Tribunale Milano 13/10/2015
SENTENZA
(Presidente: dott.ssa Marina Tavassi – Relatore: dott. Claudio Marangoni)
n. 11416/2015 pubbl. il 13/10/2015
nella causa civile iscritta al n. 80647 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2013
vertente
TRA
KIKO s.r.l., in persona del legale rappr.te pro tempore;
elett. dom.ta in Milano, via Visconti di Modrone 2, presso lo studio deli procuratori avv.ti Giorgio MONDINI, Giacomo BONELLI e Fabio GHIRETTI, che la rappresentano e difendono;
– attrice –
E
WJCON s.r.l., in persona del legale rappr.te pro tempore;
elett. dom.ta in Milano, Largo Augusto 3, presso lo studio dell’avv. Claudio Zambrano, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto BOCCHINI del foro di Napoli;
– convenuta –
OGGETTO: concorrenza sleale e diritto d’autore.
CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni del 25.2.2015 i procuratori delle parti così concludevano:
per l’attrice: ” nel merito:
1) accertare e dichiarare che il lay-out dei negozi della catena di Kiko, così come i relativi progetti, costituiscono opere dell’architettura protette dal diritto d’autore ai sensi dell’art. 2 n. 5 l.d.a., o comunque opere atipiche protette dalla stessa legge, i cui diritti di utilizzazione economica spettano esclusivamente alla Kiko;
2) accertare e dichiarare che i negozi della convenuta Wjcon di cui in narrativa costituiscono violazione dei diritti di autore della Kiko;
3) accertare dichiarare che le attività poste in essere dalla convenuta Wjcon di cui in narrativa costituiscono atti di concorrenza sleale per confusione ai sensi dell’art. 2598 n. 1 c.c., per appropriazione di pregi e agganciamento ai sensi dell’art. 2598 n. 2 c.c., e per parassitismo ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c.;
4) inibire alla convenuta la prosecuzione di tutti gli illeciti di cui sopra dettando, se del caso, le prescrizioni ritenute opportune onde conseguire la cessazione degli illeciti denunciati mediante l’atto di citazione introduttivo della presente causa;
5) condannare la Wjcon al risarcimento dei danni derivati a Kiko dagli illeciti di cui sopra, nella misura in cui risulteranno in corso di causa, anche per effetto della valutazione equitativa del giudice;
6) ordinare ai sensi dell’articolo 2600 comma 2 c.c. la pubblicazione del dispositivo della emananda da sentenza, con caratteri doppi rispetto al normale, a cura della Kiko e a spese della convenuta, sui quotidiani “Corriere della Sera” e “La Repubblica”;
7) condannare Wjcon a rifondere integralmente a Kiko le spese di causa. in via istruttoria:
A) ammettersi i seguenti capitoli di prova per testi:
quanto alle riproduzioni fotografiche dei negozi Kiko e Wjcon:
1) vero che nel giugno-luglio 2013 il dr. Perluigi Robbiani, nella sua qualità di legal manager del Gruppo Percassi, dava istruzioni ai responsabili retail della Kiko, sigg.ri Vincenzo Neve e Katiuscia Sellitri, di far effettuare dei rilievi fotografici di alcune decine di negozi Kiko e Wjcon utilizzando quattro inquadrature-standard, ossia frontale esterno del negozio, frontale interno, lato interno sinistro, lato interno destro;
TESTI
Pierluigi Robbiani, Percassi Management S.r.l., Bergamo, via Paglia n. 1D;
Vincenzo Neve c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
2) vero che tali istruzioni venivano dai responsabili retail Kiko diramate agli area manager Kiko per l’Italia i quali nel mese di agosto 2014 provvedevano ad effettuare le riprese fotografiche di cui al capitolo precedente;
TESTI
Vincenzo Neve c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
Katiuscia Sellitri c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
3) vero che le riprese fotografiche così realizzate sono quelle di cui ai documenti da 18 a 55, e da 68 a 119 del fascicolo Kiko, che mi si mostrano;
TESTI
Vincenzo Neve c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
Katiuscia Sellitri c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
4) vero che ho provveduto a realizzare le riprese fotografiche dei negozi Kiko di Pescara, Roma e Termoli e dei negozi Wjcon di Roma Lunghezza, Avezzano, Teramo, Lanciano e Vasto di cui ai documenti Kiko nn. 33, 34, 36-39, 41, 84, 85, 86, 100 e 119 che mi si mostrano;
TESTI
Antonio Fusco c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
5) vero che ho provveduto a realizzare le riprese fotografiche dei negozi Kiko di Mugnano, Lecce e Palermo e dei negozi Wjcon di Castrofilippo, San Cataldo, Palermo v.le Strasburgo, Palermo via Roccaforte, Bagheria, cui ai documenti Kiko nn. 49, 52, 53, 54, 77, 78, 95, 107 e 108 che mi si mostrano;
TESTI
Antonio Argano c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
6) vero che ho provveduto a realizzare le riprese fotografiche dei negozi Kiko di Pompei, Etnapolis, Foggia e Brindisi, e dei negozi Wjcon di Nola, Pontecagnano, Salerno, Cava dè Tirreni e Casoria di cui ai documenti Kiko nn. 32, 38, 46, 47, 48, 88, 90, 101, 102, 115 che mi si mostrano;
TESTI
Ilaria Serio c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
7) vero che ho provveduto a realizzare le riprese fotografiche del negozio Kiko di Gravina e del negozio Wjcon di Acireale, di cui ai documenti Kiko nn. 44 e 92 che mi si mostrano;
TESTI
Aisatà Sow c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
quanto alle indagini Pambianco:
8) vero che le due “Ricerche per la comprensione delle similarità tra negozi competitor Kiko vs. Wjcon” che mi si mostrano (doc. 122 e 123 Kiko) sono state compiute da Pambianco in totale autonomia e senza alcuna interferenza da parte di Kiko;
TESTI
Pierluigi Robbiani, c/o Gruppo Percassi S.p.a., Bergamo, via Paglia n. 1D;
