. gode dunque “molto di più di un grado minimo di originalità che sia il risultato di uno sforzo creativo realizzato in modo personale ed autonomo, per cui va considerato con certezza un’opera creativa” (cfr. pag. 20 della CTU);
– è dotata di una banca dati, alimentata da “macro aggregazione dei dati” (quali i dati anagrafici dei consumers, quelli degli esercenti, quelli relativi al consumo ed alle consuetudini degli esercenti ed in generale dei dati comportamentali degli utenti), tutelabile secondo la disciplina del diritto d’autore.
La piattaforma (…) costituisce, invece, un sistema di pagamento tramite applicazione mobile Android o iOS, basato su un conto di pagamento definito dall’art. 4(12) della Direttiva 2366 2015 (UE) come un conto detenuto a nome di uno o più utilizzatori di servizi di pagamento utilizzato per l’esecuzione di operazioni di pagamento”.
Tale servizio – che consente di effettuare operazioni di pagamento con relativo addebito e accredito di fondi sul conto – è offerto sul mercato a seguito di autorizzazione della Banca d’Italia.
L’applicazione è dotata di 29 funzionalità e caratteristiche, di cui 26 comuni con Sa. e tra autonome (ricarica wallet contanti, iscrizione canale fisico tramite servizio di pagamento e versamento fondi sul proprio conto corrente).
Il CTU ha ritenuto quest’ultima:
– frutto di autonomo sviluppo e non qualificabile come opera derivata, quale codice sorgente, di quella di Sa. (cfr. pag. 51 della CTU).
Parte resistente ha in proposito allegato e provato, nei limiti della cognizione sommaria di questa sede, l’automa architettura della propria “App”, alla quale ha dedicato investimenti e risorse, fondata su due distinte piattaforme (quella di “digitai payment” fornita, a seguito di gara, da Ac. S.p.A. e quella di “easybox” concessa in uso alla resistente dal terzo SI. s.p.a.):
– dotata di una banca dati costituente un’opera originale e autonomamente costituita da Si. (cfr. pag. 51 della CTU).
Pertanto allo stato, salvi i diversi apprezzamenti in sede di merito anche attraverso l’eventuale esame diretto del codice sorgente non indagato in questa sede, non può essere dato ingresso alla tutela autoriale invocata dalla ricorrente, non essendovi riscontri del plagio, anche nella declinazione della interferenza derivata, da parte di Si..
Alla fase a cognizione piena è altresì rimessa ogni valutazione circa la ritenuta indebita appropriazione d’informazioni tecniche riservate da parte della resistente nella fase di trattative precontrattuali intercorse tra le parti e circa il ruolo svolto in proposito da un ex collaboratore di Sa..
2.3. La tutela delle funzioni di Sa.
Parte ricorrente ha sostenuto la lesione del diritto d’autore anche alla luce dell’indebita ripresa proprio di quelle originali funzioni implementate nella propria “App” che ne costituirebbero il nucleo innovativo e creativo.
Sul punto il CTU ha rilevato che:
– la piattaforma Sa. è dotata di 31 funzionalità (di cui 26 riscontrabili in altre applicazioni e 5 qualificabili come originali);
– la piattaforma (…) è dotata di 29 funzioni e caratteristiche;
– le due “App” forniscono 26 funzioni che assolvono alle stesse finalità, risultando dunque simili in modo rilevante. Tra queste:
– 21 funzioni costituiscono una “somiglianza indotta” tra le due res, non essendo riscontrata in esse alcuna forma di originalità né di sforzo creativo. Tali funzioni rientrano infatti nella prassi e nella consuetudine del settore specifico di riferimento, già presenti nel mercato mondiale;
– 4 funzioni (ossia l’identificazione dei consumatori tramite SEDA, il Cashback, il Cashback nertwork e la ricarica wallet con addebito automatico su IBAN) comportano una ripresa “concettuale”. Si tratta, infatti, di somiglianze tra le due applicazioni che sono il risultato di un’implementazione di un’idea e/o principio comune che comunque presenta caratteristiche di originalità quale il risultato di uno sforzo creativo:
– 1 funzione (il budget settimanale) è stata definita dal CTU quale ripresa parassitaria, giacché nel prodotto della resistente non ospita alcuna forma di originalità né di sforzo creativo autonomo:
– Sa. fornisce 5 funzioni che (…) non offre:
– (…) a sua volta offre 3 funzioni di cui Sa. non è dotata, tra cui quella di versare denaro contante nel wallet attraverso la radicata rete sul territorio nazionale dei punti Si./Tabaccherie.
