Tribunale di Roma (ord.), 24/01/2020
pubbl. 24/01/2020

(Giudice: dott.ssa Stefania Garrisi)

Il Giudice, dott.ssa Stefania Garrisi, designata per la trattazione del procedimento R.G. 70883/2019, promosso da:

L. S. e G. S. PIZZA CONSULTING s.r.l.

– ricorrenti –

con gli avv. LIMATOLA ALESSANDRO e PERUGINO SERGIO

nei confronti di:

GEORGE V S.R.L.

– resistente –

con gli avv. STABILE ALESSIA e MAURO GIULIANO GIAQUINTO L. S.

– intervenuto –

con l’avv. STEFANO CUTOLO

sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 15/1/2020, ha pronunciato la seguente

1. Con ricorso ritualmente depositato L. S. e la G. S. PIZZA CONSULTING s.r.l., nelle rispettive qualità di titolare e licenziataria dei diversi marchi registrati e rappresentativi della propria attività di ristorazione e pizzeria hanno chiesto al Tribunale, ai sensi degli artt. 20, 126, 131 ss D.lgs. 30/2005 (CPI) e 669 bis e segg. e 700 c.p.c., di:

“- ordinare alla George V s.r.l. … l’immediata cessazione dell’uso, in qualsiasi forma e modalità, del marchio “SORBILLO” e/o “PIZZERIA SORBILLO” e/o “L. S.” e/o di segni ad essi simili o associabili, per produrre, contraddistinguere, commercializzare, promuovere i propri servizi di ristorazione e prodotti con le caratteristiche per cui è procedimento; in ogni caso, adottare tutti gli strumenti, anche diversi da quelli richiesti, idonei a raggiungere lo scopo ed a garantire il rispetto dell’inibitoria dalla prosecuzione degli illeciti comportamenti anche successivamente alla proposizione della domanda;

– ordinare alla George V s.r.l. … l’immediata rimozione del marchio “SORBILLO” e/o “PIZZERIA SORBILLO” e/o “L. S.” e/o di segni ad essi simili o associabili, dall’insegna della ditta e da ogni altro elemento e/o accessorio (piatti, tovaglie, fotografie, link internet etc.) per promuovere i propri servizi di ristorazione e prodotti con le caratteristiche per cui è procedimento;

– ordinare a spese della convenuta la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo dell’emanando provvedimento per due volte, su almeno due quotidiani di maggiore rilievo nazionale, nonché alle medesime condizioni, su tre riviste specializzate del settore, il tutto a scelta e cura dei ricorrenti e a spese delle controparti in solido, con diritto dei ricorrenti di ripetere le spese a semplice presentazione fattura;

– fissare a carico della convenuta, per ogni violazione e per ogni giorno di ritardo nell’adempimento del comando cautelare, una penale non inferiore a € 2.000,00 giornaliere ovvero di quella che sarà ritenuta equa dalla S.V.;

– porre a carico della convenuta ogni onere relativo all’esecuzione dell’emanando provvedimento cautelare;

– con vittoria di spese ed onorari di causa, da attribuirsi ai sottoscritti procuratori per fattane anticipazione”.

Fissata l’udienza per la comparizione delle parti, si costituiva in giudizio la GEORGE V S.R.L. la quale resisteva nel merito al ricorso chiedendone il rigetto.

Interveniva volontariamente in giudizio L. S. il quale parimenti resisteva nel merito al ricorso chiedendone il rigetto.

Istruito il procedimento con produzioni documentali il Tribunale, all’udienza del 15/1/2020, assumeva la causa in riserva.

2. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

Come noto, la tutela cautelare svolge la funzione di assicurare, in via provvisoria, gli effetti del futuro giudizio di merito quando sussistano particolari e gravi esigenze d’urgenza che renderebbero inutile la tutela ottenuta nell’ambito di quest’ultimo.

ll fumus boni iuris e il periculum in mora sono ad un tempo condizioni della domanda cautelare nonché requisiti fondamentali perché possa essere concesso un provvedimento d’urgenza.

Il primo consiste nell’apparenza del diritto a salvaguardia del quale si intende richiedere la tutela, la cui sussistenza deve apparire come verosimile e probabile alla luce degli elementi di prova esistenti prima facie. Il secondo consiste nel possibile pregiudizio che possa derivare al suddetto diritto nelle more del giudizio ordinario e, nel caso dei provvedimenti d’urgenza, viene identificato nel fondato timore che, in dette more, il diritto sia esposto ad un pericolo imminente ed irreparabile.