Désirée Di Leo c/o Pambianco Strategie di Impresa s.r.l. Corso Matteotti, 11 Milano;
9) vero, in particolare, che Kiko si è limitata ad indicare a Pambianco il solo oggetto della ricerca, senza interferire nella scelta del metodo utilizzato, nella scelta del campione da intervistare, nella scelta delle domande da sottoporre al campione intervistato, e più in generale nella scelta delle metodologie di rilevazione, elaborazione e valutazione dei dati raccolti
TESTI
Pierluigi Robbiani, c/o Gruppo Percassi S.p.a., Bergamo, via Paglia n. 1D;
Désirée Di Leo c/o Pambianco Strategie di Impresa s.r.l. Corso Matteotti, 11 Milano;
10) vero che per la effettuazione delle due ricerche il metodo prescelto da Pambianco è stato la ricerca quantitativa CAWI (Computer Aided Web Interview);
TESTI
Désirée Di Leo c/o Pambianco Strategie di Impresa s.r.l. Corso Matteotti, 11 Milano;
11) vero che la ricerca CAWI costituisce il metodo comunemente oggi utilizzato per le ricerche di mercato;
TESTI
Désirée Di Leo c/o Pambianco Strategie di Impresa s.r.l. Corso Matteotti, 11 Milano;
12) vero che la ricerca è stata condotta da Pambianco su un campione estratto da un panel di 40.000 individui;
TESTI
Désirée Di Leo c/o Pambianco Strategie di Impresa s.r.l. Corso Matteotti, 11 Milano;
13) vero che il campione intervistato è rappresentato da donne di età compresa fra i 25 e 30 anni, tutte frequentatrici di negozi di make-up;
TESTI
Désirée Di Leo c/o Pambianco Strategie di Impresa s.r.l. Corso Matteotti, 11 Milano;
quanto alle stampe tratte da Internet allegate al presente atto:
14) vero che nel periodo compreso fra il 29 e il 30 aprile 2014 ho provveduto ad effettuare dai siti internet che appaiono in esse indicati le stampe prodotte sub docc. da 166/1 a 166/24 fasc. attoreo, che mi si mostrano;
TESTI
Omar Cesana, Via Visconti di Modrone n. 2, Milano quanto alla concorrenza sleale parassitaria:
15) Vero che le commesse dei negozi Kiko si sono, sin dal luglio 2011, caratterizzate agli occhi del pubblico per indossare una t-shirt nera con il logo Kiko sul davanti e con un claim sul retro, nonché una cintura portapennelli alla vita con il logo Kiko sul lato inferiore sinistro, come da immagini riprodotte nel doc. 124 che si rammostra al teste;
TESTI
Margherita Cecchini, Marketing Director c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D; Cristina Signorelli, Trade Coordinator c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
16) Vero che Kiko ha adottato, sin dal gennaio 2010, nei propri punti vendita, i sacchetti raffigurati nell’immagine riprodotta nel doc. 125 che si mostra al teste;
TESTI
Margherita Cecchini, Marketing Director c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
17) Vero che Kiko ha adottato, sin dal maggio 2009, nei propri punti vendita, i contenitori portaoggetti raffigurati nell’immagine riprodotta nel doc. 126 che si mostra al teste;
TESTI
Margherita Cecchini, Marketing Director c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
Cristina Signorelli, Trade Coordinator c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
18) Vero che Kiko ha adottato il format del proprio sito Internet corrispondente al dominio kikocosmetics.it quale risulta nel doc. 127 che si mostra al teste, ossia sfondo nero, logo in alto a sinistra e categorie di prodotti elencate sopra l’immagine principale, sin dall’agosto 2011
TESTI
Marcello Messina, responsabile e-commerce c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
19) Vero che, anteriormente al novembre 2013, l’homepage del sito di Wjcon corrispondente al dominio wjcon.com corrispondeva all’immagine raffigurata nella prima pagina del doc. 127, in basso a destra;
TESTI
Marcello Messina, responsabile e-commerce c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
20) Vero che Kiko ha adottato la suddivisione in categorie e sottocategorie del proprio sito Internet corrispondente al dominio kikocosmetics.it, quale risulta nel doc. 128 che si mostra al teste, sin dall’agosto 2011;
TESTI
Marcello Messina, responsabile e-commerce c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
21) Vero che Kiko ha realizzato il negozio on line presente sul suo sito Internet corrispondente al dominio kikocosmetics.it, quale risulta nelle relative immagini raffigurate nel doc. 129 che si mostra al teste, sin dall’agosto 2011 Marcello Messina, responsabile e-commerce c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
22) Vero il doc. 209 che si mostra al teste è un estratto dal file di excel che Kiko usa internamente ed in cui vengono inseriti tutti i prodotti che vengono lanciati sul mercato con il loro nome, il codice e la data di immissione sul mercato;
TESTI
Margherita Cecchini, Marketing Director c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D; Giorgia Dallafior c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
B) Nella denegata ipotesi di ammissione dei capitoli di prova avversari, ammettersi prova contraria con i seguenti testi:
Margherita Cecchini, Marketing Director c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D; Cristina Signorelli, Trade Coordinator c/o Kiko S.r.l. Bergamo, via Paglia n. 1D;
C) disporre c.t.u. demoscopica finalizzata a verificare se il pubblico dei potenziali consumatori realizzi, e in quale misura, collegamenti di tipo confusorio e/o associativo fra gli esercizi commerciali della catena Kiko e quelli della catena Wjcon, con particolare riferimento alle forme e modalità di allestimento dei due tipi di negozio;
D) disporre c.t.u. onde accertare l’entità degli utili netti conseguita dal 2010 a oggi da Wjcon per effetto della gestione della propria omonima catena di negozi operante nel settore della cosmesi e di profumeria.”