Ciò premesso, osserva l’Ufficio che l’implementazione delle medesime funzioni – ove non derivi dal plagio del codice sorgente o della relativa banca dati – non può in se ritenersi illecita. Si deve, infatti, presumere che l’operatore concorrente – senza avere avuto accesso al codice sorgente del programma – abbia osservato e sperimentato tale programma per riprodurne le funzionalità (cfr. CGUE. 2 maggio 2012, in causa C-406/10. punto 61 citata).
Vanno sul punto richiamati gli arresti della Corte di Giustizia, secondo la quale non viola il diritto d’autore sul programma per elaboratore il concorrente che – senza avere avuto accesso al relativo codice sorgente – abbia osservato e sperimentato tale programma per riprodurne le funzionalità (cfr. CGUE. 2 maggio 2012, in causa C-406/10, punto 61). Infatti “è solo mediante la scelta, la disposizione e la combinazione di tali parole, di tali cifre o di tali concetti matematici che è possibile all’autore esprimere il proprio spirito creativo in maniera originale ottenendo un risultato, il manuale d’uso del programma per elaboratore, che costituisce una creazione intellettuale” (cfr. CGUE 2 maggio 2012, in causa C-406/10. cit. punto 67).
Del resto “ammettere che la funzionalità di un programma per elaboratore possa essere tutelata… equivarrebbe ad offrire la possibilità di monopolizzare le idee, a scapito del progresso tecnico e dello sviluppo industriale” (Corte di Giustizia, 2.4.2012. C-406/10).
Tale perimetro esterno delle prerogative del titolare – ripreso anche nella giurisprudenza domestica – è finalizzalo evidentemente a evitare che, monopolizzando una determinata espressione autorale, sia indirettamente monopolizzata anche le idea a monte, che può modularsi in concreto a valle in altre e diverse forme espressive, distinte da quelle di cui s’invoca tutela.
Inoltre, le peculiari declinazioni con cui le funzioni vengono in concreto offerte al pubblico non possono trovare autonoma tutela monopolistica a tempo illimitato se non per effetto di diritti di privativa (brevettuale o autoriale) o per profili d’imitazione confusoria, qui non censurata.
Pertanto, salve diverse valutazioni in sede di merito, anche sotto questo profilo non può essere accordata tutela autorale a Sa. a durata temporalmente assai estesa, salve le diverse valutazioni sul versante della concorrenza parassitaria, come al successivo punto sub 3.
3. (Segue quanto al fumus): la concorrenza sleale per contrarietà alla correttezza professionale
3.1. Considerazioni generali
Sa. lamenta l’illiceità della condotta avversaria anche sotto il versante anticoncorrenziale, ravvisando un’ipotesi di condotta parassitaria figura di origine giurisprudenziale ricondotta, come noto, all’alveo dell’art. 2598, comma 3, c.c.: l’operatore sleale riprende in modo continuo e sistematico le scelte del concorrente, “camminando” sulle sue orme, così da avvantaggiarsi indebitamente sul mercato, accaparrandosi un vantaggio competitivo con l’acquisizione senza costi delle scelte compiute dall’operatore leale.
La concorrenza parassitaria:
– non colpisce una sola condotta, ma plurime e distinte scelte imprenditoriali le quali, nel loro complesso, rendono contra ius il complessivo comportamento dell’operatore scorretto. Sotto il profilo oggettivo, la contrarietà alla correttezza professionale si manifesta, quindi, attraverso una pluralità di condotte che integrano un illecito unitario. E’ dunque una pluralità di atti – questi ultimi in se considerati singolarmente leciti – che nel suo insieme costituisce attività concorrenzialmente scorretta, integrando lo sfruttamento del lavoro altrui, e lucrando dai mancati costi per studi e ricerche:
– può essere ravvisata sia laddove la ripetitività delle condotte illecite si manifesti in successione cronologica sia laddove sia simultanea (ed concorrenza diacronica o sincronica), in questo secondo caso articolandosi in – diversi- ma simultanei episodi, numericamente apprezzabili.