3. I ricorrenti sono titolare e licenziataria di vari marchi tra i quali particolare rilevanza assumono, per il caso in questione, i marchi denominativi “Sorbillo” registrato in data 09/02/2010 al n. 0001242026, “Pizzeria Sorbillo” registrato nella medesima data al n. 0001241698, “G. S.” registrato il 16.2.2007 e il marchio figurativo “Pizzeria Sorbillo dal 1935 Unica Sede” registrato il 28.2.2013, tutti registrati per la “classe 43 ristorazione (alimentazione); alloggi temporanei” (cfr. doc. 4 allegato al ricorso).

I ricorrenti hanno allegato che:

nel corso di circa venti anni, il nome, la ditta, i marchi e le attività ad essi riconducibili hanno assunto un rilievo primario in tutto il panorama nazionale e internazionale, come è dimostrato dall’inserimento dell’attività e del nome del ricorrente in prestigiose guide del settore come, la Guida Oro “I Ristoranti di Veronelli” di Veronelli Editore, “Osterie d’Italia” di Slow Food Editore, “Ristoranti d’Italia” e “Pizzerie d’Italia” del Gambero Rosso, “Guida Michelin”, “Lonely Planet”, “Guida de L’espresso”, “Guide du Routard”, Guida Mondadori, Guida del Tuoring Club Italiano, Guida De Agostini; “Traveller” di Condé Nast, etc. e, nell’ambito di quelle straniere, la “Louis Vitton City Guide”; la Guida “Phaidon”;; “Dumont Direkt”; “Michelin”; “City Wijzer” Hachette editore; “Cartoville”; “Let’s Go”; oltre che “Trotter” (cfr. doc. 5 e 6 allegati al ricorso);
G. S. partecipa attivamente anche con le istituzioni pubbliche alla vita delle associazioni di categoria, anche a scopo benefico e/o divulgativo della tradizione della pizza napoletana nonché ad eventi e a trasmissioni televisive dedicate alla cucina e ai relativi prodotti, collabora con noti Chef italiani e stranieri e ha ottenuto innumerevoli riconoscimenti tra cui il riconoscimento del Gambero Rosso “Tre Spicchi”, Ambasciatore del Gusto dalla Slow Food Editore il MAM – Maestro di Arti e Mestieri dalla scuola Internazionale di Cucina ALMA e dalla Fondazione Cologni e dal Ministero dei Beni Culturali alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella come precisato in ricorso (cfr. doc. da 7 a 12 allegati al ricorso);
hanno incrementato l’attività tramite il sito www.sorbillo.it e aperto sedi in tutta Italia e all’estero in particolare, nella città di Napoli (NA) oltre alle citate sedi in Via Tribunali n. 32 e n. 35, alla Via Partenope n. 1; in Piazza Trieste e Trento n. 53; Via L. Giordano n. 33; nella città di Milano (MI) al Largo Corsia dei Servi n. 11; in Via Montevideo n. 2; in Via Agnello n. 19; Via Ugo Foscolo n. 1; nella città di Roma (RM) in Piazza Augusto Imperatore n. 46; negli Stati Uniti d’America nella città di New York alla 334 Bowery, NY 10012; nella città di Miami al 100 di Collins Avenue e a Tokyo 3-2-1 Nihonbashi Muromachi, Coredo Muromachi Terrace 1F, Chuo 103-0022,Prefettura di Tokyo (cfr. doc. 13 allegato al ricorso).
Se, come noto, la funzione del marchio è quella di differenziare i prodotti di un imprenditore da quelli dei concorrenti, consentendo al pubblico dei consumatori di riconoscere con facilità i prodotti provenienti da una data impresa, così da poter operare le proprie scelte in maniera consapevole e svolgendo anche una funzione di garanzia qualitativa che il marchio assicura ai prodotti stessi, dalle premesse svolte se ne ricava che i marchi “Sorbillo” e “Pizzeria Sorbillo” possono qualificarsi come marchi forti e rinomati.

Come noto, è forte il marchio dotato di un tipico potere individualizzante, nel quale parole e segni utilizzati sono frutto di fantasia e non presentano alcuna immediata aderenza concettuale o logica con il prodotto da essi contraddistinto (Cass. Civ., n. 17671/2009). Sono, viceversa, reputati marchi deboli quelli la cui capacità distintiva è direttamente riconducibile a trasformazioni morfologiche della denominazione generica del prodotto ovvero delle sue caratteristiche descrittive.