per i convenuti: “1) in via preliminare rigettare la domanda perché improcedibile, inammissibile ed improponibile;
2) nel merito rigettare le domande siccome infondata e temeraria in fatto ed in diritto;
3) in via istruttoria, si chiede ammettersi tutti i mezzi di prova richiesti dalla Wjcon s.r.l.; si impugna ancora ogni richiesta istruttoria di controparte e la documentazione allegata nonché le riproduzioni grafiche contenute nelle allegazioni tecniche di parte delle quali si disconosce la conformità e provenienza non essendo allo stato allegato alcun elemento di autenticità. Si impugna, altresì, per i motivi già esposti la validità delle allegazioni difensive sotto forma di indagine demoscopica e, quindi, si impugnano le richieste di C.T.U. in quanto inammissibili ed assolutamente esplorative. In subordine, salvo gravame, nella denegata ipotesi in cui il Tribunale ammetta le avverse richieste, si chiede di essere ammessi a prova diretta e contraria sui medesimi capi e con i medesimi testi indicati dall’attrice nonché con i testimoni e sui capitoli di prova articolati nel presente e nei precedenti atti.
Con vittoria di spese diritti ed onorari e rimborso spese forfettarie.”
FATTO E DIRITTO
1. La società attrice KIKO s.r.l., che si occupa di produzione e commercializzazione di prodotti cosmetici e di profumeria, ha dedotto di avere affidato nel 2005 allo Studio Iosa Ghini Associati s.r.l. il compito di realizzare una nuova progettazione dei negozi Kiko innovativa e fortemente caratterizzata. Sulla base di tale studio e progettazione in data 6.10.2006 era stato depositato il modello n. 91752 con titolo “Design di arredi di interni per negozi monomarca Kiko Make-up Milano”, successivamente passato nella titolarità di KIKO s.r.l. e a partire dal luglio 2006 erano stati aperti numerosi negozi monomarca Kiko sulla base di tale progettazione (299 solo in Italia).
Tale progetto, di stile minimalista caratterizzato da simmetrie ed essenzialità, era fondato – in sintesi – su di un ingresso open space, con ai lati due grandi grafiche retroilluminate, a creare una sorta di portale essenziale e senza riprendere la comune esposizione di prodotti; su interni aventi espositori laterali consistenti in strutture continue e inclinate, le pareti caratterizzate da alloggi in plexiglass trasparente traforati nei quali sono inseriti i prodotti; su “isole” a bordo curvilineo posizionate al centro dei negozi per contenere i prodotti o fornire piani di appoggio; sulla presenza di numerosi schermi TV incassati negli espositori inclinati; sull’utilizzazione di combinazioni dei medesimi colori (bianco, nero, rosa/viola) e di luci ad effetto discoteca.
Ha contestato alla convenuta WJCON s.r.l. di aver sin dal 2009 posto in essere un’attività di sistematica concorrenza sleale sia confusoria che parassitaria, in particolare per ciò che attiene all’aspetto dei suoi negozi che davano luogo ad indebita confusione od associazione con quelli dell’attrice per la ripresa degli elementi caratterizzanti.
Inoltre tale attività di concorrenza parassitaria era stata svolta anche in relazione ad altri profili della comunicazione nei punti vendita (abbigliamento delle commesse: t-shirt nera e cintura portapennelli; sacchetti e contenitori portaprodotti), on line (format dei rispettivi siti web), delle iniziative commerciali (ripresa pedissequa delle singole promozioni commerciali poste in essere da KIKO s.r.l., anche nella loro configurazione grafica e di colori), dei prodotti (forma identica, senza possibili varianti rispetto alla forma necessitata; stessi nomi; ripresa dei prodotti innovativi elaborati da KIKO s.r.l.).
Ha quindi contestato la sussistenza delle ipotesi:
– di cui al n. 1 dell’art. 2598 c.c., quanto all’indebita ripresa non già delle singole caratteristiche esteriori dei suoi punti vendita bensì alla loro specifica ed originale combinazione e dunque rispetto alla pedissequa ripresa del loro insieme;
– di cui al n. 2 dell’art. 2598 c.c., quanto allo sfruttamento del lay-out frutto di anni di investimenti e di ricerca come appropriazione dei pregi propri di essa attrice e per l’agganciamento (non confusorio) indebitamente determinato con l’attività dell’attrice;
– di cui al n. 3 dell’art. 2598 c.c., quanto alla concorrenza parassitaria determinata dall’imitazione continuativa e sistematica delle iniziative dell’attrice;
– della violazione dei diritti esclusivi di realizzazione economica dell’attrice sul progetto di architettura relativo ai negozi (art. 2, n. 5 L.A.).
Ha quindi chiesto che il Tribunale pronunciasse nei confronti della convenuta l’inibitoria alla prosecuzione delle condotte menzionate nonché al risarcimento di tutti i conseguenti danni.
La società convenuta WJCON s.r.l. ha contestato le pretese di parte attrice, richiamando i pregressi procedimenti cautelari svoltisi dinanzi al Tribunale di Milano nel 2009 ed al Tribunale di Roma nel 2012 in relazione ad analoghe contestazioni e tutti conclusi in senso sfavorevole a KIKO s.r.l.