3.2. Il caso in esame: le doglianze di Sa.
Sa. lamenta l’appropriazione parassitaria delle proprie scelte, che avrebbe consentito illegittimamente alla concorrente di immettere sul mercato un prodotto del tutto sovrapponile al proprio risparmiando in costi ed investimenti.
In particolare la ricorrerne lamenta l’indebita ripresa:
(i) delle caratteristiche e delle sue funzionalità della propria “App” (nella misura pari almeno al 90%);
(ii) della c.d. “user experience” (intesa come l’interazione uomo-macchina, nella frazione percentuale compresa l’80% e il 100%):
(iii) delle proprie scelte strategiche, introducendo le stesse funzionalità via via aggiunte dalla ricorrente “copiate” in un arco temporale sensibilmente breve in almeno quattro occasioni:
(iv) delle scelte grafiche e terminologiche dell’Applicazione;
(v) del testo del Regolamento del Cashback (cfr. doc. 27 di parte ricorrerne), modificato solo nel corso del procedimento;
(vi) della struttura dell’offerta commerciale (che non prevede commissioni per gli utenti e soltanto una commissione di pochi centesimi a carico degli esercenti per i soli pagamenti d’importo superiore ad euro 10.00 dimezzata nel caso di Bill);
(vii) dalle soluzioni grafiche di presentazione al pubblico;
(viii) dell’aspetto promozionale, ricalcando l’immagine e l’identità dell’operatore concorrente accreditandosi senza alcun titolo sul mercato l’immagine una “startup interna” che avrebbe creato (…).
Tali scelte – unitariamente intese – avrebbero consentito a Si. lo sviluppo ed il lancio in un brevissimo arco temporale di “(…)”, evitando costi ed investimenti a proprio carico.
3.3. La valutazione dell’Ufficio: le condotte parassitarie
Ritiene l’Ufficio che siano qui rinvenibili una serie di condotte, nel loro complesso considerate, professionalmente scorrette. Ed in particolare:
a) la ripetizione del servizio di “budget settimanale”. Come già rammentalo, esclusa la monopolizzabilità in se di tale funzione sotto il profilo autorale, comunque tale scelta – definita dallo stesso CTU parassitaria perché non accompagnata da alcuna implementazione di originalità o di sforzo creativo – costituisce un serio indizio della volontà della resistente di seguire pedissequamente le strade intraprese dalla concorrente. Va infatti rammentalo che il budget settimanale non trova precedenti in altre applicazioni e che è rinvenibile solo nelle 2 piattaforme qui in conflitto:
b) l’identità letterale di intere parti del Regolamento del servizio di Cashback (cfr. doc. 28 di parte ricorrente). Al netto delle parole e delle locuzioni necessitate, l’integrale ripetizione d’interi articoli che compongono il corpo del testo sottoposto al pubblico costituisce un profilo indiziario – grave, preciso e concordante – dell’indebita ripresa di quello di Sa., senza il compimento di uno sforzo minimo di modificare la veste formale delle prescrizioni in cui lo stesso si articola:
c) la ripetizione di scelte terminologiche non necessitate, ed in particolare della denominazione commerciale della funzione di “Cashback network”, inventata dalla ricorrente (doc. 26 di parte ricorrente). Invero se il primo termine della denominazione – cashback – descrive necessariamente la funzione offerta, l’abbinamento con il secondo sostantivo non sembra motivato dalla standardizzazione sul mercato (giacché tale servizio è offerto solo da (…) e da Sa.) né necessitato da esigenze descrittive, ben potendo essere introdotti quantomeno elementi di differenziazione;
d) l’impiego di slide del tutto analoghe a quelle di Sa. nella presentazione della propria “App” (ed in particolare, icone del tutto sovrapponibili con una croce rossa al centro, cfr. pag. 43 della memoria conclusiva della ricorrente).