Nel marchio forte il giudizio di confondibilità, che va effettuato tenendo conto dell’impressione d’insieme che il raffronto tra i segni in conflitto può suscitare attraverso un esame unitario e sintetico avendo riguardo all’insieme dei loro elementi salienti grafici, visivi e fonetici, nonché di quelli concettuali o semantici, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell’altro (Cass. Civ., n. 4405/2006), deve essere condotto con criteri più rigorosi.

La Suprema Corte ha in proposito stabilito che la “tutela si caratterizza per una maggiore incisività rispetto a quella dei marchi “deboli”, perché rende illegittime le variazioni, anche se rilevanti ed originali, che lascino sussistere l’identità sostanziale del nucleo individualizzante” (Cass., n. 1906/2010; conf. Cass., n. 4405/2006, cit.): la confondibilità si determina anche in presenza di consistenti varianti nel segno successivamente registrato, qualora esso si sia appropriato del nucleo centrale (c.d. cuore) dell’ideativo messaggio individualizzante del marchio anteriore (Cass., 18920/04; Conf. n. 9769/2018).

Ancora, in condivisione del significato di rinomanza o notorietà offerto dalla Corte di Giustizia UE è marchio rinomato, o che gode di notorietà, il marchio conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi contrassegnati, non essendo necessario che detta rinomanza sia necessariamente equivalente alla celebrità né che essa sia affermabile come conoscenza anche al di fuori dell’ambito merceologico in cui il marchio si è affermato (cfr. Corte di Giustizia CE 14/9/1999): al fine di accertare la rinomanza del marchio occorre prendere in considerazione tutti gli elementi rilevanti nella fattispecie e cioè la quota di mercato coperta dal marchio, l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo, le campagne pubblicitarie svolte (cfr. Tribunale di Milano, Sez. Spec., (ord.) 31.10.2014) pur non essendo necessario che il marchio medesimo sia conosciuto da una determinata percentuale del pubblico (cfr. Trib. Venezia, Sez. Spec. In materia di Impresa, n. 3012/16).

Nel caso di specie, nessun dubbio può esservi sulla rinomanza dei marchi di cui si chiede la tutela, come si evince dalle numerose allegazioni sopra citate.

Inoltre i marchi di cui si chiede la tutela sono da qualificare come “marchi patronimici”, nei quali il cognome “Sorbillo” rappresenta il “cuore” del marchio stesso, poiché tale parola appare idonea a rimanere impressa nella visione mnemonica del consumatore medio in quanto dotata di una rilevante efficacia distintiva.

Il cuore dei marchi patronimici risiede nel cognome (cfr. Cass. civ. 4.2.2016 n. 2191) e, in quanto marchio forte, anche laddove venga inserito entro un marchio complesso, ne costituisce pur sempre il necessario cuore, risultando irrilevanti tutti gli altri elementi che lo compongono (cfr. Cass. civ. 25.2.2015 n. 3806).

In particolare con specifico riferimento al conflitto marchio patronimico/diritto al nome, nell’attuale disciplina (derivante dagli artt. 1 bis, ora art.21 C.P.I., e 13, ora art.22 C.P.I., L.M., a seguito della Direttiva CEE n. 104/1989 e del D.lgs. 480/1992), si è consolidato il passaggio da un regime di esclusività piena, a favore del pre-adottante nel conflitto con il post-adottante omonimo, che non lasciava spazio all’uso del patronimico da parte del post-adottante se non come componente obbligatoria della ditta, vigente la Novella introdotta con la L.158/1967 (c.d. Legge Bima, che aveva introdotto modifiche al vecchio testo dell’art.13 L.M.), ad un regime di esclusività con limiti, in quanto l’uso del patronimico, da parte del post-adottante, è lecito e conforme alla correttezza professionale solo se necessario e veritiero, quindi se accompagnato da altre espressioni di fantasia o comunque distintive (vale a dire con funzione di indicazione di provenienza) e se non ha, nell’ambito del segno che deve essere complesso, una caratterizzazione o una evidenziazione maggiore degli altri elementi, aventi capacità differenzianti sufficienti e destinati a prevalere nell’apprezzamento del pubblico, se dunque viene usato solo in funzione descrittiva: in altri termini l’utilizzo è lecito “se non avviene in funzione di marchio ovvero se non realizza alcun tipo di sfruttamento parassitario dell’altrui segno commerciale” (cfr. ex multiis, Cassazione civile sez. I, 28/02/2006, n. 4405).