Nel merito hanno contestato che i punti vendita dell’attrice siano caratterizzati in maniera univoca e che comunque sussistano profili di effettiva originalità in detti allestimenti, del tutto comuni anche presso concorrenti e composti da elementi necessitati e diffusamente utilizzati nel settore, mentre anche i prodotti di KIKO s.r.l. risultano del tutto fungibili nel particolare segmento di mercato ove si collocano e soggetti ad iniziative promozionali e commerciali del tutto comuni tra i numerosi concorrenti.
Stante la sostanziale identità dei mobili e degli arredi di tutti i punti vendita del settore risulterebbe dunque carente ogni profilo di effettiva originalità tutelabile anche sotto il profilo del diritto d’autore evocato dall’attrice.
Ha quindi concluso per il rigetto delle domande svolte dall’attrice nei suoi confronti.
2. In via preliminare devono essere svolte alcune considerazioni.
In primo luogo va rilevato che parte convenuta ha proceduto al disconoscimento di “conformità e provenienza” delle riproduzioni grafiche allegate dell’attrice, senza precisare quali e riproduzioni grafiche risulterebbero non conformi alla realtà e senza produrre elementi a contrasto utili a poter in concreto individuare ed evidenziare tali presunte difformità.
Se evidentemente nel caso di specie non possono richiamarsi gli artt. 214 e 215 c.p.c. attinenti al disconoscimento di una scrittura privata, tuttavia tale contestazione – nel caso di specie (se ben si comprende) riferita alle rappresentazioni fotografiche depositate dall’attrice – per poter produrre il venir meno della capacità attestatrice e probatoria di detti documenti deve in ogni caso essere chiara, circostanziata ed esplicita.
Essa si deve infatti concretizzare nell’allegazione di specifici elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta, rispetto ai quali il giudice potrebbe accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.
Nel caso di specie appare del tutto evidente che parte convenuta non ha in alcun modo precisato quali specifiche rappresentazioni grafiche siano contestate né tantomeno in relazione a quale tipo di difformità dal reale.
Ciò comporta l’irrilevanza di tale generica contestazione, peraltro di fatto sostanzialmente smentita dalla produzione fotografica ampiamente svolta dalla stessa WJCON s.r.l. che ha offerto una rappresentazione visuale complessiva delle modalità di arredamento di interni sia dei rispettivi negozi delle parti in causa che di altri soggetti concorrenti che non appare affatto contrastante con quella eseguita dall’attrice KIKO s.r.l.
In secondo luogo va affermato che la presente causa deve essere decisa sulla base delle argomentazioni svolte dalle parti in questa sede e della documentazione probatoria qui prodotta.
La produzione in atti delle ordinanze che hanno definito pregresse vicende cautelari tra le medesime parti, pur afferendo alla stessa sostanziale controversia, non possono evidentemente vincolare il Collegio nella sua autonoma decisione che da un lato si fonda su elementi probatori autonomi – non potendosi verificare se nelle precedenti fasi cautelari la produzione documentale offerta fosse identica a quella in questa sede posta a disposizione del Tribunale – e dall’altro su valutazioni non necessariamente coincidenti con quelle già proprie di altri provvedimenti per se stessi inidonei a determinare vincoli di giudicato.
3. KIKO s.r.l. ha in primo luogo fondato le sue ragioni di tutela sulla violazione dei suoi diritti di utilizzazione economica del progetto di architettura d’interni rappresentato dal progetto realizzato su commissione della società dallo Studio Iosa Ghini Associati s.r.l. nel 2005/06 (v. docc. da 3 a 7 fasc. Kiko), in base al quale a partire dal luglio 2006 furono realizzati tutti i negozi monomarca dell’attrice.
Ritiene il Collegio che non sembra contestabile la possibilità di riconoscere la tutela di cui all’art. 2, n. 5 L.A. a detto progetto di arredamento d’interni.
Se i principi a tale proposito opposti dalla convenuta al fine di escludere detta tutela risultano sostanzialmente estranei a quelli nel tempo consolidatasi nella dottrina e nella giurisprudenza in tema di diritto d’autore, appare sufficiente in questa sede rilevare che in via generale il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento l’art. 1 L.A., non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate negli artt. 1 e 2 L.A.
In tale contesto un’opera dell’ingegno riceve protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia; inoltre, la creatività non è costituita dall’idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere che sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione (in tal senso, v. da ultimo Cass. 25173/11).
Quanto in particolare al settore degli arredamenti d’interni, la sua tutelabilità in base all’art. 2, n. 5 L.A. è unanimemente affermata dalla dottrina e confermata dalla giurisprudenza di merito che finora ha affrontato tale questione (v. tra le più recenti Tribunale Milano, 8.2.2011), laddove – come in generale nelle opere di architettura – la progettazione costituisca un risultato non imposto dal problema tecnico funzionale che l’autore vuole risolvere. In tale contesto il carattere creativo, requisito necessario per la tutela, può essere valutato in base alla scelta, coordinamento e organizzazione degli elementi dell’opera, in rapporto al risultato complessivo conseguito.
L’esame del complesso della documentazione in atti conferma, a parere di questo Collegio, il presupposto del carattere creativo del progetto a suo tempo elaborato dallo Studio Iosa Ghini Associati s.r.l. su commissione di KIKO s.r.l.
Se la stessa pacifica esistenza di uno specifico studio ed elaborazione progettuale che ha portato all’elaborazione del progetto finale appare circostanza idonea a ritenere, quantomeno sul piano dell’insorgenza di una favorevole presunzione in tal senso, che parte attrice abbia assolto il suo onere probatorio rispetto alla conferma del carattere originale e creativo di tale progetto, in ogni caso l’ampio panorama fotografico fornito da entrambe le parti quanto alla caratterizzazione degli arredamenti di negozi similari conferma senza dubbio alcuno la tutelabilità ai sensi dell’art. 2, n. 5 L.A. di tale elaborazione (concept).