Pare dunque che Sy. – attraverso le condotte sopra indicate – si sia procurata in modo illecito un vantaggio concorrenziale offrendo, pressoché integralmente, alcune opzioni della piattaforma avversaria e alcune modalità di presentazione all’esterno, inserendosi con maggiore rapidità sul medesimo mercato, con un indebito risparmio sui costi e sui tempi occorrenti a predisporre una propria autonoma soluzione per i profili sopra indagati (cfr. Tribunale di Milano, sentenza 28.6.2018 rel. P. Perrotti).
3.4. Le condotte escluse dall’alveo dell’illecito parassitario
Non sembrano invece poter essere recuperate sollo il profilo della concorrenza parassitaria:
– la ripetizione delle altre funzioni oggetto di lite. In alcuni casi il sensibile tempo intercorso tra l’introduzione del relativo servizio da parte della ricorrente e l’analoga implementazione da parte della concorrente diluisce fino ad eliderla – in una prospettiva non brevettuale ma solo anticoncorrenziale – il possibile disvalore della condotta (si pensi in proposito alla funzione “Pagamento PagoPa”, implementata da (…) nel giugno 2019, un anno dopo Sa.). In altri casi si tratta di funzioni già entrate nella prassi e nella consuetudine del mercato (ad esempio il servizio di ricariche telefoniche, implementate da Si. 10 mesi dopo l’introduzione della stessa da parte di Sa.);
– la struttura dell’offerta commerciale (senza commissioni per gli utenti e con una commissione di pochi centesimi a carico degli esercenti per le commissioni superiori ad euro 10.00; ovvero la ricarica del denaro immediata). Si tratta quelle censuratem in ultima analisi, di tecniche di vendita per le quali è escluso il monopolio brevettuale ex art. 45 c.p.i.. Tale disposizione segna il limite negativo dell’esclusiva, sottoponendo allo Statuto di non esclusività i “piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività commerciale”. In particolare “metodi. principi e piani per attività commerciali sono metodi pubblicitari, tecniche contabili, sistemi di vendita, sistemi organizzativi, tecniche contrattuali, sistemi di remunerazione”. Il relativo monopolio, espressamente non consentito attraverso il brevetto a raggio temporale limitato, non può essere ottenuto indirettamente, mediante il rimedio della concorrenza sleale, che appresta presidi addirittura temporalmente illimitati;
– la ripetizione di alcuni profili dell’interfaccia uomo-macchina. Se da un lato e in effetti rinvenibile un progressivo avvicinamento di alcune scelte grafiche di (…) rispetto a quelle di Sa. (doc. 71), dall’altro lato va tuttavia rammentato che:
I. le singole soluzioni grafiche non sono in sé monopolizzabili, in quanto prive di caratteri distintivi;
II. molte delle soluzioni censurate (quale a titolo di esempio la rappresentazione del comando di conferma e rappresentato da un “segno di spunta”, la forma rotonda anziché quadrata dei riquadri ove sono inserite le fotografie) risentono di una forte standardizzazione sul mercato, proprio nella interazione uomo/macchina. E ciò attraverso una progressiva omogenizzazione, costituente fatto notorio, anche rispetto alle soluzioni grafiche e simbologiche, di uso ormai generalizzato, entrate nel linguaggio comune (ad esempio: il simbolo “campanella” per le notifiche) e rispetto alle soluzioni grafiche imposte dalle azioni da compiere (registrazione, disposizioni di pagamento, ecc..);
III. il rapido aggiornamento delle “App” mediante l’implementazione di nuove versioni rende problematica la cristallizzazione di peculiari soluzioni formali, da tutelare tramite il rimedio interdittivo (si pensi alla disposizione grafica delle icone cfr. pag. 57/58 della CTP di cui al doc. 71), e non piuttosto con quello risarcitorio.