Si è precisato che in ipotesi del genere il diritto al nome subisce una compressione ove sia divenuto oggetto di registrazione ad opera di altri (cfr. Cassazione civile sez. I, 25/02/2015, n.3806): in particolare la Cassazione ha espressamente affermato che “un segno distintivo costituito da un certo nome anagrafico e validamente registrato come marchio denominativo … non può essere di regola adottato, in settori merceologici identici o affini, come marchio (oltre che come denominazione sociale), salvo il suo impiego limitato secondo il principio di correttezza professionale, neppure dalla persona che legittimamente porti quel nome, atteso che il diritto al nome trova, se non una vera e propria elisione, una sicura compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, ove esso sia divenuto oggetto di registrazione, prima, e di notorietà, poi, …” (cfr. Cassazione civile sez. I, 25/05/2016, n. 10826).

In ordine alle modalità concrete di uso del proprio nome, esso è lecito se non ha, nell’ambito del segno che deve essere complesso, una caratterizzazione o una evidenziazione maggiore degli altri elementi, aventi capacità differenzianti sufficienti e destinati a prevalere nell’apprezzamento del pubblico, se dunque viene usato solo in funzione descrittiva: l’esame va fatto considerando in concreto i caratteri, le dimensioni, il rilievo grafico il posizionamento rispetto agli altri elementi del segno.

Nel caso di specie ritiene il Tribunale, esaminati tutti gli elementi del caso concreto e nell’ambito della cognizione sommaria della presente fase, che l’utilizzo del segno “Sorbillo” (come detto marchio forte patronimico) da parte di L. S. nell’ambito del proprio marchio registrato “Pizz ‘a street since 1935 L. S.” costituisca violazione delle privative azionate dai ricorrenti.

Il marchio in questione, registrato in data 7/3/2017 (cfr. doc. 2 allegato alla comparsa della resistente) e oggetto della licenza d’uso di cui al contratto di consulenza tra la resistente e l’intervenuto L. S. (cfr. doc. 5 allegato alla comparsa della resistente), è composto infatti da una parte figurativa costituita da un pomodoro rosso e verde stilizzato e dalla scritta enfatizzata in grassetto e connotata da una rappresentazione grafica definita “Pizz a’ street dal 1935” posta su una banda scura che funge da base per il pomodoro stilizzato e da una parte denominativa che è il segno “L. S.”.

Ora, a differenza di quanto sostenuto dalla resistente e dall’intervenuto e in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra compendiati e relativi al conflitto tra marchio patronimico e diritto al nome, l’esame in concreto del segno in contestazione mostra come gli elementi diversi dal patronimico (il pomodoro e l’espressione “pizz ‘a street”) non hanno capacità differenziante sufficiente e destinata a prevalere nell’apprezzamento del pubblico rispetto al segno “L. S.” che, se pure inferiore per dimensione e posto in basso, non viene usato solo in funzione descrittiva ma propriamente distintiva – come si desume agevolmente anche dalla pubblicità presente su internet secondo la quale “Ragazzi ad OSTIENSE è arrivata la pizza di SORBILLO!!! In via del Gazometro n. 29 a pranzo e cena la migliore pizza di NAPOLI!!!”, con evidente riferimento alla notorietà della famiglia Sorbillo e all’attività svolta e, in particolare, a quella svolta da G. S. che per primo ha registrato i marchi di cui si chiede tutela (cfr. doc. 17 allegato al ricorso)

– e quindi in modo illecito: del resto nello stesso senso e proprio con riferimento all’espressione “pizza street”, già il Tribunale di Napoli – investita della cognizione relativa ad un marchio diverso da quello qui contestato ma molto simile (e precisamente il marchio “Sorbillo pizza a’ street” – nell’ambito del contenzioso citato dai ricorrenti ne ha sottolineato la natura “del tutto inadeguata ed inidonea rispetto alla pretese finalità distintive” (cfr. Tribunale di Napoli – Sez. Imprese, 02.04.2017, conf. ordinanza Tribunale di Napoli – Sez. Imprese del 06/06/2017 e ordinanza Tribunale di Napoli – Sez. Imprese, 03.01.2018 che ha rigettato il reclamo presentato da L. S.).