La combinazione degli elementi che integrano tale progetto di arredamento d’interni risulta effettivamente quella descritta da parte attrice nel suo atto introduttivo, laddove essa ha evidenziato – in un contesto stilistico minimalista, caratterizzato da simmetrie ed essenzialità nelle linee – che l’elaborazione progettuale degli ambienti in questione prevede una serie di elementi, quali l’ingresso open space con ai lati due grandi grafiche retroilluminate, all’interno espositori laterali consistenti in strutture continue e inclinate aventi pareti caratterizzate da alloggi in plexiglass trasparente traforati nei quali sono inseriti i prodotti, “isole” a bordo curvilineo posizionate al centro dei negozi per contenere i prodotti o fornire piani di appoggio, presenza di numerosi schermi TV incassati negli espositori inclinati, utilizzazione di combinazioni dei medesimi colori (bianco, nero, rosa/viola) e di luci ad effetto discoteca (v. docc. da 3 a 7 fasc. Kiko, cit.).
Al di là della presenza di singoli elementi di tale combinazione negli allestimenti correnti del medesimo settore (contenitori inclinati; schermi TV; colori), la presenza in detto progetto degli elementi di creatività necessari per assicurare ad esso la tutela autorale appare connessa alla combinazione e conformazione complessiva di tutti detti elementi in relazione tra loro.
4. Contrariamente a quanto affermato dalla convenuta, la documentazione fotografica prodotta da entrambe le parti non consente di ritenere che detta combinazione di elementi fosse all’epoca già utilizzata nel settore, al di là della nota utilizzazione di singoli elementi che di per se stessi tuttavia non sarebbero idonei a pregiudicare il carattere originale e creativo assegnato al complesso della caratterizzazione di tale ambiente.
Se ci si vuole soffermare sulla documentazione prodotta in atti da WJCON s.r.l., va rilevato in primo luogo che essa non è assistita da alcun elemento che possa contribuire a fornire un’effettiva datazione dell’epoca in cui i singoli allestimenti ivi rappresentati sono stati effettivamente presentati sul mercato, posto che al fine di poter pregiudicare il carattere originale di un progetto dovrebbe evidentemente provarsi la preesistenza degli allestimenti ritenuti anticipatori rispetto all’ideazione del progetto contestato.
Se di tale collocazione temporale nessuna informazione è stata fornita dalla società convenuta – e ciò determinerebbe di per sé la sostanziale irrilevanza di tale produzione documentale nel suo complesso – può tuttavia rilevarsi che in ogni caso il quadro fornito dall’esame di tali fotografie dimostrerebbe al più che alcuni singoli elementi sono utilizzati da terzi soggetti nel medesimo settore, ma confermerebbe invece che nessun soggetto concorrente ha mai adottato nell’allestimento dei suoi negozi una combinazione di tutti gli elementi in questione in una chiave stilisticamente paragonabile a quella adottata nei negozi KIKO s.r.l.
In tal senso risultano del tutto significativi proprio i docc. 5 e 6 depositati da WJCON s.r.l. nelle pregresse fasi cautelari nonché i documenti depositati nella presente causa in allegato alla memoria n. 2 ex art. 183, sesto comma c.p.c., che rappresentano secondo parte convenuta il panorama degli allestimenti correnti nel settore dei negozi monomarca di cosmetici che dovrebbero attestare la presunta mancanza di originalità del concept adottato da KIKO s.r.l.
Le diverse declinazioni dell’aspetto di interni adottate da soggetti terzi risultano invero del tutto distanti da quelle contenute nel concept sviluppato da KIKO s.r.l. posto che – limitando tali osservazioni a quegli arredamenti che incorporano espositori inclinati – nessuna di esse presenta una struttura sostanzialmente unica che corre senza soluzione di continuità lungo le pareti laterali costituita dagli espositori che formano un corpo unico con dette pareti e che sono costantemente accoppiati ad una serie di schermi televisivi.
In effetti tutte le ambientazioni proposte dalla convenuta hanno strutture che, benchè sviluppate anche in maniera elegante e ricercata, si compongono tutte di diversi elementi di arredo inseriti come tradizionale mobilio (singole scaffalature tradizionali, anche alternate a piani inclinati che tuttavia in molti casi risultano essere anch’esse scaffalature sovrapposte e non contenitori inclinati), nelle quali cioè non vi sono elementi incorporati alle pareti laterali che corrono lungo l’intera estensione di tali lati determinando così strutturalmente la stessa forma di tali pareti in maniera simmetrica tra loro.
A tali profili, che sembrano più immediatamente risaltare all’occhio dell’osservatore, vanno altresì aggiunti gli ulteriori elementi già innanzi menzionati che compongono il progetto dei negozi KIKO s.r.l. e ne completano il concept, che – al di là dell’inevitabile adattamento ai vincoli strutturali propri delle conformazioni delle singole unità immobiliari utilizzate dall’attrice per i propri negozi – risultano costantemente utilizzati e riprodotti secondo la concezione propria del progetto iniziale (portale con immagini, isole, televisori, colori).
Va rilevato per completezza che in effetti tra le immagini prodotte da parte convenuta una sola tipologia di arredamento di negozio di cosmetici sembra decisamente assimilabile al concept sviluppato da KIKO s.r.l., e cioè quella che risulta associata all’insegna “B by LIMONI” (v. doc. 7 cit. della fase cautelare). Tuttavia tale immagine non può di per se stessa costituire effettivo elemento atto a pregiudicare il carattere di originalità del progetto in esame, sia perché – come già innanzi rilevato – non è dato sapere se tale specifico allestimento preesistesse all’ideazione ed attuazione del progetto di parte attrice, sia perché – e ciò sembra confermarne quantomeno la sua posteriore realizzazione – la stessa Limoni s.p.a. con atto transattivo intercorso con KIKO s.r.l. e lo Studio Iosa Ghini Associati s.r.l. in data 18.3.2013 ha dato atto dell’abbandono di tale progetto, così ponendo fine alla controversia all’epoca pendente tra dette parti dinanzi al Tribunale di Torino (doc. 63 fasc. Kiko).