Dunque, tali rilievi appaiono decisivi allo stato per escludere dall’alveo della valutazione illecita il profilo dell’interfaccia con l’utente;
– infine, la presentazione al pubblico di (…) come frutto dell’inventiva di una start-up interna di Si., mediante l’indebita appropriazione dell’immagine ed dell’identità di Sa., costituita da un gruppo di giovani ricercatori. Allo stato tale modalità prescelta da Si. veicolare il proprio patrimonio professionale al pubblico, in assenza di riscontri circa la non veridicità delle relative circostanze, non pare costituire un indebito agganciamento all’immagine di controparte (cfr. doc. 33 della resistente).
4. (Segue quanto al fumus): quanto alle ulteriori doglianze delle ricorrenti
Le ulteriori doglianze delle ricorrente – relative alla responsabilità precontrattuale, all’illecito aquiliano alla sottrazione di informazioni riservate anche tramite un ex collaboratore infedele – refluiscono nel merito, giacché si tratta di rimedi per loro natura risarcitori che apprestano tutele compensative e non preventive, quali sono invece quelle interdittive qui invocate da Satispay.
5. Quanto al periculum
5.1. Sussiste altresì il periculum di un’irreparabile lesione delle prerogative della ricorrente rispetto alla parassitaria ripresa delle proprie scelte commerciali, che si manifesta attraverso atti imitativi lungo un arco di tempo apprezzabile: e tale peculiarità non può certo elidere in radice – escludendo tout court il configurarsi del periculum – la possibilità di ricorrere alla tutela urgente. E ciò quando la condotta sia ancora in itinere e le posizioni di mercato non si siano ancora consolidate, ma residuino margini di deterioramento della posizione strategica del concorrente leale a cagione della condotta del concorrente sleale.
5.2. La censura in proposito svolta dalla resistente, secondo la quale medio tempore la posizione di mercato di Sa. non sarebbe stata in alcun modo erosa, ricoprendo controparte la veste di leader indiscussa del mercato interno, non coglie nel segno: la lesione attiene ad una prospettiva di mancata ulteriore crescita, che negli illeciti di pericolo e presidiata proprio da rimedi interdittivi, al fine di elidere danni futuri.
5.3. Ne appare risolutiva la tesi della non necessaria alternatività dei due sistemi offerti dalle parti litigiose: le due applicazioni forniscono servizi che assolvono a bisogni del pubblico in parte identici ed in parte affini.
5.4. Infine: il pericolo di pregiudizio non è qui scalfito dalla modifica, in parte, della condotta litigiosa nel corso del procedimento, quale la modifica del Regolamento indebitamente copiato ovvero la comunicazione alla clientela della imminente dismissione del “budget settimanale”. E’ infatti giurisprudenza costante di questa Sezione Specializzata, ma anche di altre sedi giudiziarie conformi (vedi Trib. Milano, ord. 25.6.2015. T.En. Sy.; ord. 10 dicembre 2014, Go.Go. c. Co. S.p.a. e Sl. S.r.l., ord. 2 aprile 2013, Pa.Sh. c. Ma. e al.; Trib. Milano, ord. 4 gennaio 2006, Ra. c. Ca. in SPI 2006 n. 57; 14.11.2005 in GADI 2005, 1096; e di altre Sezioni: Trib. Firenze 18.5.2015, reclamo Co. c. Na.; Trib. Roma 18.7.2001. in GADI 2002, 235), che la cessazione del comportamento spontaneamente attuata solo a seguito della notifica del ricorso cautelare e/o l’impegno a desistere dal comportamento non siano sufficienti ad evitare l’assunzione del comando inibitorio e delle altre misure invocate in sede cautelare (ord., su reclamo presidente e relatore Ta. 28.8.2015).
Tale regola subisce un’eccezione ove la – mutata – condona del concorrerne sleale sia da ritenersi ormai irreversibile, ad esempio quando la ripresa dell’illecito esporrebbe l’impresa a danni d’immagine ovvero perdite di fette di mercato tali da rendere tale scelta diseconomica, ossia più onerosa in sé rispetto al nuovo comportamento adottato.
Tale irreversibilità qui non appare assicurata giacché tale scelta potrebbe essere ripresa, ove non presidiata da inibitoria.
E’ dunque necessario interdire la prosecuzione dello sfruttamento delle scelte imprenditoriali di Sa. che si sono frutto di studi, investimenti ed indagini di mercato e che rischiano di pregiudicare la sua posizione di mercato.