La condotta della resistente e dell’intervenuto l’utilizzo del patronimico “Sorbillo”, oltre a costituire contraffazione del marchio dei ricorrenti costituisce senza dubbio anche atto di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., n. 1, sotto il profilo dell’idoneità confusoria avuto riguardo agli elementi distintivi o caratterizzanti del prodotto (cfr. ex multiis, Tribunale Milano, Sez. spec. Impresa, 30/12/2016).

Accertato il fumus boni iuris con riferimento al periculum in mora, il pregiudizio irreparabile per la società ricorrente si qualifica alla luce della oggettiva difficoltà probatoria di accertare a posteriori l’esatta dimensione dei danni attesa l’attualità della condotta: il pericolo nel ritardo è in re ipsa nell’attualità del fenomeno contraffattivo suscettibile di effetti pregiudizievoli sui rapporti economici nel mercato (cfr. Trib. Bari 13.12.2007, Trib. Torino 3.11.2006) fermo restando che l’attuale persistenza dell’attività contraffattoria non può che contribuire ad aggravare ulteriormente gli effetti negativi già prodottisi nella sfera giuridica dei ricorrenti, anche in ragione del notevole impatto pubblicitario rappresentato dalla divulgazione del marchio contraffatto attraverso la rete internet.

Sul punto da disattendere si apprezzano le censure svolte dalla resistente in ordine alla presunta inerzia dei ricorrenti nell’introdurre l’azione cautelare in quanto l’avvio dell’attività in Roma via del Gazometro con il marchio “Pizz ‘a street since 1935 L. S.” risale al settembre 2019, laddove il ricorso, preceduto dalla relativa diffida, è stato depositato il 5/11/2019.

In conclusione, per i motivi esposti devono essere accordate le tutele richieste per quanto concerne l’inibitoria e l’ordine alla resistente di rimozione del segno SORBILLO e/o di segni ad essi simili o associabili, per produrre, contraddistinguere, commercializzare, promuovere i propri servizi di ristorazione e prodotti di cui si discute.

Le misure concesse vanno corredate dalla fissazione della penale di € 500,00 per ogni violazione successiva all’esecuzione del presente provvedimento.

La richiesta di pubblicazione della presente ordinanza non può invece essere accolta trattandosi di misura eccessivamente afflittiva.

Infatti “Se è pur vero che tale misura rientra da quelle concedibili secondo il c.p.i., la sommarietà dell’attività istruttoria del procedimento cautelare e la tendenziale definitività degli effetti che scaturirebbero dall’ordine di pubblicazione, anche in relazione alle ripercussioni personali e patrimoniali che graverebbero sulle resistenti, sconsigliano la concessione di tale misura. Non è infatti emerso che l’attività di illecita concorrenza abbia raggiunto dimensioni tali da rendere necessaria un’immediata contro reazione cosi incisiva” (cfr. Tribunale Venezia, Sez. Proprieta’ Industriale e Intellettuale, 07/11/2005).

La condanna alle spese di lite, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza:

l’intervenuto va condannato alle spese essendosi lo stesso difeso nel merito.

P.Q.M.

Il Tribunale, visti gli artt. 129, 130 e 131 e 133 c.p.i., 2598 c.c. e 700 c.p.c., accoglie il ricorso e

per l’effetto:

– inibisce alla resistente George V s.r.l. l’uso, in qualsiasi forma e modalità, del segno “Sorbillo” o qualunque altro segno confondibile con i marchi “Sorbillo” e “Pizzeria Sorbillo” per contraddistinguere il proprio servizio di ristorazione (compresa la relativa attività pubblicitaria), oltre che l’utilizzo del segno quale insegna del locale e quale nome a dominio;

– dispone nei confronti della resistente George V s.r.l. l’immediata rimozione del segno “Sorbillo” e di qualunque altro segno confondibile con i marchi “Sorbillo” e “Pizzeria Sorbillo” dall’insegna della ditta e da ogni altro elemento dell’attività svolta;

– fissa in € 500,00 la penale dovuta dalla resistente per ogni violazione o inosservanza successiva all’esecuzione del presente provvedimento;

– condanna George V s.r.l. e L. S., in solido tra loro, alla rifusione delle spese di giudizio sostenute da che liquida in complessivi € 9.000,00, oltre € 518,00 per spese e oltre spese generali ed accessori come per legge.

Si comunichi.

Roma, 23 gennaio 2020

Il Giudice

dott.ssa Stefania Garrisip