Da quanto precede deve dunque confermarsi il carattere originale e creativo del progetto sviluppato dallo Studio Iosa Ghini Associati s.r.l. su commissione di KIKO s.r.l. – per tale motivo da ritenersi titolare dei relativi diritti di utilizzazione economica – che pertanto deve ritenersi oggetto di tutela ai sensi dell’art. 2, n. 5 L.A.
5. Le medesime immagini fotografiche prodotte dalla convenuta e ovviamente quelle depositate dall’attrice (v. docc. 68, 69, da 73 a 119 fasc. Kiko) mostrano senza incertezza alcuna la diretta appropriazione da parte di WJCON s.r.l. del complesso degli elementi che compongono il concept sviluppato da parte attrice, con differenze nella conformazione di alcuni singoli elementi (espositori; isole) del tutto irrilevanti rispetto alla ripresa pressochè integrale di tutti gli elementi che sono stati innanzi indicati come componenti il progetto di arredamenti d’interni dei negozi di KIKO s.r.l.
Né evidentemente potrebbe giustificare la condotta di parte attrice l’ipotetico richiamo all’art. 4 L.A. in tema di opera derivata, che peraltro necessiterebbe comunque della preventiva autorizzazione dell’autore dell’opera originaria. Come argomenta la costante giurisprudenza di legittimità l’elaborazione creativa si differenzia dalla contraffazione, in quanto mentre quest’ultima consiste nella sostanziale riproduzione dell’opera originale, con differenze di mero dettaglio che sono frutto non di un apporto creativo, ma del mascheramento della contraffazione, la prima si caratterizza per un’elaborazione dell’opera originale con un riconoscibile apporto creativo; ciò che rileva, pertanto, non è la possibilità di confusione tra due opere, alla stregua del giudizio d’impressione utilizzato in tema di segni distintivi dell’impresa, ma la riproduzione illecita di un’opera da parte dell’altra, ancorché camuffata in modo tale da non rendere immediatamente riconoscibile l’opera originaria (così Cass. 9854/12; v. anche da ultimo Cass. 11464/15).
Le modeste modifiche apportate da WJCON s.r.l. al progetto complessivo dell’ambientazione degli interni dei suoi negozi di cosmetici non escludono dunque in alcun modo l’ipotesi di contraffazione del progetto di cui KIKO s.r.l. risulta titolare dei diritti di sfruttamento economico.
5. KIKO s.r.l. ha altresì dedotto l’indebita ripresa da parte della medesima convenuta di ulteriori aspetti della sua attività commerciale, in particolare deducendo anche l’imitazione dell’abbigliamento delle commesse (t-shirt nera e cintura portapennelli) dell’aspetto dei sacchetti e dei contenitori portaprodotti, dei prodotti stessi (forma identica, senza possibili varianti rispetto alla forma necessitata; stessi nomi; ripresa dei prodotti innovativi elaborati da KIKO s.r.l.) nonché di alcuni aspetti della sua comunicazione commerciale on line (format dei rispettivi siti web; ripresa pedissequa delle singole promozioni commerciali poste in essere da KIKO s.r.l., anche nella loro configurazione grafica e di colori).
Non ritiene tuttavia il Collegio che tali ulteriori profili – rilevanti sostanzialmente sotto il profilo dell’illecito concorrenziale, declinato dall’attrice nell’ambito di tutte e tre le ipotesi contemplate dall’art. 2598 c.c. – possano essere ritenuti effettivamente fondati, almeno per ciò che attiene agli illeciti di cui ai nn. 1 e 2 dell’art. 2598 c.c.
Invero se da una parte le singole iniziative dedotte ed il loro complesso – sulle quali evidentemente parte attrice non sembra poter vantare titoli di specifica esclusività che di per se stessi possano impedirne l’analoga utilizzazione anche da parte di terzi – sembrano ormai divenute consuete nello specifico settore commerciale, tanto da consentire la loro convivenza anche con differenze di poco rilievo, per altro verso il profilo di possibile confusione per il pubblico appare quantomeno poco apprezzabile tenuto conto del fatto che rispetto a tali specifici elementi parte attrice non ha portato elementi di rilievo tale – si ripete, tenuto conto delle comuni modalità di presentazione di prodotti e di similarità delle offerte commerciali e/o promozionali del settore – da poter affermare con la necessaria sicurezza che il consumatore medio possa aver ormai associato a tali elementi una sicura ed esclusiva riconducibilità come provenienza alla società attrice.
Né il ricorso alla categoria dell’appropriazione di pregi appare di maggiore utilità nel caso di specie, ove in effetti l’impresa concorrente non risulta aver dato luogo a condotte che manifestino apertamente l’intento di appropriarsi di pregi dell’impresa altrui o dei suoi prodotti, al di là della ripresa di modalità generali di presentazione dell’azienda che in sé non costituiscono specifici pregi propri dei prodotti o dell’attività di parte attrice.
6. Di maggior rilievo appare invece l’ipotesi di concorrenza parassitaria dedotta dall’attrice ai sensi del n. 3 dell’art. 2598 c.c., che investe complessivamente gli aspetti attinenti all’imitazione degli arredamenti interni dei negozi WJCON s.r.l. – già esaminati sotto il profilo della tutela autorale – in connessione con tutti gli altri ulteriori aspetti innanzi menzionati che riprenderebbero elementi utilizzati da KIKO s.r.l. nella sua attività commerciale e di comunicazione.