6. Il comando cautelare
6.1. In questa fase, la tutela urgente va dunque accolta nei limiti sopra indicati, con riguardo alla sola tutela parassitaria e solo con riguardo alle specifiche condotte censurate, al punto sub 3.3. con esclusione della tutela autorale.
Ogni diversa valutazione va rimessa alla cognizione piena in sede di merito.
6.2. Quanto alla modulazione temporale del comando, occorre richiamare gli arresti di questo Ufficio che hanno indagato possibili effetti distorsivi del consolidamento sine die di una misura inibitoria in tema di concorrenza parassitari, rispetto ad un quadro generale di sviluppo e di tutela della concorrenza nello specifico settore interessato (cfr. sentenza 23.4.2015, rel. C. Marangoni). A prescindere dalla tutela riparatoria, appare consigliabile infatti modulare il rimedio interdittivo di condotte integranti tale peculiare forma di illecito entro un limitalo intervallo. E’ invero problematica l’adozione di un’inibitoria senza limiti cronologici, incentrata sul divieto per alcuni soggetti di poter produrre e commercializzare determinati servizi prodotti per profili diversi da quelli che attengano al diritto di privativa brevettuale o autorale o per profili d’imitazione confusoria. Tale comando potrebbe costituire una posizione di vantaggio in favore di un’impresa (o di più imprese, considerale anche quelle estranee alla presente controversia) rispetto al soggetto passivo dell’inibitoria, privato senza termine alcuno della possibilità di competere in maniera lecita (e cioè mediante condotte depurate dai profili parassitari accertati) con comportamenti che singolarmente intesi non sono illeciti.
Il bilanciamento tra tale profilo ed la necessità di evitare la prosecuzione di comportamenti scorretti di concorrenti sfruttino indebitamente gli investimenti e gli sforzi produttivi e commerciali profusi dal concorrente leale consiglia allora di introdurre una inibitoria con un limite temporale. E ciò fino al momento in cui cioè i comportamenti parassitari censurati possano ritenersi riassorbiti o generalizzati nella pratica commerciale comune, non costituendo più in sé un elemento di particolare apprezzamento per la clientela.
Tenuto conto delle osservazioni già svolte, la misura interdittiva è limitata cronologicamente ad un anno decorrente dalla comunicazione del presente provvedimento.
6.3. L’interdetto è assistito da penale, ritenuta congrua nell’importo di euro 2.000.00 per ogni giorno di ritardo dall’adempimento dell’ordine inibitorio. L’astreinte decorre a partire dal 20° giorno dalla comunicazione della presente ordinanza, al fine di consentire alla resistente di approntare alla propria “App” le necessarie modifiche.
6.4. Tenuto conto del bilanciamento degli interessi in conflitto, è consigliabile riservare la pubblicazione – misura particolarmente invasiva ed avente finalità anche di risarcimento in forma specifica – al giudizio di merito.
6.5. Trattandosi di provvedimento integralmente anticipatorio, occorre provvedere sul governo delle spese di lite. Le stesse seguono la soccombenza della resistente e si liquidano come da dispositivo, così come le spese di CTU liquidate con separato decreto.
P.Q.M.
1. inibisce a Sy.Gr. S.p.A. la prosecuzione delle condotte di concorrenza sleale parassitaria, quali descritte alle lettere sub a. b. c. e d. del punto n. 3.3. della motivazione: e ciò per l’arco temporale di un anno a decorrere dalla notificazione della presente ordinanza;
2. fissa a titolo di penale per ogni giorno di ritardo dall’adempimento dell’ordine di cui al punto sub 1 l’importo di euro 2.000,00 a decorrere dal ventesimo giorno dalla comunicazione della presente ordinanza;
3. condanna la resistente al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 10.000,00 di cui euro 1.000.00 per spese ed il residuo per compensi, oltre IVA, CPA, spese di registrazione e 15% per spese forfettarie;
4. pone definitivamente a carico della resistente le spese di CTU, liquidate con separato decreto.
Così deciso in Milano il 3 dicembre 2019