L’ipotesi di concorrenza sleale parassitaria di cui all’art. 2589 n. 3 c.c. è una fattispecie di illecito concorrenziale che la dottrina nello svilupparne e definirne l’ambito ha ritenuto di individuare sostanzialmente nella condotta di quell’imprenditore che pone in essere un’imitazione sistematica delle iniziative imprenditoriali del concorrente, che possono comprendere l’imitazione dei prodotti, delle modalità di pubblicizzazione, delle tecniche di commercializzazione ecc.
In tale ipotesi ciò che rileva non è la confondibilità che intervenga sul prodotto in sé – che dovrebbe essere invece profilo rilevante nell’ipotesi di cui all’art. 2598 n. 1 c.c. in relazione agli specifici presupposti propri di tale fattispecie – quanto piuttosto il fatto che detta condotta costituisca il mezzo per determinare uno sfruttamento sistematico del lavoro e della creatività altrui, così determinandosi su tale piano la violazione dei principi di correttezza professionale che integrano la concorrenza sleale.
È stato altresì rilevata la particolarità di tale ipotesi di illecito concorrenziale, che si fonderebbe su di una pluralità di elementi imitativi che presi singolarmente ed indipendentemente dal contesto e dalla relazione con gli altri elementi della fattispecie non costituirebbero per se stessi un illecito confusorio. Essa si manifesta dunque attraverso una pluralità di condotte che danno vita ad un illecito unitario che integra uno sfruttamento sistematico del lavoro altrui, che può cronologicamente svolgersi sia mediante successivi comportamenti imitativi delle iniziative e dei prodotti altrui che mediante una serie di comportamenti simultanei che possano tutti ritenersi e manifestarsi in maniera univoca ed in quantità significativa come rivolti al perseguimento del medesimo illecito fine.
La giurisprudenza di legittimità ha in particolare affermato che laddove sussistano una pluralità di atti succedentesi nel tempo, diretti tutti ad una continua e ripetuta imitazione delle iniziative del concorrente ovvero nello sfruttamento sistematico del lavoro e della creatività altrui – siano essi comportamenti ripetuti che simultanei – l’imitazione può considerarsi illecita, ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c., soltanto se effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente o dall’ultima e più significativa di esse, dovendosi intendere per “breve” quell’arco di tempo – variabile a seconda dei prodotti e delle condizioni del mercato in cui vengono immessi – per tutta la durata del quale l’ideatore della nuova iniziativa ha ragione di attendersi utilità particolari dal lancio della novità e cioè fino a quando essa è considerata tale dal pubblico dei clienti e si impone, quindi, alla loro attenzione nella scelta del prodotto (così Cass. 5852/84; più recentemente nello stesso senso v. Cass. 13423/04).
Il panorama della complessiva condotta posta in essere da WJCON s.r.l. a partire dall’apertura dei primi suoi negozi aventi il loro aspetto imitativo del concept sviluppato da KIKO s.r.l. consente di confermare che tale rilevante illecito è stato accompagnato anche dalla ripresa pressochè pedissequa di ulteriori elementi – di per se stessi privi di attitudine confusoria – che hanno dato luogo ad un comportamento di pedissequa imitazione del complesso delle attività commerciali e promozionali poste in essere nel tempo da parte attrice, di tale complessiva entità e rilevanza da porre in essere quello sfruttamento sistematico del lavoro e della creatività altrui in tempi sostanzialmente coincidenti o comunque immediatamente successivi all’adozione da parte dell’attrice delle sue specifiche iniziative. In tale contesto – che, si ripete, appare rilevante in diretta connessione con l’accertata contraffazione del concept dei negozi Kiko – assumono dunque rilevanza tutti i comportamenti segnalati dall’attrice e contestati in questa sede (dal fasc. Kiko: abbigliamento delle commesse: doc. 124; aspetto dei sacchetti e dei contenitori portaprodotti: doc. 126; aspetto dei prodotti stessi: docc. 142, 143, 144; comunicazione commerciale on line: docc. 127, 129) che, a prescindere dalla loro effettiva capacità di indurre confusione nel consumatore, denotano l’evidente intento da parte di WJCON s.r.l. di porsi costantemente sulle orme del suo concorrente.
7. Le valutazioni sin qui poste in rilievo portano dunque il Collegio a dare corso alle misure proprie della violazione del diritto d’autore ed a tutela dei diritti di sfruttamento economico dell’opera, in particolare all’inibitoria all’ulteriore prosecuzione dell’illecito ed a fissazione della penale previste dall’art. 156 L.A.
Quanto all’illecito di concorrenza sleale parassitaria, attesa la particolare natura di tale ipotesi e rilevato che la condotta complessivamente contestata sotto tale profilo a WJCON s.r.l. risulterebbe di fatto eliminata dall’applicazione dell’inibitoria concessa per la tutela autorale, non ritiene il Collegio di aggiungere ulteriore comando interdittivo sostanzialmente riproduttivo di quello già adottato.
Invero la specifica caratterizzazione parassitaria di tale condotta appare principalmente caratterizzata dalla ripresa indebita del concept di parte attrice, cui si connettono gli ulteriori comportamenti che di per se stessi ed indipendentemente dall’utilizzazione del medesimo aspetto degli interni dei negozi non darebbero luogo all’illecito concorrenziale accertato.
8. Quanto al risarcimento del danno, ritiene il Collegio che le istanze istruttorie svolte da parte attrice non possano fornire elementi effettivamente rilevanti rispetto agli illeciti accertati.
Invero l’acquisizione di dati relativi all’andamento commerciale dei negozi WJCON s.r.l. al fine di individuarne gli utili non pare al Collegio un profilo di accertamento sul quale poter fondare un’ipotesi di risarcimento del danno effettivamente pertinente alle tipologie di illeciti ritenuti sussistenti.
Se, infatti, il principale illecito affermato in tema di diritto d’autore in linea di principio dovrebbe comportare un criterio di risarcimento del danno fondato sulla valutazione del lucro cessante perso dal titolare del diritto – che nel caso di specie ben difficilmente potrebbe essere individuato tra gli utili conseguiti dal contraffattore nell’ambito di un’attività di impresa più complessiva ed articolata, risultando di fatto del tutto arbitraria ogni possibilità di assegnare direttamente sul piano causale una parte di tali utili all’illecito accertato – pare al Collegio più conforme alle complessive circostanze di causa fondare la condanna risarcitoria su di un criterio di natura equitativa che tragga fondamento sostanziale dalle somme che parte convenuta ha di fatto risparmiato sfruttando il progetto sviluppato da KIKO s.r.l. e commisurando tali importi all’entità delle riproduzioni eseguite nei numerosi negozi di WJCON s.r.l. sparsi sul territorio nazionale.
Sulla base di tali criteri gli elementi documentali in atti consentono di rilevare che KIKO s.r.l. ha corrisposto allo Studio Iosa Ghini Associati s.r.l. per l’ideazione e progettazione del concept in questione la somma di € 70.000 (doc. 14 fasc. Kiko).
Tale importo appare di sicuro riferimento come base di calcolo per determinare il lucro cessante cui KIKO s.r.l. ha diritto, sulla base del quale cioè commisurare il prezzo che WJCON s.r.l. avrebbe dovuto sostenere per sfruttare lecitamente l’opera tutelata e che deve essere opportunamente aumentato in relazione al numero di negozi ai quali essa ha applicato detto concept.
Stima equo dunque il Collegio liquidare per tale voce di danno in via equitativa la complessiva somma di € 700.000,00.
A titolo di danno emergente deve essere altresì riconosciuto a KIKO s.r.l. il rimborso delle spese investigative sostenute per l’accertamento degli illeciti e della loro estensione sul territorio nazionale, pari a complessivi € 16.250,00 (v. docc. da 157 a 163 fasc. Kiko).
La sommatoria di detti importi risulta dunque pari ad € 716.250,00, liquidati alla data di deposito della presente sentenza e dunque già comprensivi di interessi legali e rivalutazione monetaria.
Deve essere altresì accolta anche la domanda di pubblicazione della presente sentenza, da eseguirsi secondo le modalità specificate in dispositivo.
9. La convenuta WJCON s.r.l. deve infine essere condannata anche al rimborso delle spese del giudizio in favore di parte attrice, liquidate nella misura specificata in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore domanda, eccezione o istanza disattesa:
1) in parziale accoglimento delle domande avanzate da KIKO s.r.l. nei confronti di WJCON s.r.l. con atto di citazione dell’11.11.2013, accertata la tutelabilità del progetto di arredamento d’interni applicato ai negozi di cosmetici della catena di KIKO s.r.l. ai sensi dell’art. 2, n. 5 L.A. ed i cui diritti di sfruttamento economico appartengono alla società attrice nonché la contraffazione posta in essere dalla convenuta WJCON s.r.l. di tale progetto – quanto al complesso degli elementi ivi rappresentati: ingresso open space con ai lati due grandi grafiche retroilluminate, all’interno espositori laterali consistenti in strutture continue e inclinate aventi pareti caratterizzate da alloggi in plexiglass trasparente traforati nei quali sono inseriti i prodotti, “isole” a bordo curvilineo posizionate al centro dei negozi per contenere i prodotti o fornire piani di appoggio, presenza di numerosi schermi TV incassati negli espositori inclinati, utilizzazione di combinazioni dei medesimi colori (bianco, nero, rosa/viola) e di luci ad effetto discoteca – ne inibisce a parte convenuta l’ulteriore utilizzazione nei negozi facenti parte della sua catena commerciale, fissando a titolo di penale la somma di € 10.000,00 per ogni negozio che risulterà mantenere ancora detti arredamenti oltre il sessantesimo giorno dalla data di notifica in forma esecutiva della presente sentenza;
2) accerta altresì l’illecito di cui all’art. 2598 n. 3 c.c. posto in essere da WJCON s.r.l. in relazione alla condotta parassitaria da essa mantenuta nell’associare all’indebita imitazione del progetto di arredamento d’interni di cui al capo 1) del presente dispositivo la ripresa pedissequa di ulteriori iniziative commerciali e di comunicazione poste in essere dall’attrice (abbigliamento delle commesse; aspetto dei sacchetti e dei contenitori portaprodotti; aspetto dei prodotti stessi; comunicazione commerciale on line);
3) condanna la convenuta WJCON s.r.l. al risarcimento del danno in favore di parte attrice nella misura di complessivi € 716.250,00, con interessi legali a partire dalla data della presente sentenza fino all’effettivo saldo;
4) condanna altresì WJCON s.r.l. alla pubblicazione del dispositivo della presente sentenza per una volta ed a caratteri doppi del normale a proprie spese sul quotidiano “La Repubblica” entro il termine di trenta giorni dalla notifica in forma esecutiva della presente sentenza, autorizzando sin da ora parte attrice a provvedere direttamente a tale incombente – ove sia inutilmente decorso detto termini – ponendo a carico della convenuta le relative spese secondo fattura;
5) respinge le ulteriori domande avanzate dalla parte attrice;
6) condanna WJCON s.r.l. al rimborso delle spese del presente giudizio in favore di parte attrice, liquidate nella misura di € 26.400,00 (di cui € 1.400,00 per spese ed € 25.000,00 per compensi) oltre rimborso forfettario e oneri di legge.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 28 maggio 2015.
Depositata il 13 ottobre 2015